Eurythmics: una cascata di ghiaccio bollente di Alessandra Pieracci

Eurythmics: una casotto di gMagio bollente Suggestioni classiche, tecnopop e gelido erotismo nel concerto allo Stadio di Torino Eurythmics: una casotto di gMagio bollente Un'esibizione di un'ora e mezzo con Annie Lennox in continuo atteggiamento di sfida - Coprotagonisti gli UB 40: un reggae in stile inglese TORINO — Una cerniera lampo si schiude lentamente alle note di Sex Crime e rivela la studiata nudità di un palcoscenico nero incorniciato da setosi drappi bianchi che ricevono le pennellate cromatiche di un raffinato gioco di luci. Le ombre dei musicisti si proiettano gigantesche sugli spalti dello stadio. La studiata eleganza dell'immagine, lo sberleffo del contrasto (completo nero e camicia bianca, ma il cappotto-frac è in pelle con applicazioni geometriche di bottoni) riassumono, ih Una sorta di drammatizzazione visiva, la musica degli Eurythmics. Annie Lennox e Dare Stewart, nel loro unico concerto italiano al Comunale, martedì sera, al termine del lungo Pop-Day die ha dato il via alla grande estate musicale torinese, hanno rovesciato su venticinquemila spettatori una cascata di ghiaccio bollente. Gli echi stilistici sono molti: la tradizione europea e i Beatles, Bob Dylan e le ballate americane, la block music del soul e del rhythm'n'blues, il punk rock, il tecnopop, il country e, perché no?, anche la contaminazione classica non solo in una certa sintassi sinfonica (oh, i vecchi Pink Floyd!), ma anche in una palese riproposta, come la Toccata e fuga in re minore di Bach che introduce Sweet Dreams. GII Eurythmics fondono l'esperienza musicale del passato in uno stile personale, di algida bellezza. Annie Lennox, voce , scura tra le piti belle degli ultimi anni, è il simbolo vi; vente dei loro due volti musij cali: gelido distacco e sensuale complicità. Ma il suo non è il caldo erotismo del rock e del blues, ■ lei non ha il fuoco delle block star. Piuttosto il fasci i no cerebrale di una sottile I perversione. Oli occhi azzurri brillano duri sotto i cortis< simi capelli biondi (quante . ragazzine con il taglio androgino della Lennox tra il pubblico). Si muove, salta, balla, ammicca dal palcosce. meo, ma non è un invito, è una sfida. E anche alla fine, quando sulle note di Would I Ile to you rimane in reggise¬ no rosso, quel pizzo incongruo con i pantaloni e gli stivali militari sembra solo un'ostentazione di narcisistica bellezza. Annie Lennox ha visto la differenza tra Diva e star e ha scelto il fascino intoccabile del Mito. Intorno a lei, alla sua voce che scandaglia oscure profondità, la chitarra trascinante di Dove Stewart, la mente degli Eurythmics. Con loro un gruppo di musicisti di alto livello: Clem Burke alla batteria, Patrick Seymour alle tastiere, Jimmy •Z» Zavala a far acrobazie con sax e armonica, Chucho Merchan al basso e la vocalist Joniece Jamison a sostenere Annie Lennox in quegli acuti che, forse per l'intervento alla gola dell'anno scorso, non sembra in grado di sostenere come nelle incisioni. Così, dopo Sex Crime, arrivano il country rock di Let's go, Ball & Chain, la ballata malinconica He re comes the raln, con Annie Lennox e Dove Stewart soli in palcoscenico per un duetto di voce e note classiche di chitarra, Baby's coming back, il romantico languore di When tomorrow comes, e poi There must be an angel, Who's that girl, Thorn In my side in versione reggae, la celeberrima Sweet Dreams, in/ine il funky di Would I Ile to you. £' la conclusione, dopo un'ora e mezzo di musica, dalle 21.45. Il pubblico èpro^' .vqto, stanco, forse un_j/sl.d£>, staccato, ma chiede i bis. E allora, con Annie Lennox debitamente rivestita, arrivano Mlsslonary Man, Sisters (quella che, nell'album Be yourself tonight, era cantata dalla Lennox in coppia con Aretha Franklin, ed è un manifesto di liberazione femminile) e, alla fine, The miracle of love. La festa rock è terminata, si aprono tutti i cancelli e gli spettatori sfollano: le camicie fradicie di acqua e sudore, l'aspetto disfatto fanno individuare gli irriducibili che hanno sfidato il sole bruciante per partecipare all'intera kermesse: gli In Tua Nua, i Big Audio Dynamlte e soprattutto le co-star della serata, gli UB 40. Nome che deriva dal modulo inglese per il sussidio di disoccupazione, James Brown (batteria, voce), Ali Campbell (chitarra, voce), Robin Campbell (chitarra, voce), Norman Lamont Hassan (trombone, percussioni), Earl Falconier (basso), Brian Travers (sax), Michael Virtue (tastiere), Astro (tromba, voce) hanno raccolto l'eredità reggae innestando sulle radici caraibiche un po' di lezione britannica. In parte di origine giamaicana, con i riccioli fino alla vita, in parte bianchi, gli UB 40 sono al loro ottavo album in otto anni. E questo Rat in the kitchen sembra confermare la presa sui nuovi giovani di una musica che, una generazione fa, aveva avuto altri significati e altri profeti. Il prossimo appuntamento con la grande musica a Torino è per il 18 con David Bo- wie- Alessandra Pieracci ■

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