Francia-Iran alla rottura di Enrico Singer

Francia-Iran alla rottura Ultimatum di Teheran: via l'assedio all'ambasciata Francia-Iran alla rottura Parigi ha 72 ore per rispondere ma annuncia fermezza - Si teme che il personale della sede diplomatica francese nella capitale iraniana venga preso in ostaggio Ancora una volta Khomeini ha giocato d'anticipo spiazzando l'Eliseo e Chirac DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Adesso è l'Iran che minaccia di rompere le relazioni diplomatiche con la Francia. Un vero ultimatum consegnato ieri all'Incaricato d'affari francese a Teheran, Pierre Lafrance, e rilanciato poi dalla radio nazionale. Con una scadenza — 72 ore — e due condizioni: per evitare la rottura dei rapporti, la polizia francese dovrebbe togliere l'assedio all'ambasciata parigina del regime di Khomeini, dove si nasconde il funzionario sospettato di essere un capo terrorista, e dovrebbe prendere provvedimenti disciplinari contro 1 doganieri che, lunedi scorso, hanno perquisito un diplomatico iraniano nel settore francese dell'aeroporto di Ginevra. Più che delle condizioni, una provocazione che sembra spingere la crisi francoiraniana su una strada senza ritorno. Ieri sera il primo ministro Chirac si è consultato con U presidente Mitterrand e con alcuni ministri. L'assenza da Parigi del responsabile degli Esteri (Jean-Bernard Raimond era in Africa) e di quello della Difesa (André Glraud era nel Sud della Francia con il ministro della Difesa tedesco Manfred Woerner), e forse anche la volontà di non drammatizzare la si¬ tuazione con mosse precipitate, ha fatto rinviare a oggi la riunione del Consiglio per la sicurezza interna dal quale è attesa la replica ufficiale all'Iran. Ma, già ieri, i portavoce del governo hanno dato il tono dell'atteggiamento francese. E la parola d'ordine è fermezza. L'ambasciata iraniana, al numero 4 dell'arenue d'Ièna, resterà sotto controllo rafforzato (tiratori scelti sono comparsi sul tetti dei palazzi vicini e agenti pattugliano anche le fogne) fino a che Wahid Gordjl, il funzionario sospetto terrorista, non si presenterà davanti al giudice. Per il resto, la posizione «é quella espressa negli ultimi giorni dalle autorità francesi': Mitterrand che 11 14 luglio aveva escluso cedimenti alle minacce iraniane, e Chirac che, il 7 luglio, aveva ipotizzato la rottura delle relazioni con Teheran. In quella che è stata ribattezzata la «guerra delle ambasciate» — ma che, in realtà, è uno scontro più vasto e complesso — l'Iran di Khomeini ha tuttavia giocato ancora una volta d'anticipo. Gli avvertimenti di Chirac, la delicata miscela di trattative e di voce grossa, sono stati spazzati via dall'ultimatum di Teheran. E in qualche modo è la Francia che si trova nella trappola del ricatto ed è costretta a gestire la crisi di rimessa, sotto i colpi del suo avversario. Un crescendo di colpi: i cinque ostaggi francesi ancora prigionieri a Beirut, l'attacco alla nave Ville d'Anvers nel Golfo, le rappresaglie contro i diplomatici di Parigi in Iran. E, probabilmente, anche gli attentati del settembre '86 (13 morti e 200 feriti) di cui Gordji potrebbe essere stato il cervello. A questo punto la rottura delle relazioni diplomatiche appare questione di ore. Ma tutti i problemi restano. Quelli direttamente legati alla «guerra delle ambasciate», come U caso di Wahid Gordji per esempio. Se il giovane interprete, figlio del medico personale di Khomeini, sarà finalmente fermato dalla polizia quando le 45 persone che sono nella sede diplomatica dovranno uscirne, i quindici francesi che sono nell'ambasciata a Teheran potrebbero diventare a tutti gli effetti degli ostaggi. In parte già lo sono da quando, tre giorni fa, il «tribunale della rivoluzione iraniana» ha accusato il console Jean-Paul Torri di essere una spia e un trafficante di droga. E questa è una delle preoccupazioni di Parigi. Ma ci sono anche altn problemi. Quelli ere stanno al fondo della cr' e che si intrecciano alla guerra del Golfo. La Francia è il principale fornitore di armi all'Iraq e. per questo soprattutto, Khomeini parla di Mitterrand come del -piccolo Satana* (il .grande Satanaè Reagan). La rottura delle relazioni diplomatiche — che sia Teheran o Parigi a deciderla — segnerà il fallimento definitivo dei tentativi di normalizzazione, che pure ci sono stati al prezzo di compromessi e polemiche. Ma qui l'effetto della politica d'assalto iraniana è più incerto: entrano in gioco calcoli strategici, pesano le decisioni di Washington e di Mosca, le sorti del conflitto Iran-Iraq. Ed è difficile immaginare che Parigi abbandoni le sue posizioni nel Golfo. Anzi, il ricatto di Khomeini potrebbe trasformarsi in un boomerang. Enrico Singer