Il sogno d'oro di Ronconi di Giorgio Pestelli

Il sogno d'oro di Ronconi «The Fairy Queen», semi-opera di Piarceli, ha chiuso il 50° Maggio Il sogno d'oro di Ronconi Splendida festa, anche se «salata», uel Giardino di Boboli: il pubblico chiamato a collaborare - Tutti eccellenti: costumi (di Damiani), cantanti, attori (tra cui la Capucci), orchestra e coro diretti da Norrington FIRENZE — 8i è chiuso in bellezza il cinquantesimo Maggio Musicale Fiorentino con una ricca, sontuosa, ma tuttavia leggiadra féerie al piazzale della Meridiana nel Giardino di Boboli: The Fairy Queen (La regina delle fate) di Henry Purcell, semiopera dal Sogno d'una notte di mezza estate di Shakespeare, regia, come tutti sapranno per il gran parlare e calcolare di costi che se n'è fatto, di Luca Ronconi. Anche se salata, è stata una bella idea celebrare il mezzo secolo del Maggio Fiorentino rilanciando Boboli, sede incomparabile di sortilegi spaziali e cromatici, dove già Max Reinhardt aveva allestito negli Anni Trenta il Sogno shakespeariano con le musiche di Mendelssohn. Ronconi mette alla prova tutto l'enorme spazio disponibile; del, nobili e popolani sono rappresentati con vigorosa fantasia, distinti, portati a convergere, rimescolati nel grembo di madre Natura. Si ritrova il Ronconi più autentico, quello dell'Orlando furioso: scene semoventi, sfilate di catafalchi, carriaggi e salmerie, del tutto fuori luogo nel dramma musicale ottocentesco, interessato a ben altro, qui trovano una loro precisa funzione poetica e architettonica. E si tratta di un effimero in ogni caso sopraffino: costumi (di Luciano Damiani come le scene) meravigliosi, gran copia di comparse, teoria di carrozze da museo, regno animale e vegetale da tempi andati, covoni esuberanti e maestose coppie di bovi. Anche il pubblico è chiamato a collaborare. Ronconi vuole un pubblico bifronte, come Giano, che vede primo e quinto atto contro la facciata della Meridiana (la reggia), quindi ruota di centoottanta gradi per gli atti centrali (il bosco presso Atene) che si svolgono nel fiabesco giardino della Meridiana. Ma ruotare vuol dire risalire 1 gradoni di una scomoda impalcatura e ridiscenderli in senso opposto, fra urti e gomitate, e insidie di fierissimi spuntoni di tralicci metallici: quindi pubblico-Giano, ma anche ben gin- nasticato e rotto ai disagi (che non sono novità per Ronconi: chi potrà mai dimenticare la serra-crematorio di Spoleto, per gli Spettri di qualche anno fa?). Con tutto ciò, portando pazienza, lo spettacolo'di Firenze ricompensa ampiamente delle fatiche. Non è certo una pura abbuffata visiva: i protagonisti sono scelti benissimo e si muovono altrettanto bene (ricordiamo, fra l'innumerevole serie di nomi, la Titania di Sabrina Capucci, l'Oberon di Massimo Popoìizio. il Puck di Luca Zingaretti che corre come lepre su e giù per le distese erbose); e poi l'incantevole musica di PurcpU si distende su tutto come uno zucchero sulla torta: sembra veramente incredibile che la leggerezza, l'ironia, il gioco disinteressato intessuto da Purcell appartengano a un secolo famoso per tronfiaggini e barocchismi. La musica qui non si limita a connotare realisticamente l'azione (personaggio autorevole che entra, personaggio che canta o balla); espande invece la dimensione soprannaturale del testo divino, creando un repertorio di passi leggeri, mossette, echi, deliqui improvvisi che accompagneranno il ricorrente sogno edenico dell'età aurea fino al romanticismo. Con lo stile musicale siamo In mani sicurissime, magistrali. H direttore Roger Norrington nuota nel suo elemento e porta Orchestra e Coro del Maggio a un rendimento eccellente (sugli scudi si alzi la piccola tromba che tira di fioretto con il soprano nell'aria Hark novi the echoing Air); i cantanti dell'Early Opera Project, tutti Inglesi, distillano dalia lingua materna l'imprevedibile corso melodico di Purcell; anche qui l'elenco completo ci porterebbe fuori misura: lodiamoli tutti nel basso John Rath che impersona via via n Sonno, L'Inverno (un'aria con modulazioni da Gesualdo da Venosa), il dio Imene, tirato giù dal letto a cuscinate nello spassoso finale per celebrare le triplici nozze. Perfetti anche i ballerini dell'Early Dance Project, rincalzati dal Corpo di Ballo del Maggio e istruiti da Kay Lawrence. In uno spettacolo cosi complesso sono immancabili alcuni scricchiolii: nello spazio immane, gli attori recitano con voci amplificate dai microfoni, voci che talvolta spariscono e talaltra non si capisce donde vengano; toni vibranti che al primo impatto con la musica fanno sentire lontane le voci dei cantanti. Ma sono macchioline in uno spettacolo da non perdere, per quanto lo consentano le poche repliche: solo questa sera e domani. Giorgio Pestelli L'attrice Sabrina Capiteci, ottima litania nell'opera-spettacolo di Purcell al Giardino di Boboli

Luoghi citati: Atene, Boboli, Firenze, Gesualdo, Spoleto, Venosa