«Ho sparato al mio commilitone» di Pierangelo Sapegno

«Ho sparalo al mio commilitone» Confessa uno dei carabinieri arrestati per l'uccisione del militare dell'Arma «Ho sparalo al mio commilitone» Sui tre accusati cresce il sospetto che siano anche coinvolti nell'assassinio dell'industriale Minguzzi - Il un'inchiesta amministrativa - Ai funerali di Sebastiano Vetrano il vescovo di Ravenna dice: «Il tuo sacrificio gen. Jucci ordina è quello di Abele» DAL NOSTRO INVIATO RAVENNA — Uno dei due carabinieri ha confessato: ••Sono stato io a sparare, non ricordo quante volte: forse tre, forse quattro». Si chiama Angelo Del Dotto ed è proprio quello con la faccia più buona, gli occhi miti e l'aria del bravo ragazzo, .sempre tranquillo, forse uno dei più disciplinati della compagnia», come lo ricordano i suoi superiori nella caserma di Alfonsine. Sotto i colpi c'è rimasto Sebastiano Vetrano. 23 anni, un altro carabiniere che non faceva nient'altro che il suo dovere, fratello di carabinieri come lui e di sorelle sposate a carabinieri come lui (undici in tutto). E' morto subito, Vetrano, per un'emorragia interna: un proiettile, uno solo dei quattro sparati, gli ha trapassato un polmone. Questa volta vittima e assassini sono nella stessa famiglia, l'Arma si dibatte fra le lacrime per il figlio perduto e la rabbia per quelli che hanno tradito: fra i banditi scoperti durante un'estorsione due erano militari che hanno aperto il fuoco uccidendo il commilitone. Passano i funerali di Sebastiano, e il vescovo di Ravenna, Ersilio Tognini. alza forte la voce: -Questa Chiesa ti prende in consegna. Il tuo sacrificio è il sacrificio d'Abele». Il comandante generale dell'Arma. lucci, ha ordinato un'inchiesta amministrativa e l'ha affidata al generale Enrico Coppola, vicecomandante dell'Arma. Coppola a Ravenna sospira: -Sono venuto per vedere come vanno avanti le indagini. E com'è il morale della truppa». Quando gli si chiede come l'ha trovato scappa via senza risposta. Non è l'unica risposta che manca. Del Dotto ha confessato, ma la verità non è affatto cosi vicina come potrebbe sembrare, lasciano capire gli inquirenti. Orazio Tasca, il secondo carabiniere arrestato, sarà interrogato oggi: ha faccia da duro, volto butterato, naso da pugile, «è un tipo freddo e pieno di inisiativa», dicono i suoi commilitoni: «Credevamo fosse uno dei migliori, anche se non ubbidiva sempre». Tutt'e due, assieme all'idraulico Alfredo Tarroni («anche lui era spesso qui, ci faceva i lavori»), sono accusati di omicidio e tentata estorsione, ai danni di un piccolo industriale della zona. Roberto Contarmi. Un altro omicidio e un altro sequestro pesano sul loro passato di malavitosi al di sopra di ogni sospetto: quelli di Pierpaolo Minguzzi, ricco commerciante di frutta ad Alfonsine e carabiniere ausiliario in servizio di leva a Mesola. rapito e ucciso tre mesi fa da una banda di taglieggiatori. Sono loro i colpevoli? Aldo Ricciuti, procuratore capo, ammette: «£ probabile ancor più che possibile». Del Dotto, però, continua a negare. Come la sera tragica di lunedi, subito dopo la sparatoria, davanti al sottufficiale che strabuzzava gli occhi: «No, con Minguzzi non c'entriamo, brigadiè. Le giuro. L'abbiamo pensata dopo, tutti e tre insieme: in paese sono terrorizzati, ci siamo detti, i soldi ce li dan¬ no sema tante storie». Adesso stentano a credergli. Quella notte fra il 21 e il 22 aprile, Del Dotto era montato di piantone alle 19 e Tasca, invece, era libero e forse non rientrò in caserma. La famiglia dei Minguzzi ha una bella villa, un po' fuori Alfonsine, un paesotto a 15 km da Ravenna, affogato sotto il sole nella campagna. Non fanno entrare nessuno e rispondono al citofono: «Non sappiamo se Pierpaolo li conosceva — dice la madre — non sappiamo niente. Andate alla caserma, lasciateci in pace». E nella caserma piccolina, due alberi 11 vicino e l'orizzonte tutto piatto, c'è chi racconta: «Certo che si conoscevano. Qui ad Alfonsine ci si conosce tutti, e Minguzzi la domanda per i carabinieri era venuto a farla da noi, ci si vedeva e si chiacchierava. Anche con Vetrano ci conoscevamo bene. Lui aveva partecipato alle indagini dell'omicidio Minguzzi, veniva qui a mangiare qualche volta, sedeva a tavola pure con Tasca e Del Dotto». Lunedi sera Tasca e Del Dotto sono in libera uscita. Il brigadiere sta mangiando un piatto di riso freddo, li vede passare, li chiama: •Non ne ho più voglia. Ne volete?». «No, grazie», gli dicono. «Ceniamo fuori: una pizza». Solo il comandante della stazione è stato avvertito che quella sera arrivano altri carabinieri da Ravenna per un'operazione: al km 129 della statale 16, in direzione di Ferrara, all'altezza di una casa cantoniera abbandonata, una gang di taglieggiatori ha dato appuntamento a un emissario della famiglia Contarmi (import-export di frutta, affari di miliardi) che deve consegnare una borsa con 150 milioni. Qualcuno sospettava già i due carabinieri di Alfonsine? Il maresciallo Mastrodonato. del nucleo di Ravenna, ch'era l'uomo più vicino a Vetrano durante la sparatoria, assicura di no: «Non sarebbe successo quel che è accaduto». E alla stazione di Alfonsine confermano: «Non ci avevano chiamato per non sguarnire la caserma e perché saremmo stati subito riconosciuti. E'prassi». Dopo le 11,30, però, qualcuno chiama alla stazione: «Venite, qua succede il finimondo. Sparano come dannati». Il brigadiere salta sull'Alfetta e parte sgommando, a sirena spiegata. Alla cantoniera abbandonata è già successo tutto: Vetrano è a terra, morto, il capitano Antonio Rocco sta calmando i suoi uomini. Tasca sembra imperturbabile. Il sottufficiale gli s'avvicina, lo chiama, incredulo: «Ma che hai fatto?» E lui: «Brigadiere, un'operazione di servizio. C'è un equivoco». In caserma, invece, c'è Del Dotto zoppo, perché è stato ferito di striscio da un proiettile. Lui ripete solo: «Con Minguzzi non c'entriamo, glielo giuro». Troppe analogie, però, fra le due vicende: la cifra da pagare (150 milioni, e prima ne erano stati chiesti 300), la voce di chi faceva le telefonate, con accento siciliano (Tasca è di Gela), un'estorsione e un sequestro proprio nella stessa cittadina di dodicimila abitanti. Pierangelo Sapegno