Traditi dallo Stato Mecenate di Fabio Galvano

AIUTI ALL'ARTE: IN OLANDA E IN BELGIO POLEMICHE E PROGETTI AIUTI ALL'ARTE: IN OLANDA E IN BELGIO POLEMICHE E PROGETTI Traditi dallo Stato Mecenate D premier olandese ha appena abolito, «Avevamo sovvenzionato inutili crosteMagritte e di altre importanti collezio DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES — E'la fine dello Stato-mecenate, quella che il primo ministro Kuud Lubbers ha decretato in Olanda abolendo le sovvenzioni agli artisti: quasi la confessione del fallimento, dopo 38 anni, d'una politica volta ad affrancare il mondo delle arti figurative dalle leggi del mercato. Per duemila pittori e scultori, la cui attività risulterà totalmente condizionata dal successo commerciale, è l'ora della verità. Le loro difficoltà si inscrivono in una crisi che abbraccia anche a Sud del confine geografico gli eredi di quel faro che è la tradizione fiamminga. . Una rampante crisi di fiducia in un Belgio che non si pone problemi di sussidi ma che teme la disgregazione del suo patrimonio artistico, che non crede allo Stato-mecenate (latitante) ma ripone semmai le sue speranze nella sponsorizzazione industriale alle arti, che soprattutto si lecca le ferite dopo la recente asta londinese di Magritte qui sofferta come una sconfitta nazionale. Il caso dell'Olanda è forse sintomatico di una società aperta alle innovazioni e al tempo stesso rigida al momento dei bilanci. I sussidi erano nati nel 1949, in uno sforzo di rinascimento culturale dopo la guerra. Si trattava di affrancare gli artisti dalle quotidiane preoccupazioni materiali, per consentirgli di lavorare in serenità. Ricevevano, a secontia delle necessità stabilite da una regia commissione, fino a 32 mila fiorini l'anno (oltre 20 milioni di lire): per usufruirne, bastava die dimostrassero d'essere artisti professionisti, con opere vendute per almeno 8 mila fiorini (cinque milioni di lire): In c*m|r|accambio dovevano contribuire al patrimonio artistico nazionale con una donazione allo Stato di almeno quattro opere (dipinti o sculture) ogni anno. -Non c'era più rapporto tra domanda e produzione-, spiegano al ministero della Cultura: -La garanzia di un salario mensile, in molti casi, ha anche tarpato la creatività-. Non si dice, ufficialmente, quello che invece scrivono con franchezza i giornali di Amsterdam: .Anziché favorire la nascita di grandi artisti, il programma era complice dell'invasione di inutili croste-. L'anno scorso il sussidio agli artisti è costato all'Olanda 45 miliardi di lire: questo denaro servirà ora — nel regime di austerità voluto dal governo — a finanziare opere pubbliche e azioni di sostegno all'export, solo in minima parte all'assistenza degli artisti, limitata ai più. bisognosi. In cambio di quel patrimonio lo Stato ha accu¬ dopo 38 anni, i sussidi agli artisti - La gent» - A Bruxelles si soffre come una sconfittani - In entrambi i Paesi ora si punta a «un mulato, negli ultimi quattro anni, 220 mila opere d'arte, tali o presunte: un terzo sono esposte negli uffici statali, le altre raccolgono polvere nei magazzini. Nel '49, la politica di sostegno degli artisti era rivolta a un centinaio di giovani. li più celebre era Karel Appel, la cui prima opera sovvenzionata, Bambini che gioca¬ no (un quadro astratto ora esposto al municipio di Amsterdam) fu tanto criticata che rimase per oltre dieci anni imballata in un sottoscala. Negli Anni 50 e SO. pò:, il programma si estese II numero degli artisti crebbe, ai • giovani affamati, del dopoguerra si affiancarono i ribelli sema causa, antesignani di una generazione beat e e i giornali di Amsterdam plaudono: nazionale la perdita del patrimonio di 'associazione tra imprenditori e arte» che avrebbe gonfiato a dismisura il programma assistenziale dello Stato-mecenate. Misure restrittive s'imponevano; e non è casuale che sia stato il primo ministro Lubbers. promotore di un tlhatchensmc all'olandese', a decretarle, con effetto dal 1 luglio. L'Olanda, anziché! piangere la fine di uno schema unico nel mondo oecide-ntale. applaude: la voce dei sostenitori, secondo i quali il programma permetteva ai Paesi Bassi di tramandare la loro grande tradizione artistica, è sopraffatta dal parere — condiviso dalla maggior parte dei critici d'arte — secondo cui .il denaro va spese meglio, quelle croste sono troppo care- Non sono croste, invece, quelle su cui tersa lacrime un Belgio troppo provato dalla politica d austerità per far fronte ai prezzi internazionali dei capolavori Ogni anno lo Stato dà 120 milioni di lire per l'acquisto di opere per il Museo darle moderna, una somma irrisoria di fronte ai prezzi delle opere di pregio Ed e in questo quadro che si è sofferta l'asta di Sotheby'sper l'eredità dell'ultimo .grande* della pittura belga, René Magritte. Il Belgio è amareggiato. E lo era dal marzo scorso, quando sfumo l'intesa fra gli eredi del pittore e il governo. L'acquisto di alcune tele da parte dello Stato era sfumato dopo che gli eredi avellano definito .troppo bassa- (e i risultati dell'asta di Londra gli lianno dato ragione) la valutazione fatta dagli esperti di Bruxelles Morto nel 1967, il pittore aveva lasciato il suo patrimonio artistico alla moglie. Questa, scomparsa l'anno scorso, aveva lasciato dieci tele al Musée des Beaux-Arts di Bruxelles, tre al Beaubourg parigino e due al museo di Charleroi. Il resto (150 oli. acquarelli, gouaches, disegni e schizzi) era andato ai familiari: dodici persone che hanno trovato un'intesa per trarre il maggior beneficio dal lascito. L'unica offerta concreta, nel tentativo di trattenere in Belgio quel patrimonio artistico, era venuta dal ministro francofono della Cultura, Philippe Monfils; ma il miliardo e mezzo offerto per le 27 tele più significative era troppo poco, la metà di j quanto gli eredi chiedei^ano. Fumata nera, quindi: anche perché all'asta di Sotheby's, inchiodati dalle realtà di un mercato che sta andando alle stelle, gli emissari del ministro Monfils non sono riusciti ad aggiudicarsi che poca cosa con i fondi a loro disposizione. Il .caso Magritte. non è l'unico a scuotere i belgi die amano l'arte Due altre importanti collezioni — quelle del costruttore De Pauw e del barone Lambert — se ne sono anch'esse andate all'estero nell'ultimo anno E anc'w per questo, sia pure in modo più indiretto die per la fuga dei Magritte. lo Stato è sotto accusa Gli si rimprovera un atteggiamento fiscale die non solo scoraggia i collezionisti privati, i quali temono di essere poi bersagliati da feroci esattori, ma anche impedisce (per l'Iva troppo elevatai la competitività delle aste belghe e facilita quindi la dispersione dei tesori darle a Londra. New York. GineiTa Non sono accuse infondate: per un'opera da 10 milioni il costo reale all'asta per l'acquirente sarà — comprese tasse, spese e commissioni — di 12.5 milioni a Bruxelles, di 11 a Londra D'altra parte una riforma al regime dell'Iva per le opere darle, suggerita poche settimane fa dal ministro delle Finanze Mark Eyskens. è bloccata dall'impegno dei governi Cee a non ritoccare i loro regimi d'imposizione indiretta fino a quando la Commissione non avrà messo a punto le sue proposte di riforma dell'Iva. La Cee, d'altra parte, è coiniolta nella questione delle aste da un ricorso da parte dell 'organismo che raggruppa le quaranta sale di Bruxelles e Anversa: si denuncia, appunto, la disparità fiscale all'interno della Comunità e si chiede un'armonizzazione dei regolamenti. Per sopperire a queste difficoltà, il Museo d'Arte moderna si é gettato sulla strada della sponsorizzazione lanciando il programma .Business for the Aris-. L'idea non è nuova, si avvale soprattutto dell'esperienza americana; l'obiettiiKi è di permettere all'imprenditoria belga di sostenere il museo, con un'azione a lungo termine, dandogli i mezzi per l'acquisto di tele di qualità. ■ L'osservazione di quanto accade all'estero e particolarmente istruttiva., dice Anne Goddevrind, che si excupa del marketing dei musei reali: -Negli Stati Uniti come in Germania, in Francia come in Inghilterra, si assiste al moltiplicarsi d'iniziative volte alla promozione pubblicitaria delle imprese attraverso 1 musei. E quando lo Stato è latitante, non c'è altra scelta.. Il Beaubourg parigino è retto al cento per cento da contributi privati; non meno dell'85 per cento delle necessità finanziarie del Metropolitan Muesum di New York sono coperte da fondazioni che fanno capo a imprese private, .n principio del mecenatismo che abbiamo conosciuto fino alla seconda guerra mondiale, con gente che ci ofiriva capolavori o intere collezioni, è ormai scomparso, tranne rare eccezioni., afferma H'ynri Pauwels, capo conservatore del Musée des Beaux-Arts: .Se si vuol fare sopravvivere il museo, l'associazione fra il mondo imprenditoriale e l'arte s'impone». Nomf di compagnie d'assicurazione, di moquettes, birre, apparecchi hi-fi. compagnie aeree, cominciano a comparire- sotto i quadri. ■ Per l'azienda può essere una questione di prestigio, per il museo una necessità., spiega Anne Goddevrind. Una volta tanto, lo Stato dà una mano fiscale a questo tipo di promozione dell'arte: concede una detrazione di quelle spese, purché non superino il 5 per cento degli utili aziendali e non vadano comunque oltre i 10 milioni di franchi l'anno (circa 350 milioni di lire). Già si parla di un'analoga attività sponsorizzatrice per aiutare gli artisti più promettenti, nella battaglia per rinverdire una tradizione che sembra essersi persa per strada. Ed è la stessa strada che, in Olanda, cercano di far percorrere alle aziende i duemila artisti rimasti all'improvviso senza stipendio, orfani dello Stato-mecenate. Fabio Galvano