La Corte dei conti avverte: nell'86 cresciuta troppo la spesa pubblica
La Corte dei conti avverte: nell'86 cresciuta troppo la spesa pubblica E' salita ad un ritmò superiore agli obiettivi fissati dal governò La Corte dei conti avverte: nell'86 cresciuta troppo la spesa pubblica Il tetto dì 110 mila miliardi rispettato solo per l'aumento delle entrate ROMA — Nel 1986 il Tesoro ha raggiunto l'obiettivo di un fabbisogno di cassa di 110.000 miliardi grazie soprattutto ad una manovra congiunturale riuscita. Ma gli squilibri della finanza pubblica permangono nella loro gravità: la spesa In particolare nel 1986 è cresciuta ad un ritmo superiore agli obiettivi prefissati dal governo. Questo è in estrema sintesi la valutazione della Corte del conti sul rendiconto generale dello stato relativo all'esercizio '86. 1 magistrati della Corte nell'esaminare 1 conti dello Stato dell'86 hanno In primo luogo osservato che il fabbisogno del settore statale si è collocato nello scorso esercizio a 108.995 miliardi (109,581 al lordo delle cosiddette regolazioni debitorie). Tale risultato positivo in effetti, secondo l'analisi della Corte dei conti (11 fabbisogno netto è calato rispetto all'85 del 3,3 per cento) è in larga misura ascrivibile ad un sensibile miglioramento del saldo delle partite finanziarie (-53,6 per cento sull'85) e ad «un contingente avanzo della gestione di tesoreria dovuto ad oltre 5.000 miliardi di rientri da istituti di credito speciale e da regioni autonome». La spesa pubblica corrente al netto degli Interessi doveva, secondo gli obiettivi che il governo si era dato, avere una crescita reale pari a zero. Nella realtà la spesa corrente, in termini di cassa e al netto delle regolazioni debitorie è cresciuta rispetto all'85 del 20,1 per cento, ben al di sopra quindi del tasso di inflazione. La spesa pubblica per Investimento, che sempre secondo gli obiettivi del governo, sarebbe dovuta aumentare allo stesso ritmo del pil nominale (11 per cento) In termini di cassa è cresciuta del 17 per cento. L'unico obiettivo che ha «tenuto» e quello dell'invarianza della pressione fiscale: tra i'83 e l'86 questa è rimasta di poco superiore al 22 per cento. I magistrati della Corte per quanto riguarda il fronte delle entrate hanno sottolineato che nell'86 si è registrata una sottostima che arriva in termini di cassa sino a 30.000 miliardi di lire; questo dato, secondo la corte, rientra nella «tradizionale prudenza» del ministro delle Finanze e «nel gioco delle parti» che si Instaura tra questi e il collega del Tesoro. (Ansa)
Luoghi citati: Roma
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