Il pianeta più lontano gioca a nascondersi

Il pianeta più lontano gioca a nascondersi Il pianeta più lontano gioca a nascondersi SIN da quando venne scoperta — nel 1930 — Plutone è stato per gU astronomi un rompicapo. SI riteneva di averlo trovato in base alle perturbazioni che la sua attrazione provocava sull'orbita di Nettuno, il più lontano dei pianeti fino ad allora conosciuti; era stato avvistato infatti non molto lontano dalla posizione Indicata dai calcoli di Percival Lowell, l'astronomo americano che agli inizi del secolo si era guadagnata larga popolarità con la sua Ipotesi sulla natura artificiale dei canali che apparivano solcare in fittissima rete le sue mappe di Marte. Ma ben presto ci si accorse òne i conti non quadravano.VLa meccanica celeste, la sciènza'che ha consentito di -pesare. 11" Sole, i pianeti e perfino lontanissime stelle, diede la sua sentenza inappellabile: Plutone non era 11 pianeta cercato. Infatti per causare le perturbazioni osservate nel moto di Nettuno avrebbe dovuto avere una massa almeno doppia di quella della Terra e quindi — a meno di non ammettere che fosse costituito da materia inverosimilmente densa — avrebbe dovuto essere più grande della Terra. In questo caso pero invece di apparire come una debole stellina visibile solo con potenti telescopi avrebbe dovuto apparire cosi luminoso da essere visibile anche con un cannocchiale da dilettanti. D'altra parte, data la distanza (3 miliardi di chilometri), il pianeta si mostra come un semplice puntino luminoso e una misura del diametro era un'Impresa quasi impossibile; comunque ci si provò negli Anni 50 Gerard Kuiper e ottenne, con grande incertezza, un diametro di 6000 chilometri, meno di metà di quello della Terra. Una trentina d'anni fa gli astronomi riuscirono perfino ad accorgersi che Plutone gira su se stesso impiegando 6 giorni e 8 ore a compiere un giro completo; ciò è mostrato dal fatto che quel puntino luminoso mostra fluttuazioni di luminosità che si ripetono sempre uguali secondo tale periodo. Ma una misura della massa non si riusciva ad averla: massa, diametro e densità della materia sono tre quantità legate tra loro; anche prendendo per buono il diametro misurato da Kuiper, per avere la massa bisognava fare un'ipotesi sulla densità. Fu nel 1978 che un'inaspettata scoperta offri agii astronomi l'Insperata possibilità. Su fotografie ottenute con un grande telescopio dell'Osservatorio della Marina degU Siati Uniti, la minuscola immagine del pianeta mostrò una deformazione — una specie di piccola protuberanza — che da una notte all'altra appariva orientata in modo diverso e che ben presto risultò fare un giro completo in circa 6 giorni e mezzo, pressappoco lo stesso tempo che il pianeta impiega a compiere una rotazione su se stesso. La spiegazione più ovvia fu l'esistenza di un satellite che 1 mezzi ottici non riuscivano a mostrare completamente separato dal pianeta e che compie una rivoluzione nello stesso tempo che 11 pianeta impiega a compiere una rotazione. Questo satellite — che ricevette il nome di Caronte — arrivava a malapena a rivelare la propria esistenza e si è riusciti a intravederlo soprattutto grazie al fatto che Plutone in questi decenni si trova in prossimità del punto più vicino della Soltanto tra 124 anni ci sarà un'altra occasione così \ favorevole per studiare il pianeta scoperto nel 1930 sua orbita. .Tuttavia, ricorrendo alle tecniche più raffinate, come l'elaborazione digitalizzata delle immagini, fu possibile stabilire che descrive un'orbita circolare alla distanza di 20.000 km dal centro del pianeta. A questo punto la meccanica celeste potè dare il suo responso: con tale distanza e con quel periodo di rivolu' zlone, la massa del sistema Plutone-Caronte deve necessariamente essere 1,7 millesimi di quella della Terra. rfangj Plutone bita alquanto incerta di Caronte mostravano che una serie di eclissi avrebbe dovuto aver inizio fra il 1980 e il 1985 e terminare 4 o 5 anni più tardi. Le eclissi sono per gli astronomi occasioni prelibate: dal loro studio è possibile ricavare un'incredibile, quantità di dati e in particolare stabilire con grande precisione la distanza fra i due corpi che si eclissano e i rispettivi diametri. Con grandi telescopi in- • stallati in California,' nel Texas e sul monte Mauna Kea alle Hawaii gli astronomi cominciarono agli inizi del 1980 a sorvegliare assiduamente con tecniche di alta precisione la luminosità di Plutone e finalmente, il 36 gennaio 1985: l'éguipe californiana riuscì a percepire un tenuisslmo indebolimento di luce della durata di pochi minuti: la serie delle eclissi aveva avuto inizio. Si trattava di un'eclisse parziale, quasi radente, ma col passare del mesi Terra,' Plutone e Caronte si sono avvicinati sempre più alla condizione di allineamento perfetto, per cui le perdite di luce sono divenute, nelle successive eclissi, sempre più forti e meglio studiabili. La serie delle eclissi durerà ancora un paio d'anni e alla fine se ne saranno verificate varie centinaia; solo una parte di queste potranno però essere osservate, sia per 11 maltempo sia perché ogni anno Plutone resta per tre o quattro mesi * -nascosto nella luce del Sole. ' Dagli eventi finora osservati si è potuto stabilire con grande precisione 11 periodo di rivoluzione del satellite che è risultato 6 giorni, 9 ore e 17 minuti, esattamente uguale al periodo di rotazione del pianeta: .1 due corpi ruotano quindi in perfetta sincronia, sicuramente rivolgendosi sempre la stessa faccia, un accoppiamento inesorabilmente perseguito nel corso di miliardi di anni dalla forza di attrazione reciproca. La distanza fra pianeta e satellite è risultata 19.100 km e la massa del sistema è risultata cosi confermata e precisata; ma soprattutto è stato possibile stabilire che'l diametri di Plutone e Caronte sono rispettivamente 2200 e 1100 km. il problema fondamenta' ■ — trovare la massa e le dimensioni di Plutone — è stato cosi finalmente risolto. L'osservazione di numerose eclissi, nelle quali verranno occultate regioni diverse del pianéta, consentiranno anche di dedurre informazioni sulla struttura della superficie e trovare conferma ai dati spettroscopici secondo cui il paesaggio di Plutone è un deserto di ghiacci di metano. Bisogna perciò sfruttare al massimo le più raffinate tecniche di osservazione e col calendario delle .eclissi alla maro non perdere nel corso di questi due anni nemmeno un'occasione favorevole. Plutone infatti concederà un bis dello spettacolo soltanto nel XXII se- cola Piero Tempesti TRA poco più di un anno due sonde sovietiche partiranno verso Marte. L'obiettivo però non è tanto D «pianeta rosso» quanto 1 suoi dintorni, e in particolare 11 suo satellite Phobos. In certo senso sarà un sopralluogo, una ricognizione. Forse anche una prova generale in vista dello sbarco dell'uomo. Esplorare Phobos, Inoltre, significherà vedere per la prima volta da vicino un corpo celeste che somiglia a un asteroide, e anzi è probabilmente proprio un asteroide . imprigionato centinaia di milioni fa dall'attrazione gravitazionale di Marte. > Le sonde si chiamane •Vesta* e sono in grado di portare mezza tonnellata di , strumenti, il doppio del ca- ' rlco delle navicelle «Vega» che hanno visitato Venere e • la cometa di Halley. In quei 500 chili ci sono 21 strumenti: non soltanto sovietici ma anche francesi, tedeschi, austriaci, svedesi, svizzeri e dell'Esa (Agenzia spaziale europea). Oli esperimenti più importanti riguardano IL 17 giugno un tratto della spiaggia di Cafona, l'ultimo rione a nord della città di Reggio Calabria, è sprofondato urinare'. , I sub del vigili del fuoco, im-, mediatamente intervenuti, hanno rilevato sotto costa una voragine marina profonda una ventina di metri e del diametro di centocinquanta. «A tre o quattro metri dalla spiaggia il mare ribolliva, poi la terra è sprofondata scomparendo per un buon tratto», è stata la testimonianza di un pescatore che si trovava là al momento dell'evento. E' l'ennesimo episodio di franosi!a di questa terra: non per niente la Calabria fu definita da Giustino Fortunato «uno sfasciume penduto sul mare». Tutto l'arco calabro-peloritano, il complesso geologico che comprende la Sila, le Serre, l'Aspromonte e 1 Monti Pelorltanl all'estremo nord-orientale della Sicilia, è soggetto a intensi sollevamenti, valutabili a seconda delle zone nell'or] dine di parecchi millimetri all'anno. Ciò provoca da un lato una sorta di endemica fragilità del versanti, sede di periodiche mobilizzazioni di grandi volumi di roccia perché fra loro squilibrati dal sollevamento; dall'altro lato un'erosione superficiale intensissima, evidente in particolare lungo gli alvei delle fiumare. Da alcuni anni è viva la discussione sulle cause delle deformazioni profonde che interessano le aree in sollevamento. Secondo alcuni geologi si tratta semplicemente di enormi movimenti franosi, secondo altri invece all'origine del collasso ci sarebbero le discontinuità provocate nella roccia viva dai plani di faglia e di scorrimento lungo i quali avviene 11 movimento. Nel ASTRONOMIA: Tutto dò che si sa di Plutone, di Piero Tempesti, dell'Università di Roma / GEOLOGIA: La frana di Reggio Calabria, di Augusto Biancotti, dell'Università di Torino / MATEMATICA: Applicazioni di Università di Padova / GEOFISICA: Nel mantello terrestre, di Michele Dragoni, dell'Università di Bologna

Luoghi citati: Calabria, California, Hawaii, Reggio Calabria, Sicilia, Texas