Quaroni, mezzo secolo d'architettura

Quaroni, mezzo secolo d'architettura Oggi a Roma i funerali dell'urbanista che disegnò il Tiburtino e collaborò con Olivetti Quaroni, mezzo secolo d'architettura SI svolgono oggi alle 8,30 nella chiesa di San Luca e Martina al Foro, a Roma, i funerali dell'architetto Ludovico Quaroni, morto mercoledì all'età di 76 anni. Quaroni fu tra i protagonisti dell'architettura e dell'urbanistica degli ultimi cinquantanni. Dopo essersi ritirato dall'insegnamento universitario si dedicava quasi esclusivamente all'attività professionale. L'esperienza personale di Ludovico Quaroni copre mezzo secolo di storia dell'urbanistica e dell'architettura in Italia, dal praticantato con Piacentini ai piani regolatori di Roma e di Bari, agli anni della grande illusione pianificatoria, ai tentativi di creare quartieri periferici di qualità civile. Appartato, estraneo alle manovre di partito, da molti anni era in polemica con l'urbanistica astratta, cui opponeva una forte dose di empirismo, criticando i teorici che trascuravano la forma e l'accuratezza in ossequio al culto del piano considerato onnipotente. Accusava molti urbanisti di demagogia, di paura di apparire borghesi. Di se stesso parlava con ironia: «Il mio quartiere Tiburtino è decisamente brutto, infatti lo hanno battezzato Tributtrino». Negli ultimi anni, lasciato l'insegnamento universitario, si era dedicato all'architettura. Dopo gli studi per l'ampliamento della Camera dei deputati aveva lavorato al progetto di rifacimento del Teatro dell'Opera. Ma le sue realizzazioni individuali si contano sulle dita della mano, come lui stesso annotava («Ho lavorato tanto e costruito così poco»). Vanno ricordate la chiesa parrocchiale del Pre nestino a Roma (1947), la chiesa della Sacra Famiglia a Genova (1956), la sede della Cassa di Risparmio a Ravenna (1962). Gli era molto caro il quartiere residenziale da lui progettato a Punta Ala, considerato un modello nel suo genere. «Visto che si fanno tante seconde case, almeno dove sono consentite facciamole bene», aveva detto invocando il buonsenso. La sua grande passione era il progetto di insieme. Già nel 1938, con Muratori, aveva vinto il concorso per la cosiddetta piazza Imperiale della E-42, la grande mostra del regime di cui era principe e patrono Piacentini, giudicato da Quaroni un debole: «Non credeva nelle idee di Mussolini, ma gli ubbidiva». Dopo gli anni di guerra e di prigionia in India il periodo più fertile, quello della collaborazione con Adriano Olivetti. Erano gli Anni Cinquanta, segnati dall'utopia olivettiana: gran fervore di studi e progetti ad Ivrea, nel 1951 l'esperimento del nuovo villaggio della Martella a Matera, con i suoi pur nobili errori. L'anno precedente aveva progettato, con Fiorentino e Ridolfi, il quartiere Ina-Casa del Tiburtino a Roma Seguono gli anni dei grandi impegni culturali, con gli studi per Mestre e Venezia, per i piani regolatori di Napoli, Bari, Roma, per il famoso «asse attrezzato» di cui ancora oggi si parla All'estero si occupa della sistemazione della Casbah di Tunisi (1966). Ma in Italia le delusioni si moltiplicano e si fanno più amare, mentre l'architettura va per suo conto, sempre più se parata da un'urbanistica che ha perduto l'aggancio con la realtà dello sviluppo edilizio caotico. Negli Anni Ottanta Ludovico Quaroni, rispettato e non da tutti amato, è in polemica con l'Istituto nazionale di urbanistica: «Esiste ancora ma non fa più nulla». Si impegna anche nella disputa sul parco dei Fori e sull'esclusione del traffico automobilistico dall'ex via dell'Impero; avanza ipotesi provocatorie sempre in contrasto con i colleglli appartenenti a una cultura di sinistra che ritiene eccessivamente teorica e asservita alla mitologia della pianificazione, I suoi scritti e il suo insegnamento, più delle sue opere, ne avevano fatto un protagonista, a volte discusso ma sempre maestro. Il suo nome resta legato a tante battaglie, anche a quelle perdute dalla cultura della città. Mario Fazio