Era «svizzero» il salotto della contessa di Renato Guttuso

Era «svinerò» il salotto della contessei In margine al caso Guttuso: un alloggio della Marzotto era intestato a una società anonima Era «svinerò» il salotto della contessei Valore denunciato: 80 milioni - Non regge la tesi che l'artista avesse troncato il rapporto a causa del «nido d'amore» venduto a Magri - Carapezza chiede l'eredità: ammonta a 3 miliardi e non a 300 come si era previsto ROMA — A distanza di sei mesi dalla scomparsa di Renato Outtuso. Fabio Carapezza, il figlio adottivo del maestro, ha presentato ieri all'ufficio del registro la denuncia di successione. Di conseguenza è ufficialmente l'unico erede del pittore e di sua moglie Mimi.se, almeno fino a quando non si concluderà il giudizio civile promosso dal figlio «segreto, di Guttuso, Antonello Cuzzaniti, che rivendica la metà del patrimonio. Per tutti i beni, grazie alla riforma Vlsentlni. che ha notevolmente ridotto il carico tributario sulle eredità, è stato dichiarato al fisco un valore di circa tre miliardi di lire. Una cifra ben lontana da quelle ipotizzate nel gennaio scorso, quando alcuni avevano addirittura parlato di trecento miliardi. Il patrimonio immobiliare comprende i due appartamenti romani nello storico palazzo del Orlilo, la villa di Velate (Varese) con annesso studio del pittore e un appartamento a Palermo. Vi sono poi azioni di società quotate in Borsa, quadri (ma sono stati stimati soltanto quelli custoditi nei caveau del Credito Varesino, mentre per gli altri è stato indicato forfettariamente "il 10 per cento del valore degli immobili), automobili e conti correnti bancari. Dovranno tuttavia essere presentate denunce integrative perché vi sono molti debitori del maestro che devono ancora saldare le fatture relative all'acquisto di quadri. Sono invece risultate tutte vuote le tre cassette di sicurezza intestate a Outtuso presso istituti di credito della capitale. Sul fronte giudiziario vi è da segnalare che il fascicolo «naie è ora all'esame del procuratore generale della Corte d'appello di Roma Filippo Mancuso che deve apporre il visto al proscioglimento di Fabio Carapezza con formula piena «perche" il fatto non sussiste- dall'accusa di circonvenzione di incapace, decretato tre giorni fa dal giudice istruttore Francesco Monastero. Se il p.g. darà il suo placet, l'assoluzione del figlio adottivo di Guttuso diverrà definitiva. Non ha invece trovato conferma la tesi sostenuta nelle sue conclusioni scritte dal procuratore della Repubblica aggiunto di Roma Mario Bruno, secondo cui Guttuso troncò il legame con Marta Marzotto proprio perché la contessa aveva ceduto al deputato del «Manifesto», Lucio Magri, il loro «nido d'amore», cioè l'appartamentino romano di via dei Giubbonari 23, una vecchia costruzione in pessime condizioni, composta di due vani, cucina e accessori (compresa una soffitta). Dagli atti pubblici depositati presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Roma è infatti risultato che la contessa cedette nel 1980 per 30 milioni all'onorevole Magri la gargonniere nei pressi di Campo de" Fiori, acquistata cinque anni prima da Renato Guttuso per 15 milioni (il maestro l'aveva a sua volta comprata nel '71 per 3 milioni). Il 25 novembre "76 davanti al notaio Diego Gandolfo si presentò però solo Guttuso. La Marzotto era rappresentata dal suo procuratore speciale Nicolò Dal Moro di Porto gruaro. Appare quindi strano che il pittore avesse deciso il 26 settembre scorso di troncare ogni rapporto con la contessa Marzotto per gelosia nel confronti di Magri, dopo che erano trascorsi addirittura più di sei anni dalla vendita del loro ex «nido d'amore». Non sembra inoltre credibile che quello che doveva essere in realtà un regalo di Guttuso alla contessa fosse stato ufficializzato alla presenza di un estraneo. Sempre spulciando dagli atti della Conservatoria si è scoperto un particolare sconcertante: che cioè era ufficialmente «fantasma» il salotto romano della contessa Marta Marzotto, frequentato da noti politici, banchieri, finanzieri e industriali e per lustri considerato il numero uno della capitale. L'appartamento al quarto piano di uno storico palazzo al numero 66 di piazza di Spagna, vincolato dalla So¬ printendenza ai monumenti del Lazio per le sue decorazioni interne ed esterne, infatti era stato iittiziamente intestato ad una società svizzera dietro la quale in realtà si nascondeva però la contessa. Composto di ingresso, soggiorno-pranzo, tre camere, due bagni, cucina e terrazze al piano superiore, l'appartamento fu acquistato per 55 milioni il 27 dicembre '72 dalla Denjka, una società anonima con sede a Lugano. Ma il 29 aprile "77. avvalendosi della legge sul rientro dei capitali dall'estero, la società svizzera, rappresentata da Nicolò Dal Moro (è lo stesso procuratore della Marzotto che acquistò la garsonniere di Guttuso) cedette senza corrispettivo alla contessa «il salotto» di piazza di Spagna. Ai fini fiscali fu indicato un valore di 80 milioni II 9 ottobre '84 l'appartamento fu poi rivenduto dalla Marzotto per un miliardo 350 milioni all'industriale Vittorio Balini e a sua moglie Maria Grazia Pletramellara, entrambi residenti a Beverly Hills in California, Pierluigi Franz M Renato Guttuso. Marta Marzotto

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