Gli anni della cicala di Alfredo Recanatesi

Gli anni della cicala Gli anni della cicala Perduta l'occasione del ribasso dei prezzi petroliferi, tornano i nodi non affrontati lo scorso anno - e si riaffaccia lo spettro dell'inflazione Se oggi ci stupiamo o ci preoccupiamo perché l'inflazione non scende più e tende, semmai, a risalire, vuol dire che ci eravamo abituati proprio male. Rispetto ad un anno fa il prezzo del petrolio è risalito (erano state toccate punte minime di 1112 dollari mentre in questi ultimi giorni sono state raggiunte punte di 20-22). 11 dollaro stava ancora scendendo determinando una continua riduzione del prezzo in lire dei prodotti di base importati. Era ovvio, in quelle circostanze, che l'andamento dei prezzi ne risentisse positivamente. Già da allora, però, molti avvertivano come la riduzione del tasso di inflazione andasse considerata con circospczione risultando da un insieme di prezzi dall'andamento assai difforme con quelli dipendenti dall'estero che si stavano sensibilmente riducendo, e quelli dipendenti dall'interno che al contrario continuavano a crescere allegramente. Ora avviene semplicemente che i prezzi in lire delle importazioni non scendono più: alcuni si sono stabilizzati; altri tendono a risalire leggermente (il petrolio è un caso a sé e dovrebbe assestarsi attorno ai 18-19 dollari). In conseguenza, le compo¬ nenti interne dell'inflazione non trovano più alcuna compensazione e tornano a farsi vedere tutte. Con qualche preoccupazione che, se è fondata ora, avrebbe dovuto esserlo anche l'anno passato quando, con una approssimazione spesso interessata, non si stava a sottilizzare troppo sulla effettiva natura del raffreddamento dell'inflazione. Tuttavia, la circostanza che i fattori intemi dell'attuale inflazione (quelli esterni, nel bene e nel male, possiamo soltanto subirli) sono gli stessi che agivano anche l'anno scorso non riduce i motivi di preoccupazione, poiché combatterli oggi è più difficile di quanto lo sarebbe stato l'anno passalo. Il problema della lotta all'inflazione è sempre quello di conciliarla con la difesa del tasso di crescita dell'economia più elevato possibile. L'anno passato sarebbe stato ancora possibile agire per comprimere la crescita dei costi interni e cercare sostegno per le attività produttive sul mercato internazionale che ancora tirava. Si fece, invece, esattamente il contrario: poiché a tenere le cose a posto provvedevano dollaro e petrolio, si largheggiò nel rinnovo dei contratti pubblici e privati e si allentò la guardia sull'andamento della spesa pubblica. Nel frattempo, però, sono maturate alcune rilevanti differenze. Intanto il mercato internazionale non tira più, e la concorrenza si è inasprita. Dunque, non può più essere neppure tentata una sostituzione della domanda interna con la domanda estera in modo da trattenere l'inflazione con la compressione della prima e difendere il ritmo produttivo con la seconda. E poi: si fa presto a dire che la domanda deve essere contenuta, ma se lo si fa restringendo il credito si penalizzano gli investimenti e si peggiora la situazione della finanza pubblica; se lo si fa (o si ipotizzasse di farlo) con la manovra fiscale occorre fare i conti con un Parlamento presumibilmente molto più ostico di quello della legislatura passata. Questa è un'altra fondamentale differenza rispetto all'anno passato della quale non si può non tener conto. Una terza differenza è nel potenziale offerto dalla politica dei redditi, ossia la concertazione tra le parti sociali: l'anno scorso si dovevano rinnovare i contratti c spazi di manovra erano disponibili; ora i contratti sono stati rinnovati e non si può pensare di rimetterli in discussione. Una quarta differen¬ za, infine, sta nella propensione a risparmiare di meno e consumare di più. Poiché questi consumi aggiuntivi derivano, appunto, da una minore attrattiva del risparmio, sono per lo più consumi opulenti. Come tali, da un lato si risolvono a beneficio più delle importazioni che della produzione nazionale, e dall'altro sono meno condizionati dal livello dei prezzi (il leggero risveglio della produzione industriale, infatti, è dovuto non solo alla dilatazione della domanda intema, ma probabilmente anche alla possibilità che questa offre di ampliare i margini di utile). Molti dei problemi economici che Goria dovrà affrontare da presidente del Consiglio derivano, in definitiva, da quelli che i governi nei quali è stato ministro del Tesoro hanno trascurato. Questa semplice considerazione dovrebbe trattenerlo dalla naturale inclinazione a sfuggirli, a schivarli, a rinviarli sperando che poi tutto si aggiusti. L'esperienza che ha già fatto dovrebbe convincerlo che, quand'anche la fortuna arrida, le questioni da affrontare possono sonnecchiare, ma finiscono sempre per ripresentarsi, e raramente si ripresentano in termini più semplici. Alfredo Recanatesi

Persone citate: Goria