Prendi una fiaba e curati di Tilde Giani Gallino
Prendi una fiaba e curati Prendi una fiaba e curati DA tempi antichissimi si è riconosciuta ai racconti favolosi una fa- ' colta terapeutica; sacerdoti e sciamani li hanno utilizzati — insieme a quelle narrazioni involontarie che sono i sogni — per guarire sia i mali della mente, sia quelli del corpo, sovente del resto interdipendenti. La psicanalisi moderna: ha ripreso quelle pratiche immemorabili: Bettelheim si serve delle fiabe tradizionali nella terapia dei bambini affetti da gravi turbe psichiche, mentre la scuola junghiana, come si sa, lavora piuttosto sulle immagini oniriche affiorate dall'inconscio del paziente durante una fantasticheria, o sogno ad occhi aperti. Tilde Giani Gallino con il suo libro II fascino dell'immaginario vuole aiutare chi, per mancanza di abitudine o per razionalità male applicata, si ritiene incapace di fantasticare, fornendogli non una fiaba già nota ma un racconto originale, diviso in capitoli, con il quale il lettore in pratica può diventare il terapeuta di se stesso; purché naturalmente lo usi con le dovute, modalità, che trova esposte in altri capitoli intercalati, di carattere divulgativo. Questa parte divulgativa si vale di un linguaggio semplice e chiaro, e anche accattivante e persuasivo; mancando infatti la mediazione dello psichiatra in prima persona, qui è il libro a dover vincere da solo le resistenze del lettore-paziente, calmarne le inquietudini e convincerlo a intraprendere la terapia. Sintende che può essere letto anche da chi non abbia questa intenzione; e con molto interesse, trattandosi di un libro sull'immaginazione, facoltà trascurata e sovente misconosciuta, che molti giudicano dispersiva e inutile, mentre, ricorda l'autrice, è una necessità non meno naturale e fondamentale del bisogno di nutrirsi e di dormire. Immaginazione, fantasia, non significano soltanto evasione e passatempo; al contrario, possono pescare nel profondo e sciogliere i duri nodi delle idee fisse col movimento di una narrazione. Volendo mantenere una distinzione tra i generi, questa della Giani Gallino più che una fiaba si potrebbe definire un romanzo di fantasy, del quale ha l'indeterminatezza di tempi e luoghi, il carattere leggendario e gli indugi psicologici e descrittivi che la fiaba, lineare e rapida, .non conosce. L'indugio è certamente voluto, essendo indispensabile dare al lettore, il tempo di immergersi nella situazione narrativa di ogni capitolo; come pure è voluto il fatto che la trafila di avventure affrontata dall'eroe (o dall'eroina: per favorire l'identificazione, il sesso del protagonista rimane indeterminato) sia meno dura e crudele di analoghe trafile fiabesche. Non mancano i momenti inquietanti, ma si risolvono volta per volta abbastanza rapidamente, dando all'insieme un ritmo ondulante che sembrerebbe dover avere già di per sé un effetto pacificatore. La trama è intessuta di immagini affascinanti, in quanto scelte tra quelle che nei secoli si sono maggiormente caricate di valenze simboliche: la fonte della felicità, la foresta, la montagna calamita, la caverna sotterranea (in duplice versione), il motivo basilare del rifugio amico in cui lo scampato dalle traversie del mondo esterno viene rifocillato con cibi e bevande. Le immagini sono variate con perizia, così da risultare sovente originali, oltre che fondamentali: per esempio il mare d'erba non è una comune prateria ma un vero mare in cui si nuota e si pescano animali simili a pesci. Il "racconto per guarire" è un bel racconto anche a leggerlo disinteressatamente; vi risplendono i vivi colori di un medioevo fantastico, le foglie del melograno di ferro sopra la fontana cambiano tinta a seconda delle stagioni, mentre la catapecchia nella steppa si rivela, all'interno, una casa comoda e bene ammobiliata in cui viene servito un ottimo tè. Beatrice Solinas Donghi Tilde Giani Gallino: «Il (ascino dell'immaginario», S.E.I., 250 pagine, 18.000 lire.
Persone citate: Beatrice Solinas Donghi, Bettelheim, Giani Gallino, Tilde Giani Gallino
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