«Così ci beffò René» di Claudio Cerasuolo
«Così ci beffò René» Interrogati i carabinieri di scorta a Vallanzasca «Così ci beffò René» I cinque giovani, ieri a Torino davanti al sostituto procuratore militare, sono accusati di violata consegna - Il bandito venne lasciato solo nella cabina del traghetto invece di essere chiuso in cella - Due «distrazioni» TORINO — Entro oggi il sostituto procuratore militare Francesco Ufilugelli conta di completare l'interrogatorio della scorta, quattro carabineri e un vicebrigadiere, di Renato Vallanzasca, l'ergastolano fuggito il 18 luglio da una cabina del traghetto Flaminia che lo doveva trasportare al supercarcere di Bad'e Carros. Magistrato di poche parole, il dottor Ufilugelli si limita a precisare che i cinque, tutti in servizio nella zona di Cuneo, sono indiziati di violata consegna, ai sensi dell'art. 120 del codice militare di pace. Nulla è trapelato sugli Interrogatori, ma il voluminoso fascicolo sulla scrivania del magistrato nel suo ufficio in via Verdi, alla Procura militare di Torino, porta un'intestazione che offre uno spunto sulle eventuali contestazioni ai cinque indiziati: • Disposizioni, di servizio dei militari addetti alla traduzione di detenuti: Quando il furgone della scorta, proveniente dal carcere di Cuneo, giunse alla banchina Ponte dei Mille (l'attracco riservato alla «Tirrenla» nel porto di Genova), Renato Vallanzasca fu condotto a bordo senza indugi. Sulla nave c'era una cabina attrezzata per prigionieri e accanto una per gli uomini di scorta. Il bandito fu fatto accomodare temporaneamente in quest'ultima cabina, che ha un oblò, e lasciato solo, mentre venivano sbrigate le formalità burocratiche per l'ingresso a bordo. Per Renato Vallanzasca è stato quasi un invito alla fuga. Perché il detenuto non è subito stato messo nella cella a lui destinata, soprattutto, perché e stato lasciato solo? Due semplici «distrazioni* che, comunque, integrano ampiamente il reato di -violata consegna» contestato dal magistrato. Sia i quattro carabineri, sia il vicebrigadiere, sono molto giovani e senza molte esperienze in traduzioni di detenuti pericolosi. La fuga di Vallanzasca potrebbe insomma essere il frutto della loro inge- nuità. Ma non si trascura l'ipotesi che 11 bandito abbia potuto contare su qualche complicità all'esterno, ipotesi che tuttavia, non è stata avvalorata da alcun riscontro. Vallanzasca ha saputo del trasferimento soltanto a mezzogiorno di sabato. Gli uomini di scorta sono stati scelti da stazioni differenti (anche se tutte della zona di Cuneo), all'ultimo momento, e non sapevano chi avrebbero trasportato. Il viaggio da Cuneo a Genova è durato poche ore, senza soste. Quando e come qualcuno avrebbe potuto avvisare Vallanzasca dell'opportunità che gli si sarebbe presentata non appena giunto a bordo della nave?. Oltre all'inchiesta della Procura militare, c'è quella della magistratura ordinaria, condotta dal sostituto procuratore di Genova, Mario Morisani. Il giudice ha già interrogato 11 vicedirettore del carcere di Cuneo Gianfranco Pala (il direttore era in ferie) e il dentista, un civile esterno al carcere, al quale era ricorso con una certa frequenza Vallanzasca, come altri detenuti giudicati «pericolosi», nelle ultime settimane. La «frequenza» delle visite aveva insospettito gli inquirenti, ma il dottor Morisani, interrogato dai cronisti, ha ridotto la questione del mal di denti collettivo ad un 'fatto di colore- . C'è una pista più interessante per ricostruire la fuga di Vallanzasca dal momento in cui si è mescolato alla folla in attesa sulla banchina del traghetto. Tutti i tassisti che erano in servizio la sera di quel sabato sono stati interrogati. Il bandito, che indossava una maglietta e un paio di jeans, potrebbe aver preso un taxi, il mezzo più semplice e veloce per allontanarsi dalla zona portuale. Claudio Cerasuolo
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