Fellini: «lo sono una cosa eterna» di Gianni Rondolino

Fellini; « lo sono una cosa eterna » Incontro con il regista dopo il gran premio e il premio dell'Unione cineasti al Festival di Mosca Fellini; « lo sono una cosa eterna » Spiega con una battuta il successo del suo film, poi dice: «I sovietici si identificano con le mie storie individuali e si commuovono, sono un popolo che ha avuto soprattutto esperienze collettive» - «La burocrazia qui è come la provvidenza per i cattolici» - «D più grande regista russo è Gorbaciov» MOSCA — Federico Fellini 11 giorno dopo. La Frauda dà grande rilievo alla notizia della premiazione del XV Festival Internazionale di Mosca e scrive: ./I gran premio del Festival è andato al film l'Intervista del grande regista italiano Federico Fellini: All'Hotel Rossija, la sua camera al tredicesimo plano è continuamente invasa da fotografi e giornalisti sovietici. Lui, un po' infastidito, dice: -Quante interviste devo rilasciare per un piccolo film, un abbozzo personale, un album di appunti e di schizzi, come l Intervista.'» ma è evidentemente contento. Come'non esserlo, d'altronde? Se la proiezione del suo film lunedi scorso era stata accolta tiepidamente, la serata della premiazione è stata un trionfo. E al Cremlino, nel Salone di San Giorgio splendente di marmi, di ori e di stucchi (sembra una scenografia felliniana), durante un ricevimento per mille persone, non si parlava d'altro che di Fellini e dell'/ntervista. Il ministro della Cultura e il regista Elem Klimov, presidente dei cineasti sovietici, avevano fatto gli onori di casa, poi, fra una tartina di caviale e un succo di frutta (gli alcolici erano vietati), è iniziato un interminabile chiacchiericcio, a due, a tre, a gruppi, in tutte le lingue. La delegazione italiana al completo era evidentemente soddisfatta, e i commenti non potevano che essere lusinghieri, a cominciare da quelli dei colleghi di Fellini. Carlo Lizzani, Francesco Rosi, Gillo Pontecorvo, Giuseppe Ferrara, Giuseppe De Sanctls (che Fellini ha abbracciato come un vecchio caro amico di quei lontani anni, descritti con nostalgia proprio nell'intervista). Ma anche Ibrahlm Moussa, il coproduttore del film, con al fianco la bellissima Nastassja Kinski, era raggiante. E Fellini? Allontanatosi con Giulietta Masina prima ancora che la festa finisse, si è rifugiato nell'appartamento .protetto. dell'Hotel Rossija. Ma il giorno dopo, in attesa di andare alla Dom Kìnò (La Casa del Cinema) a ricevere 11 premio dei cineasti sovietici, ha dovuto subire nuovamente il rito dei fotografi e dei giornalisti Quando ha visto che mi affacciavo alla porta per una improbabile intervista (in quelle circostanze!), ha allargato le braccia sorridente: .Finalmente quattro chiacchiere con un italiano in italiano!-. Ventiquattro anni dopo 11 gran premio a Otto e mezzo che effetto le fa ricevere a Mosca un altro gran premio per l'Intervista, un film non certo facile né spettacolare? 'L'effetto di un ritorno al passato. Le cose cambiano, è vero, ina quelle fondamentali restano sempre uguali. Il Fellini di allora è come quello di oggi: una cosa eterna-. Poi sorride sornione e aggiunge: «Fuori dello scherzo, mi pare che la critica sovietica, ed anche il pubblico che conosce tutti i miei film, abbia voluto, premiando /Intervista, dare un riconoscimento di stima e di simpatia a un autore che gli è caro, che continua a proporgli delle storie individuali in cui può riconoscersi-. Perché, allora, le accoglienze tiepide alla prolezione del film? -Chissà? Forse perché non c'ero io. O forse, è più probabile, perché la traduzione simultanea — incerta e frammentaria com'è — ha impedito di cogliere la vera essenza dell'Intervista, che è fatta di più strati, soprattutto verbali e sonori, che si intrecciano e formano un tessuto inestricabile di segni-. Ma non è un film troppo Intimo e personale per essere compreso da un pubblico cosi diverso come quello sovietico? -Non credo, anzi. Come per gli altri miei film, e per quelli con Giulietta (La. strada. Le notti di Cabiria, Ginger e Fred), gli spettatori sovietici si identificano con le storie individuali, con i sogni e le speranze dei miei personaggi, e si commuovono. E poi nell'Intervista la commozione è più sottile, proprio perché più intima e personale. Non è una banale storia d'amore o soltanto un film nostalgico. E' un'esperienza esistenziale che tocca un popolo che ha avuto soprattutto esperienze collettive-. Allora l'accoglienza che certamente l'Intervista avrà quando uscirà sugli schermi sovietici, e questo gran premio assegnato dalla giuria e quello dell'Unione del cineasti, significano anche un omaggio alla soggettività e all'intimità contro 11 collettivismo? -Può darsi. Certo sono un omaggio a Federico Fellini in quanto autore di film "soggettivi", come nel 1963 quando premiarono Otto e mezzo. Anche allora, come oggi, si sentiva il bisogno di aprirsi al privato, di uscire dagli schemi burocratici, da una vita coordinata dalla burocrazia. Allora c'era Krusciov. oggi c'è Gorbaciov: la situazione storica è per certi versi la medesima-. Ma lei crede che ci si possa liberare totalmente dalla burocrazia, quando, anche in questi giorni, qui al Festival, ciò che funziona male é colpa della burocrazia? «Afa, vede, per i sovietici la burocrazia è come la Provvidenza per i cattolici. Deve pensare a centinaia di milioni di persone, di credenti, e non può che agire lentamente, a fatica, nella dimensione dell'eternità. Però, se la si accetta come un dogma di fede, alla fine qualcosa accadrà per il meglio di tutti. Certo ci vuole pazienza. Non so fino a quando questo popolo continuerà ad avere pazienza-, E del cinema sovietico contemporaneo, del nuovi registi, che ne pensa? -Conosco poco i loro film, mi piace Mikhalkov, che è anche mio amico, come mi era piaciuto, più di vent'anni fa, Marlen Cuchiev. Ma io credo che il loro più grande regista, sia oggi Gorbaciov. Ne hanno un grande bisogno in tutti i campi. E forse ne abbiamo un grande bisogno anche noi-. Gianni Rondolino

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