Manager francesi bloccati a Teheran di Enrico Singer

Manager francesi bloccati a Teheran Nessuna schiarita: fermati a Parigi 4 integralisti libanesi sospettati di attentati Manager francesi bloccati a Teheran Il ministero degli Esteri: stiamo indagando perché non è stato consentito loro di partire - Sembra ormai raggiunto l'accordo diplomatico: Italia e Pakistan cureranno gli interessi dei due Paesi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Un gruppo di cittadini francesi, in maggioranza uomini d'affari, è stato bloccato dal governo di Teheran mentre stava per lasciare l'Iran in aereo. Lo ha comunicato un portavoce del ministero degli Esteri francese aggiungendo che -il governo sta cercando di capire perché a queste persone non è stato consentito di prendere il volo per Parigi-. La notizia ha immediatamente fatto risalire 11 clima di tensione, a cinque giorni dalla rottura delle relazioni diplomatiche, proprio in un momento i cui Parigi e Teheran sembravano aver fatto un piccolo passo: si erano accordate, almeno, sui Paesi che dovranno d'ora in poi curare i loro «interessi correnti.. L'Italia per la Francia, il Pakistan per l'Iran. L'intesa non è stata ancora ufficializzata, ma già ieri un diplomatico italiano ha potuto incontrare i quindici francesi assediati dal «guardiani della rivoluzione' nell'ambasciata e un rappresentante pachistano sta per fare altrettanto nella palazzina dell'avenue d'Ièna dove 45 Iraniani (tra diplomatici e funzionari) sono sempre circondati da un fitto cordone di polizia. Ma quello che Parigi ha definito il «primo risultato positivo di una trattativa che continua- non autorizza alcun ottimismo sul fondo del confronto franco-iraniano. La scelta dei due Paesi «delegati» era stata fatta, e annunciata, tra sabato e domenica: semmai il ritardo che ha subito anche questa fase «tecnica», prevista dalla Convenzione di Vienna sui rapporti diplomatici tra Stati, conferma che il governo francese e il regime di Khomeini restano arroccati su posizioni inconciliabili. E il nodo che appare inestricabile è sempre lo stesso: il caso di Wahid Gordji. l'in¬ terprete dell'ambasciata iraniana che la magistratura parigina sospetta essere un terrorista, 'forse il cervello degli attentati che, nel settembre '86, provocarono tredici morti e oltre 200 feriti nelle strade di Parigi. Il giudice che indaga su quella micidiale ondata di bombe vuole interrogare Gordji. Teheran, invece, pretende che la Francia gli riconosca l'immunità diplomatica (che non ha, come semplice funzionario) e lo lasci partire Ma un cedimento francese su Gordji, oggi, sembra impossibile. Anche perché la magistratura continua a costruire, tessera dopo tessera, il mosaico sempre più netto della «pista iraniana» negli attentati di settembre. E continua a ordinare arresti. Nelle ultime ore a Parigi sono stati catturati dalla polizia quattro libanesi, tutti legati all'integralismo islamico. Uno avrebbe già confessato di avere fatto parte dei commandos che piazzarono le bombe in bar, negozi e ristoranti. Un altro — e questo rafforza il teorema francese — ha lavorato per alcuni mesi come impiegato nell'ambasciata dell'Iran. Dopo le rivelazioni di altri presunti terroristi già arrestati (una decina di tunisini usciti dalle «scuole rivoluzionarie» di Khomeini), insomma, la rete dei sospetti si stringe attorno a Wahid Oordji che con tutte le persone ora in carcere aveva contatti più o meno Intensi. Ma se Parigi insiste sulla linea della fermezza, teme anche le rappresaglie — soprattutto quelle già minacciate contro i diplomatici francesi assediati nell'ambasciata di Teheran e accusati di spionaggio — e cerca di non esasperare lo scontro. L'ultima prova di questa doppia strategia arriva dal Oolfo. Ieri sera il ministero della Difesa ha annunciato che una sola petroliera francese sarà scortata da unità militari: l'altra, che doveva passare lo Stretto di Hormuz tra quattro giorni, è stata «deviata». Caricherà il greggio in uri porto sicuro. Enrico Singer

Persone citate: Khomeini, Wahid, Wahid Oordji