Il fascino del drago di Masolino D'amico

Il fascino del drago «BEOWULF», GRANDE POEMA Il fascino del drago Un vecchio re danese si è costruito una reggia sontuosa, ma non se la gode, perché ogni notte un mostruoso gigante, spesso definito come un alieno (ossia originario di un altro mondo, di un altro ordine), vi penetra senza incontrare resistenza e fa strage dei vassalli addormentati. ;Ma ecco che si presenta un giovane eroe. Questi è accolto con sospetto, in quanto straniero, proveniente da un paese talvolta ostile (una zona della Svezia meridionale); ma quando annuncia di volere affrontare il gigante, riceve naturalmente carta bianca. L'eroe affronta il nemico a mani nude, e lo mette in fuga ferito a mòrte. Seguono grandi festeggiamenti. Sennonché nella notte la madre del gigante compie un'altra incursione alla maniera del figlio. L'eroe la inscguc fino alla sua dimora in! fondo alle acque di un fiordo, uccide anche lei e recupera la- testa del primo gigante. E' cosi fatto oggetto di nuovi onori. Passano cinquantanni. Tornato al suo paese, l'eroe è diventato re; e ancora una volta un essere diverso e minaccioso compie feroci scorrerie. Ora si tratta di un drago, custode di un tesoro. L'eroe torna a indossare le armi, lo affronta e 10 uccide, salvando il paese; ma perisce nel combattimento. Adesso il futuro si presenta incerto. Privo di protezione il paese sarà presto alla mercè di nuovi invasori. Questa, in breve, la trama di-Beowulf, che con i suoi 3182 versi costituisce l'unico grande poema epico anglosassone pervenutoci in forma pressoché completa. Il suo ritrovamento è relativamente recente — l'unica redazione compare dentro un codice del Decimo Secolo, recuperato da un collezionista secentesco — e non sapremmo dire se nella sua epoca fece spicco, o fu un prodotto di routine. ¥fulìa 'inoltre sappiamo del suo autore ,e- ben poccv'cjclla data di composizione, che viene collocata fra il 650 e l'850 circa. Né possediamo troppi termini di raffronto, in quanto 11 corpus completo della poesia anglosassone a noi nota non comprende più di tremila versi, quasi tutti contenuti in quattro manoscritti (uno si trova a Vercelli). Molte cose sono tuttavia deducibili dal testo stesso, c indagini scrupolosissime hanno esplorato la lingua di Beowìflf le origini del suo materiale, la società ivi descritta, ecc ecc. Il poema fu certamente concepito per essere recitato ad alta voce da un cantastorie, probabilmente in tre serate, corrispondenti alla pri ma e alla seconda parte del primo episodio (uccisione del gigante e di sua madre), e al secondo episodio (uccisione del drago). .-. Il metro è un verso a quattro accenti con una forte cesura, nel mezzo, e la memoria del recitante è aiutata, in mancanza della rima, dall'allitterazione, ossia dall'avvicinamento di parole che iniziano con lo stesso suono. G troviamo ancóra in un clima di cultura orale, alcune espressioni ricorrenti (per esempio, «con rune favorevoli», che e un augurio) sembrano attribuire alla pratica della scrittura una componente addirittura magica. ** ~,.Per via della lingua, frequentata solo dagli specialisti Beowulf non è mai veramente entrato a far parte dei classici di uso comune, anche se ogni studente inglese viene costretto ad assaggiarne qualche brano. F comunque stato tradotto nelle principali lingue modèrne, e l'odierna versione curata da Ludovica Koch (ed. fnaudi, I Millenni, con 16 ilstrazioni a colori) non è la prima in italiano. /"Il volume va peraltro segnalato con calore come esem pio particolarmente felice del 'rpodo con cui un testo ostico può essere messo a disposizione del fatidico lettore comune. La traduzione è letterale ma .lodevolmente concisa, stampata con l'originale a fronte ■corredata di brevi note esplicative a pie di pagina (il che " -vero lusso). G sono inoltre una eccel lente introduzione, una nota al testo, una bibliografia, glossario dei nomi propri una serie di riproduzioni di quadri o codici miniati raffiguranti battaglie con draghi. Queste sono tutte rinascimentali, quindi di un'epoca in cui a questi mostri non si credeva più, e li si rappresentava come dei gradevoli gingilli. Contribuiscono alla eleganza Einaudi del prodotto, ma sarebbe difficile immaginare qualcosa di più incongruo. Perché una delle ragioni del fascino che questo misterioso Beowulf, tanto rozzo e tanto raffinato allo stesso tempo, esercita su di noi, va ricercata precisamente nella decisione con cui l'anonimo poeta si immerge alla ricerca delle radici del terrore. * * Con un procedimento degno di Edgar Allan Poe, per esempio, il gigante crudele (si chiama Grende) non viene mai descritto, ma di lui ci vengono dati piccoli particolari agghiaccianti. Il dato maggióre sul suo" conto'lo abbia; mo quando svincolandosi dalla stretta di Beowulf per ruggire gli lascia un braccio, un troncone irto di artigli simili a chiodi di ferro, che i guerrieri esamineranno sbigottiti. Ed ecco l'habitat del mostro, quale appare a Beowulf quando ne insegue la madre, che ha rapito e divorato un giovane vassallo: «E poi si arrampicarono, I i figli dei principi, —per ripidi pendii I rocciosi, per sentieri — angusti, per stretti I valichi, per un percorso — sconosciuto: precipiti I promotori, moltissime — tane dì mostri acquatici... I Finché scoprì, d'improvviso, — alberi di montagna ' a picco su rocce canute: — un bosco senza gioia. I Vi sì stendeva sotto — un'acqua sanguigna e torbida... I per molti I vassalli fu un dolore, — per ciascuno dei conti, I quando trovarono — la testa dì Aeschere I sopra uno scoglio sull'acqua. — // lago ribolliva I (la gente stava a guardare) di sangue, di caldo cruore». Beowulf (a proposito, il nome significa «Orso», ed è un interessante esempio delle metafore — kenning — frequenti in questo tipo di poesia. Letteralmente infatti vuol dire «il lupo delle api», ossia il predatore, il nemico delle api) — Beowulf, dicevo, si ruffa in quelle acque sinistre, penetra nel covo di Grendel e di sua madre, e trucida la gigantessa con una spada magica. Da sopra, i suoi compagni vedono le acque della laguna intorbidarsi di sangue; molti se ne vanno sconsolati, rinunciando a aspettare l'eroe. Intanto, sotto, compiuta la sua opera, la lama incantata si è fusa: è stato il «sudore della battaglia» (ossia, il sangue) a trasformare il metallo in «ghiaccioli di guerra». - Come gli esperti non mancano di ricordarci, esistono precedenti a tutti gli episodi raccontati in Bjowulf, tanto nell'epica classica quanto nel folklore nordico; e nessuno sa districare con precisione quello che è substrato pagano da quello che si deve alla vernice di cristianesimo. Beowulf stesso è un parente di Sigfrido, e il drago dell'ultimo episodio assomiglia tanto a Fafhir quanto ai custodi del Vello d'Oro. La Koch d porge con discrezione le informazioni indispensabili, e tenta di evitarci i trabocchetti in cui, lettori ingenui, potremmo cadere. Ma qualunque chiave di lettura adottiamo, il cupo mondo ferrigno che amò sentirsi raccontare tali storie sopravvive potentemente in questi versi, fra cui vorrei ricordare ancora quelli davvero mirabili del finale, quando i guerrieri devono disporre del cadavere del loro sovrano, di quello del drago, e del tesoro che il drago difendeva. Il drago, «pastore degli ori». Io spingono oltre il vallo roccioso, nei flutti. Il corpo del re lo bruciano sopra una enorme pira, mentre ri suona un canto di lutto pieno dell'angoscia di chi ormai si sente privo del suo baluardo. Sotto al monumento del principe infine seppelliscono il tesoro. «Portarono dentro al tumulo I anelli e sigilli, — e tutti gli ogetti preziosi I che, con progetti violenti, — avevano tolto al tesoro. I I gioielli dei conti —■ lidettero in custodia I alla terra-, e l'oro — ai sassi, dove è rimàsio'f fino ad oggi, inservibile — come era sempre stato I per gli uomini». Masolino d'Amico San Giorgio e il drago (dalle illustrazioni di «Beowulf» ed. Einaudi)

Persone citate: Decimo Secolo, Edgar Allan Poe, Einaudi, Koch, Ludovica Koch

Luoghi citati: Svezia, Vercelli