Così è Salome, una seduttrice bambina

Così è Salpine, una seduttrice bambina «Al Festival il nuovo magnifico allestimento dell'opera di Strauss, con Behrens e Fassbaender Così è Salpine, una seduttrice bambina La protagonista è bella, agile, acrobatica e si fa da sé la danza dei sette veli - Compatta e fiammeggiante la direzione musicale di Jeffrey Tate - Ottima la prova dell'orchestra - La regia di Everding e l'opprimente cupola della scenografia di Zimmermann DAL NOSTRO INVIATO MONACO — Mozart, Wagner e Strauss sono i tre musicisti che, essendo in parte vissuti qui e avendovi operato, costituiscono la trinità della passione musicale di Monaco. Mozart da bambino ebbe qui rappresentata in una saletta di corte «La finta giardiniera» e poi l'«Idomcneo» nel bellissimo teatro settecentesco del Cuvillié, tuttora attivo. Ma al principio dell'Ottocento, crescendo le esigenze spettacolari dell'opera romantica, il primo re di Baviera fece costruire il grande National-Theater. Biidò dopo cinque anni, e fu immediatamente ricostruito. (Idem dopo la seconda guerra mondiale). Tutti conoscono gli stretti legami di Wagner con questa città e col suo giovane re Luigi, che portarono alla prima rappresentazione del «Tristano». Infine Strauss era di queste parti e, se si deve dire, la sua musica copiosa, sovrabbondante e pletorica è quella che meglio si addice al caratterre positivo e florido di questa città in continua espansione. Il Comitato per la promozione del Festival operistico accarezza l'ambizioso progetto di eseguire l'anno venturo, in scena o in concerto, tutte e sedici le opere di Strauss. Come un anticipo, quest'anno erano previste due manifestazioni: una nuova Salome e quella rara chicca che è «Il borghese gentiluomo» di Molière con le musiche di scena di Strauss nell'adattamento di Hofmannsthal. Questo secon¬ do progetto s'è dovuto per quest'anno accantonare, ma invece la nuova Salome è andata in scena l'altro ieri al National-Theater, sotto la direzione di Jeffrey Tate, direttore stabile al Covent Garden, che si sta facendo nel mondo una specialità dell'opera tedesca, ma — dice — non osa ancora attaccarsi a Wagner. Finora ha diretto soltanto il «Lohengrin» al Metropolitan, ma dal modo come ha condotto questa Salome, compatta, solida e nello stesso tempo fiammeggiante, sembra che potrebbe benissimo affrontare quella Tetralogia per la quale fu assistente di Boulez a Bayreuth. Certo che qui si fa presto a far bella figura con un'orchestra simile, rodata da un lavoro collettivo di 11 mesi all'anno, abituata alle esigenze del teatro attraverso un repertorio operistico universale. I confronti sono odiosi (e l'impressione può anche essere influenzata dal posto favorevole che ti è toccato in teatro), ma questa orchestra sembra migliore che la compagine di Bayreuth raccolta da varie orchestre, e forse — nell'opera — si può sospettare che funzioni meglio delle orgogliose orchestre sinfoniche reclutate a Salisburgo per fare del teatro. Sicché, musicalmente, questa Salome è una grande riuscita e forse costituirà una consacrazione definitiva per la protagonista che da pochi anni si va affermando, anche fra noi, ma spesso ancora confinata a parti minori. Qui si impone con una voce che domina senza incertezza tutte le insidie dell'ingrata partitura, e con un contegno scenico impeccabile, di cui è da apprezzare soprattutto la semplicità. In mezzo all'orgia d'interpretazioni che qui si sono scatenate sulla voluttà e la morte, sulle qualità di donna fatale, perversa e decadente attribuite alla figliastra del tetrarca Erode, lei sembra l'unica a ricordarsi che Salome è una bambina, come Carmen; e tutti sappiamo quali disastri produce l'interpretazione put- tanesca solitamente affibbiata alla quindicenne sigaraia di Siviglia. Poiché è bella, e di figura slanciata, si fa da sé la danza dei sette veli, più agile e acrobatica che voluttuosa. Giustamente il regista Everding, lo stesso del «Flauto magico», intendente generale del teatro, ritiene inaccettabile la sostituzione della cantante con una ballerina, perché ciò accentuerebbe il carattere di inserto di questo celebre pezzo strumentale, che infatti per molto tempo viaggiava benissimo per conto suo in sede di concerti sinfonici. La regìa di Everding e la scena, naturalmente unica e fissa, di Zimmermann, si valgono d'una specie di cupola che sovrasta il coperchio, sollevabile, del sotterraneo dov'è rinchiuso il Battista; su questo coperchio circolare si svolgono gli sgambetti della danza di Salome, e intorno ad esso 1 azione con l'intervento delle varie ondate di personaggi esterni: le guardie, i cinque ebrei che disputano di teologia, e infine Erode ed Erodiade usciti dal banchetto. E' una scena un po' cupa, opprimente, ma cosi è l'opera e non c'è niente da dire. Noi siamo abituati a vedere più luna e più giardini d'Oriente, ma sono divagazioni; il senso dell'opera sta proprio nell'oppressione di quella cupola Bravissima tutta la compagnia che qui è uso elencare alla rinfusa, quasi sempre senza manco il nome di battesimo né l'indicazione del per¬ sonaggio. I nomi ve li do così come appaiono nel programma generale: Hildegard Behrens, Brigitte Fassbaender, Walter Raffeimer, Wlaschiha, Seiffert, Ress, Gniber, Wilbrink, Garrison. Kuhn, Rootering, Sapell, Cerny, Auer. Sono tutti bravi, esperti e familiari con l'opera In mezzo vi spiccano un torreggiantc profeta Jochanaan, e un Erode convenientemente querulo, ai limiti della nevrastenia Massimo Mila Hildegard Behrens e Walter Raffeiner in una scena della nuova «Salome)), una fiammeggiante edizione

Luoghi citati: Baviera, Monaco, Salisburgo, Siviglia