Decalogo del buon governo di Gigi Padovani

Decalogo del buon governo In un rapporto consegnato a tutti i parlamentari i consigli del Censis sull'Italia che cambia Decalogo del buon governo Per De Rita non è più sufficiente lo spontaneo sviluppo degli anni passati - «Manca ancora una cultura di governo» - «Si deve dimenticare il cimitero di parole inutili» - «Non un libro dei sogni sulla programmazione, ma partecipazione di sindacati ed enti locali» - «Possono nascere nuovi emarginati» ROMA — La teorizzazione del sommerso non è più sufficiente. Lo slogan ■ piccolo è bello» ha fatto 11 suo tempo. Neanche la ricerca a tutti 1 costi di soluzioni privato da contrapporre all'Inefficienza del servizi pubblici può bastare. Sotto il titolo un po' ambiguo .Ricercando una cultura di governo: il Censis fa una conversione di 180 gradi e torna a proporre la necessità di una guida dei processi economici che, se lasciati alla loro autonomia, potrebbero far tornare lo spettro della crisi anche in un Paese risanato come il nostro. Con un'operazione a sorpresa, che coincide con la nascita della decima legislatura repubblicana, il sociologo Giuseppe De Rita si rivolge alla classe politica per avvertire dei pericoli che si corrono se non si cambia l'abitudine al laisser /aire degli ultimi anni. La riflessione di meta anno del Centro studi investimenti sociali, fra un rapporto e l'altro sulle novità che caratterizzano il Paese, si propone di essere un provocatorio richiamo a deputati e senatori (ieri si sono trovati sul banchi il documento, 40 pagine fitte) per i loro prossimi cinque anni di lavoro. Il consiglio di De Rita è perentorio: c'è un .cimitero delle parole^, un 'armamentario di governo di questi ultimi annU che va dimenticato. Ecco il repertorio da non .rimasticare., che deve costituire un « "ce fu" (è stato, è passato, è consumato) nella cultura di governo- : i piani di settore, le riforme di settore, le leggi di incentivazione, 1 plani regionali, le sistemazioni di precari fatte passare per riforme, le manovre macroeconomiche, la deregulation, i progetti di medio termine. In questo •cimitero» il Censis mette anche .la programmazione', almeno quella che Infiammò gli anni del centro-sinistra con il .Progetto 80» di Ruffolo e Gioliti e fini in un mpiano dei sogni* e l'ultima della quale si è sentito parlare dall'esecutivo, quella di Giorgio La Malfa, ministro del Bilancio, attraverso il •Fio» (Fondo investimento e sviluppo). Dunque nessuna velleità di tornare pila «progettualità degli antichi programmatori', bensì un processo nuovo, quello che appunto viene definito come la «nasetto di una nuova cultura di governo', che deve passare attraverso il rilancio di due realta sicuramente in crisi: il sindacato (che nel minirapporto sono definite come'«/orse sociali') e gli Enti locali (cioè • l'articolazione territoriale dei poteri'). Da che cosa nasce un ap¬ pello cosi Inusuale, che ribalta (come riconosce la premessa) le teorizzazioni di una •primazia dello sviluppo per evoluzione e non per progetto, della vitalità spontanea, della complessa ma quotidiana autoregolamentazione delle dinamiche economiche e sociali'? De Rita, insieme a Andreatta e Prodi, fa parte di quel gruppo di consiglieri che sostenne l'affermazione di De Mita alla guida della de come riformatore laico del partito, anche contro le radicate concezioni •giustizl&liste» e asslstenzialistiche. Oggi, di quella critica sembra rimasto poco. Certo, è presto per dire se prelude a un cambiamento di linea anche nella politica economica democristiana, che intende. adeguarsi alle novità. Ma il passo compiuto dal rapporto difficilmente può essere inteso come casuale. Governare paga. E' il messaggio che secondo il Censis viene dal risultato elettorale. Infatti è stato dato -un premio alle forze che hanno garantito stabilità al sistema nel corso della passata legi| statura', mentre sono state punite quelle che si sono opposte alla •ristrutturazione che il sistema ha seguito in questi ultimi anni.. Ma se finora tutto è andato bene, se le imprese sono riuscite a rimettersi in sesto, se Insomma 1'.Azienda Italia» ha colpito 11 mondo per le sue capacita di ripresa, ora tutto questo non basta più. Occorre appunto sapere scegliere, per diverse ragioni: la stabilità non è più assicurata; si è chiuso «un ciclo compatto di governo, sema che se ne veda il passaggio successivo' ; crescono i temi sui quali •non è facile andare avanti senza decisioni politiche, dall'energia alle questioni urbane: Aiutare l'Azienda Italia. Il concetto che emerge da questo capitolo del quaderno Censis è che le aziende hanno fatto ciò che potevano per diventare competitive, ora occorre rivedere le 'diseconomie esterne di sistema'. Ecco le indicazioni per questa perestrolka italiana. In primo piano ci sono fibre ottiche, treni superveloci. cavi ad alta tensione: sono le • refi di modernizzazione' telematiche, di alta velocità ed energetiche. Poi vengono le infrastrutture per i centri direzionali, le fiere e gli interponi, il decongestionamento delle grandi città. Infine il «miglioramento delle vecchie reti'-, approvvigionamento idrico, fognature, piccole infrastrutture. In una parola, occorre tornare alla politica delle opere pubbliche che avviò Tiri negli Anni 60 e che sostenne il primo «boom» italiano. Ma il Censis avverte che occorre più coerenza in questo settore, «se non si vuole che l'azione infrastnitturale sia per anni ancora quel pozzo senza fondo che è diventata in questi ultimi tempi'. E la critica al sistema pubblico torna a farsi sentire nei confronti delle 'grandi macchine eccedentarie' dei servizi, che hanno creato un «tosso» tutto nostrano, la moltiplicazione degli apparati: •quattro servizi postali' (pubblico, agenzie di recapito, corrieri e ponyexpress); «tre diverse sanità' (Usi, cllniche e medicina non ufficiale) e •tre sistemi formativi' (scuola statale, quelle private e la formazione professionale). I pericoli del futuro. Il Censis parla di «incrinatore» del sistema, ma i rischi sono precisi: degrado dell'ambiente, specie nelle grandi città, con invivibilità urbana; crisi del welfare-State (lo Stato assistenziale) e dell'accumulazione pubblica, visto che si esalta troppo quella privata; li formarsi di possibili tensioni sociali. Sono queste le difficoltà che si delineano all'orizzonte, ma De Rita insiste soprattutto sui •processi di marginallzzazione» che possono nascere •dal carattere molto selettivo dell'attuale logica economica'. Si prospetta l'affacciarsi di nuove fasce di dropouts: «/ prepensionati, i giovani che tk.i trovano lavoro, le donne che non riescono ad accedere al mercato del lavoro, i portatori di handicap più o meno gravi». Tutti questi sono problemi di una società cresciuta troppo in fretta, che può creare «buchi neri» anche In campi non legati strettamente alle dinamiche economiche. Qui l'allarme del rapporto è molto preciso: si assiste a un 'declino dei livelli culturali personali', sia in campo scolastico sia nei mezzi di comunicazione di massa, mentre -/a cultura si adagia nella mediocrità'. Sui luoghi di lavoro. Il •nuovo riformismo' che va adottato per incrementare le novità emergenti dalla realtà delle imprese, dovrà badare a tre fenomeni: la nascita di un 'Continuum tra attività produttive e terziario'; raffermarsi del •capitalismo sottosistemico' : cioè 1 gruppi che combinano in modo strategico varie logiche settoriali; infine un sempre maggiore «mix pubblico-privato., In alcuni campi di Intervento: la riqualificazione di grandi aree urbane, da Torino a Napoli, le tecnologie avanzate, l'emergere dell'Industria Verde. Le nuove regole. L'analisi si conclude con una sorta di appello al governanti di questa decima legislatura che si è appena aperta affinché sappiano •riprendere il gusto del futuro- e si pongano uno •sforzo di innovazione culturale sul concetto e sulla configurazione di Stato: Ma soprattutto, dopo anni di «brìglie sciolte» in economia, si deve tornare a una •ri-regulation, specialmente nei campi dove la deregulation ha avuto effetti perversi (Mezzogiorno, opere pubbliche ecc.)'. E' questo forse il consiglio, l'ultimo, che più farà discutere, in questo lungo elenco di indicazioni per il buon governo, per rimettere in moto una capacità «che da tempo si è ingessata-. Gigi Padovani

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