Così l'Imam beffò Chirac di Enrico Singer

Così l'Imam beffo Chirac Così l'Imam beffo Chirac Un rapporto del controspionaggio francese sostiene che gli attentati di Parigi furono decisi a Qom, la città di Khomeini, e non in Libano - Il premier trattò fino all'ultimo, poi l'ayatollah decise di «bruciarlo» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — La .guerra delle ambasciate» tra Francia e Iran è diventata una guerra di trincea, con 1 due campi inchiodati sulle loro posizioni. Ma in queste ore' a Parigi si è accesa un'altra battaglia: quella delle rivelazioni. Cominciano a emergere verità scomode sui retroscena della crisi precipitata con la rottura delle relazioni diplomatiche con Teheran. Spuntano dossier segreti del servizi di sicurezza, voci di ultimatum e di tentativi di patteggiamenti sottobanco. Certo, sono notizie che è difficile controllare ma che confermano un vecchio sospetto: c'è stato un Irangate anche sulle rive della Senna e, se lo scontro è a questo punto, il governo di Jacques Chirac ha molte colpe da rimproverarsi. Le rivelazioni sono arrivate a raffica, ieri, sui più importanti giornali francesi (il ministro dell'Interno Pasqua le ha definite «elucubrazioni* dei giornalisti) e sono tutte concordanti. Ne risulta quella che il Nouvel Observateur definisce la «pera storia di una scalata*. Una storia che comincia nel mese di maggio, quando il controspionaggio (Dst, direzione per la sicurezza del territorio) conclude le sue indagini sugli attentati del settembre '86. ; Quelle bombe, che uccisero tredici persone e ne ferirono oltre duecento nelle strade di Parigi, sono la chiave di volta per comprendere la crisi. Il ministero degli Interni aveva sempre puntato sulla pista del ■clan Abdallah.: i fratelli di uh capo terrorista libanese incarcerato in Francia che pretendevano la sua liberazione a colpi di attentati. Il rapporto della Dst (ora pubblicato da Liberation) ribalta l'inchiesta: l'ordine di mettere le bombe è partito da Teheran. O meglio, da Qom: la città santa dell'Iran diventata, dopo la rivoluzione khomeinista, il centro operativo di tutte le attività terroristiche dell'integralismo islamico. Le prove sono tante: registrazioni, confessioni di -soldati di Allah* pentiti o convinti a collaborare in cambio di milioni di franchi. Ma il dossier — sessanta pagine Inviate a Chirac — ribalta soprattutto la teoria del governo francese che. da sedici mesi, tentava di negoziare la normalizzazione con l'Iran al prezzo di molte concessioni. E indica un nome — quello di Wahid Gordji — come il possibile cervello dell'attacco al «piccolo Satana*. Ma Parigi non cambia la sua strategia. Chirac spera ancora nel compromesso. Cosi, il 29 giugno, è un funzionario del ministero degli Esteri, Didier Destremau, ad avvertire Gordji — «in un ristorante vicino alla Scuola Militare*, afferma il Nouvel Observateur — che un giudice, Gilles Boulouque, è arrivato per suo conto alle stesse conclusioni della Dst e che lo cerca. E' l'ultima copertura: il misterioso funzionario-terrorista si nasconde nell'ambasciata iraniana e sfugge alla magi stratura. Una mossa studiata, però. Perché il 9 luglio, sempre secondo il Nouvel Observateur — Chirac lan eia un ultimatum segreto a Teheran. Il governo trance se è pronto a scambiare Gordji con tutti i cinque o staggi prigionieri a Beirut degli hezbollah filo-iraniani. In caso contrario non lo lascerà partire. Anzi, l'ultimatum di Chirac minaccia come prima contromisura l'espulsione dell'incaricato d'affari iraniano. Il termime posto per questo scambio è 1116 luglio. Ma, il giorno prima. Teheran risponde annunciando la rottura delle relazioni diplomatiche entro 72 ore. Parigi è beffata ancora una volta e non le resta che imboccare la strada della fer¬ mezza. Ma è una fermezza che, se sono vere tutte le rivelazioni, è difficile presentare adesso come una -scelta di principio* perché la sorte di Wahid Gordji sarebbe stata negoziata fino all'ultimo minuto. Ecco WIrangate alla francese* che un altro giornale, ieri, ha arricchito con un episodio supplementare. Una vicenda che coinvolge anche una società di import-export italiana e che si riferisce al capitolo delle fornitu¬ re militari all'Iran, ufficialmente bandite. E' una storia del marzo 1984 che VEvénement du Jeudi prova con riproduzioni di documenti. La «Tirrena Industriale- (sede a Pomezia e uffici commerciali a Roma, in via del Quirinale) acquistava esplosivi da fabbriche francesi, belghe. olandesi e svedesi, per conto di Teheran. Un'altra vicenda oscura della strategia del compromesso, ora fallita. Enrico Singer