Le ardite fortezze di Kerkouane di Sabatino Moscati

Le ardite fortezze di Kerkouane ALLA RISCOPERTA DELL'IMPERO CARTAGINESE: DAI FENICI AGLI ARABI Le ardite fortezze di Kerkouane Sorte intorno al V Secolo a.C, s'incontrano raggiungendo l'antica città, e ne spiegano la gloria e il potere - Mentre sulle rovine di Cartagine si spargeva il sale, Kerkouane veniva abbandonata: la sabbia del deserto l'avrebbe salvata per gli archeologi - Lo scavo, in pieno corso, ha scoperto la doppia cinta di mura, grandi strade e piazze - Torna alla luce il tempio più grande del mondo punico KERKOUANE — Tunisi s'annida al fondo del grande golfo, sembra volersi riparare con le acque della laguna e fare da contrappunto a Cartagine, che invece si sporge innanzi con il promontorio nel mare. Cartagine, così, chiude il golfo sul lato occidentale. Ma su quello orientale? Basta guardare una carta geografica per rendersi conto che il destino dell'impero cartaginese si legò strettamente all'altro promontorio, quello che a Est della capitale odierna si protende in direzione della Sicilia, da cui dista appena ottanta chilometri. Era mai possibile che qui non si celassero insediamenti antichi, che il loro aspetto e le loro vicende non offrissero rivelazioni determinanti per la storia mediterranea? Da questa riflessione trae origine la lunga avventura che ho aperto in terra d'Africa, coinvolgendo le istituzioni archeologiche italiane e quelle tunisine, promuovendo una collaborazione di cui sono ormai evidenti le risultanze. E' dunque con un sentimento di soddisfazione, e insieme di curiosità per il futuro sempre aperto, che riprendo la via da Tunisi verso Oriente, puntando in auto verso quel promontorio tanto determinante per la storia: il Capo Bon. E' l'eterno fascino dell'esplorazione, il gusto dello scoprire insieme l'antico e il nuovo, o meglio il nuovo illuminato dall'antico. La strada corre tra piantagioni di ulivi e piccoli villaggi, dalle casette bianche con porte e finestre celesti. S'aprono in essi, a tratti, le moschee dalle basse cupole, su cui svettano per contrasto, lunghi e sottili, i minareti. Dinanzi, ecco la sagoma montagnosa del Bou Kornine, su cui si levano le antenne della televisione. Non posso astenermi dal pensare al ricorso storico, perché un tempo vi sorgeva il santuario veneratissimo del sommo dio Baal. Ieri la fede, oggi la tecnologia: non accade solo qui, ma il passaggio è particolarmente suggestivo in questa terra. La via prosegue sempre più solitaria, sul fianco del mare. Passano greggi di pecore, qualche cammello che tira i carri e porta sul dorso i contadini: è il segno più tipico della terra d'Africa. Ma ecco una scoperta dell'archeologia italiana, la fortezza di Ras Fortas che si leva sulla scogliera e che fu eretta al tempo di Cartagine per la difesa e per l'offesa. E' la prima di una serie di fortezze che in parte abbiamo già posto in luce, in altra parte si cela ancora tra le rocce a picco sul mare. Le corrisponde, appena girata la punta del promontorio, un'altra fortezza da noi scoperta, quella del Ras edDrek. A vederla cosi imponente, si resta impressionati da una strategia che fino a qualche anno fa non immaginavamo neppure. Tipico della fortezza è un sistema di grandi cisterne, evidentemente destinate a raccogliere e a conservare l'acqua necessaria alla vita di un avamposto così lontano dai centri abitati. Subito sotto la fortezza, sempre a strapiombo, ecco un tempio: segno che la vita religiosa accompagnava le installazioni belliche. Nell'insieme, queste e altre fortezze puniche da noi scoperte (ce ne sono anche dalla parte opposta di Cartagine, nell'area di Ras Zebib e Djebel Fretas presso Biserta) si caratterizzano per il fatto che sorgono intorno al V Secolo a.C, quando Cartagine andava organizzando le sue forze per muovere guerra ai Greci in Sicilia. Conquistate dai Romani nel II Secolo, le fortezze furono da essi in parte abbattute ma in parte riutilizzate, e non solo a fini bellici, ma anche come basi per la colonizzazione del territorio circostante. D'altronde, insediamenti di origine romana sono stati pure da noi scoperti nelle vicinanze, a Mraissa e Dagla. Il sistema delle fortezze che abbiamo posto in luce sul Capo Bon non si comprenderebbe appieno se non si raggiungesse, poco a Sud del Ras ed-Drek, la grande novità dell'archeologia tunisina, che ha in Mohamed Fantar il suo protagonista; la scoperta di un'antica città davvero grandiosa, della quale prima non si sapeva nulla e che non aveva lasciato traccia di sé neppure nel nome. Oggi si chiama Kerkouane. Kerkouane ci offre, finalmente, quello che non poteva offrirci Cartagine perché i Romani la distrussero, cioè l'immagine completa di un grande centro dell'impero punico. Possiamo dire che \ Cartagine doveva essere più o meno così, in un'epoca che le testimonianze archeologiche datano tra il VI e il III Secolo a.C. Ma opposto fu il destino: mentre Cartagine veniva abbattuta, e sulle sue rovine si spargeva il sale, Kerkouane veniva abbandonata e la sabbia del deserto provvedeva, coprendola, a proteggerla fino all'arrivo degli archeologi. Lo scavo è in pieno corso e l'immagine delle scoperte muta di giorno in giorno. Ma già un primo bilancio può farsi, anzitutto nella planimetria delle grandi strade che s'incrociano ad angolo retto, nelle vaste piazze su cui si aprono gli edifici pubblici, nella doppia cinta di mura con torri quadrangolari. Particolare interesse hanno le case, le uniche che si conoscano appieno dal tempo dell'antica Cartagine: l'ingresso s'apre su un lungo corridoio, che conduce a un cortile centrale intorno a cui si dispongono le stanze. Particolarmente notevoli sono quelle da bagno: hanno un vestibolo e una vasca in forma di zoccolo con funzione di sedile. Un tempio, il più grande finora noto in tutto il mondo punico, sta tornando alla luce: presenta un ingresso con due pilastri frontali, un vestibolo, un cortile con l'altare e una cappella destinata ad accogliere l'immagine divina. Dietro il tempio, ecco l'abitazione del sacerdote. Pure caratteristica del com¬ plesso è un'officina per la fabbricazione degli oggetti votivi, in particolare le statuine di terracotta, di cui sono stati rinvenuti vari esemplari e anche qualche scarto di lavorazione. E' un caso analogo a quello delle botteghe di Lourdes e di Pompei, tanto per citare due esempi... Di un artigianato fiorente testimoniano le decorazioni architettoniche, gli oggetti domestici, le figurine di uomini e di animali, le monete. E da questi reperti emerge la tasta apertura intemazionale della città, perché vi sono diffuse le ceramiche greche che venivano, evidentemente, dalla vicina Sicilia. Probabilmente le relazioni passavano attraverso le colonie puniche di quest'isola, specialmente Mozia, della quale si ritrovano qui alcuni prodotti caratteristici, come i piccoli altari in terracotta su cui compaiono due grifoni affrontati. Mentre le ricerche continuano, s'inaugura il museo locale, lindo e modernissimo nella sua struttura, che contiene i più significativi reperti della città. Aggirandomi ne'le stame ancora fresche di vernice, tra le vetrine appena arrivate, penso che i luoghi di nuova scoperta hanno tra le tante attrazioni anche quella di non ereditare strutture antiquate. Ma mentirei se non dicessi che la maggiore suggestione viene qui dal giuoco policromo dei fiori, che mani tanto amorevoli quanto abili hanno disposto in fitte aiuole all'intorno. Il rosso e il giallo, l'azzurro e il verde si frammischiano e risplendono al sole in un rigoglio straordinario. E quando il giardiniere, percepita la mia ammirazione, mi offre silenziosamente un mazzo di quei fiori, penso che sì, forse mi riuscirà di portarli fino in Italia, per avere ancora con me, almeno per qualche giorno, il profumo di questa terra. Sabatino Moscati Ras ed-Drek (Tunisia). L'imponente fortezza scoperta dalla missione italo-runisina. Era dotata di un sistema di grandi cisterne destinate a raccogliere e a conservare l'acqua, necessaria alla vita d'un avamposto cosi lontano dai centri abitari

Persone citate: Baal, Djebel Fretas, Greci

Luoghi citati: Africa, Italia, Pompei, Sicilia, Tunisi, Tunisia