Donne soldato per la nuova Europa di Fabio Galvano

Donne soldato per la nuova Europa Ben integrate al Nord, poche o inesistenti nei Paesi mediterranei: la Nato ormai punta su di loro Donne soldato per la nuova Europa All'avanguardia le danesi: efficienti, preparate, ma soffrono di claustrofobia sui sommergibili - L'Olanda prevede addirittura il richiamo alle armi - Le crescenti mansioni tecnologiche annullano la «differenza» con l'uomo - Ma, ovunque, devono essere volontarie dal nostro corrispondente BRUXELLES — L'Immagine ha perso l'efficacia di una volta, un viso femminile che fa capolino dalla torretta di un carro armato non sorprende più e le premurose cure di una bella ragazza a un missile terra-aria non giustificano un secondo sguardo. Persino il piccolo Lussemburgo si è adattato, come dodici altri Paesi della Nato, a quell'aspetto della •liberazione» femminile che è la nascita della donna-soldato. A parte l'Islanda, che esclude il gentil sesso da un ruolo attivo nella difesa per 11 semplice e ben comprensibile motivo che non ha un esercito, spetta invece all'Italia e alla Spagna 11 primato negativo di una legislazione che impedisce alle donne di arruolarsi. Pudori mediterranei? Niente affatto; persino Portogallo, Grecia e Turchia, dove tradizione vuole che la posizione della donna sia ancor più in subordine rispetto all'uomo, hanno almeno sulla carta le loro soldatesse (ma si contano sulle dita delle mani in Portogallo e bastano otto mani — non è un gioco di parole — per contare le turche). Pura e semplice arretratezza sociale? Può anche darsi, sebbene si scopra poi che nell'.evoluta. Germania ci sono appena 117 soldatesse, tutte ufficiali (la maggior parte del personale femminile ha status civile); ma 11 sospetto viene soprattutto se si considera che alcuni Paesi dell'Alleanza — la Danimarca con più convinzione di altri — scoprono già come la don na possa aspirare a funzioni in prima linea, a ruoli di combattimento una volta ritenuti inscindibili da una discreta quantità di forza fisica e oggi resi possibili dalle moderne tecnologie. Premere un pulsante o guidare un semovente non vuol dire portare a spalle un mortaio. E questo spiega forse, al di là del caso di una Danimarca che impegna le donne più di quanto facciano i celebri reparti femminili d'Israele (che non hanno obblighi di prima linea), perché nelle forze armate degU Stati Uniti quasi 11 dieci per cento — distribuito in maniera proporzionalmente uguale fra ufficiali e truppa — sia femminile, «/n anni recenti — dice il generale tedesco Wolfgang Altenburg, presidente del Comitato militae della Nato — te donne hanno dimostrato di saper servire con distinzione nelle forze armate. Il loro numero è cresciuto in modo considerevole: Sotto la sua guida, il Comitato del personale femminile è stato protagonista, in maggio, di una conferenza che ha sancito il nuovo ruolo della donna negli schieramenti difensivi dell'Alleanza, e che ha dato la spinta a un processo di armonizzazione che potrebbe far superare, in una prospettiva futura, certe resistenze latine. Né è detto che si debba seguire l'esempio danese; ci sono molte vie intermedie per essere al tempo stesso donna e soldato, nel rispetto di necessità militari e realtà social-psicologiche che variano da un Paese all'altro. Dal complesso delle vie nazionali all'arruolamento femminile si possono trarre, come ha fatto la Nato, alcune costanti. La prima è che dovunque si tratta, per ora, di un servizio esclusivamen¬ te volontario; non esiste, cioè, la leva per le donne. La seconda è che in tutti 1 Paesi presi in esame, fatta eccezione per Gran Bretagna e Grecia, la durata della ferma è identica per le donne come per gli uomini, in nome di quell'uguaglianza dei diritti (e quindi dei doveri) che si accampa per difendere il ruolo armato della donna. La terza è che dovunque, tranne in Francia, Grecia e Stati Uniti, l'addestramento del sottufficiali non registra diversità tra uomini e donne (tale differenza sussiste, per 1 ranghi inferiori, solo in Francia e Usa). La quarta, infine, è che in tutti 1 Paesi il soldo é uguale per l'uomo come per la donna; tranne la Gran Bretagna, che fa pagare alle sue soldatesse l'esenzione dal combattimento In prima linea. Il raffronto globale può continuare. Dovunque, Turchia esclusa, le condizioni di pensionamento sono le stes¬ se; la Gran Bretagna è l'unico Paese dove i regolamenti sulla gravidanza non impediscono il licenziamento della soldatessa-mamma; anzi proprio in Inghilterra (ma anche in Turchia) non è previsto un congedo di maternità. La donna che combatte, come è il caso delle danesi, deve spogliarsi — e lo fa, ma a fatica — di una tradizione che la spinge a identificare femminilità con pacifismo, e che era stata raccolta persi¬ no dalle suffragette d'inizio secolo: la guerra come ossessione maschile, del tutto aliena a una mentalità femminile semmai tesa alla conciliazione. Non nel mondo del Duemila, si direbbe. • Perché soltanto gli uomini possono difendere la patria?*, ha domandato seccata a un giornalista inglese 11 sergente Dorte Nielsen. una robusta signorina che è capo di una squadra di tecnici che si occupa di una batteria di missili alla base di Skal- strup: -Le donne possono essere più forti anche fisicamente, ma di si' uro la loro volontà è più ferma. Quando torniamo da un'esercitazione durata tre giorni e tre notti, e dobbiamo risistemare i missili sulla collina, sento uomini lamentarsi per la stanchezza, e sono io a dover dire: no, facciamolo subito, poi si va a dormire*. Il caso danese insegna che la donna può fare il soldato. Ma conferma anche che non sono immaginari i problemi relativi alla vicinanza dei sessi sotto le armi. Un rapporto della Marina danese, pubblicato l'anno scorso, riconosceva che le donne sono in grado di sostenere qualsiasi incarico, tranne quelli sui sottomarini e sulle unità di scorta alle flottiglie dei pescherecci. Sui primi per problemi di claustrofobia, sui secondi perché la lunghezza delle missioni — sovente più di tre mesi — provocava nei casi osservati -situazioni poco consone a una massima efficienza*. Accadeva che a bordo flirt cominciassero e finissero in un turbinio di gelosie e anche di risse. Esercito e Aviazione hanno avviato i loro esperimenti di vita in comune nel 1984: un rapporto sarà pubbblicato fra pochi mesi, ma non pare che registri — a differenza di quanto è accaduto nella Marina — incidenti di particolare rilievo. La disciplina, a quanto pare, non ha sofferto per la vita in comune di soldati e soldatesse; e le ragazze si sono dimostra¬ te, in tutti gli esami e le prove attitudinali, superiori del 5-6 per cento agli uomini. Il primo Paese che diede alle donne una divisa fu la Gran Bretagna, nel 1881, con la nascita del primo corpo d'infermiere, eredi di Florence Nightingale. E l'esempio fu presto seguito dal Canada, nel 188E,. e dalla Norvegia, nel 1889. Ma la guida britannica si sarebbe arrestata 11: soltanto nel 1949 sarebbero nati oltremanica i corpi femminili della Manna. dell'Esercito e dell'Aviazione. E' stata proprio la Norvegia, invece, a scrivere una pagina di storia decretando il servizio militare obbligatorio per le donne. Accadde nel luglio 1942. in piena occupazione tedesca: la decisione, adottata dal governo in esilio, si applicava a tutte le donne fra 1 18 e 1 40 anni che vivessero all'estero Era un'emergenza, e come tale ebbe vita breve: nel luglio 1945. con la fine della guerra, fini anche la coscrizione femminile decretata da Oslo. Ma senza voler pescare nel calderone della storia, non mancano in merito alla questione dell'arruolamento femminile motivi che sottolineano il diverso atteggiamento nazionale verso la donna in divisa. Il piccolo Belgio è secondo soltanto a Stati Uniti e Canada come percentuale di donne (5.8) sul numero totale dei militari non coscritti ; ma se in Canada la percentuale femminile di ufficiali (7.9) è inferiore a quella della truppa (9.1). nelle forze statunitensi si mantiene un perfetto equilibrio (a quota 9,9 per cento, che dà un esercito femminile di 211 mila unità, grande quanto l'intero apparato militare di Belgio, Danimarca. Norvegia e Portogallo messi insieme). In Germania le poche donne (117) sono tutte con il grado di ufficiale; ma il rovescio della medaglia è che sono donne oltre un quarto del personale civile (48 mila su 180 mila) della Bundeswehr. Se non percentualmente, la Francia domina numericamente la scena europea: oltre 13 mila donne. La Grecia, invece, limita il servizio femminile al campo medico. In Olanda è previsto, per le donne, il richiamo alle armi (entro precisi limiti d'età, beninteso). La Nato ritiene che la donna possa svolgere un ruolo fondamentale nel futuro del suo assetto militare; e per questo l'esperimento danese e seguito, gli storsi di altri Paesi incoraggiati, l'attività del Comitato dei personali femminili fatto oggetto di conferenze ad alto livello. Si tratta di determinare, come precisa il generale Altenburg. .atteggiamenti nazionali e individuali*, ma anche questioni che riguardano l'Alleanza nel suo complesso, nel determinare il ruolo della donna in un esercito moderno. Si scopre che la donna può avere un effetto stabilizzante in numerosi reparti, proprio come nella vita familiare. Ma l'esperienza del piccolo esercito danese indica anche che come l'uomo, e in qualche caso meglio dell'uomo, la donna possa affrontare con serenità e freddezza crisi e incidenti che richiedono decisioni immediate: e quell'esperienza potrebbe segnare il futuro di altri Paesi europei. Fabio Galvano

Persone citate: Florence Nightingale, Wolfgang Altenburg