Il pm chiede 11 anni di carcere per uno dei boss di Agrigento di Lorenzo Rosso

Al maxiprocesso contro la «famiglia» smascherata in Canada Al maxiprocesso contro la «famiglia» smascherata in Canada Il pm chiede 11 anni di carcere per uno dei boss di Agrigento Antonio Ferro, seco ndo l'accusa, collaborav AGRIGENTO — Mentre a Palermo magistrati, sociologi e politici tentano un'analisi dell'evoluzione della mafia sullo scenario della Sicilia del Duemila, ad Agrigento una delle cosche «esemplari, per le sue connessioni con Cosa nostra al di là dell'Atlantico è sotto processo. Sabato e per il terzo giorno, la parola è toccata ancora al pubblico ministero che ha sollecitato undici anni di reclusione per Antonio Ferro, il settantenne boss di Canicatti. ritenuto colpevole di associazione per delinquere di stampo mafioso ed elemento di spicco di .Cosa nostra» ad Agrigento. Altri undici anni di carcere sono stati chiesti per Gioacchino Pitruzzella e sei anni per Antonio Guarnerì. Sono queste le prime richieste che Salvatore Cardinale, pubblico ministero al maxiprocesso, ha fatto contro tre dei cinquanta imputati di associazione per delinquere di stampo mafioso. Nel giorni scorsi il rappresentante dell'accusa nella sua arringa aveva parlato a lungo delle complesse indagini che si erano dovute svolgere in istruttoria per riuscire ad identificare ed arrestare i mafiosi agrigen¬ a con il capomafia Coll tini, oltre che Individuarne 1 collegamenti intemazionali. Indagini che partivano addirittura dal Canada. In un bar dì Montreal infatti, il •Bar Reggio», la polizia canadese nel 1978 riuscì a registrare di nascosto alcune conversazioni che avvennero tra diversi boss mafiosi italo-americani. Dalle intercettazioni dei mafiosi la polizia canadese riuscì a ricostruire l'organigramma di alcune cosche siciliane, e di Agrigento in particolare. Non solo: attraverso quelle registrazioni fu possibile tracciare una vera e propria mappa degli interessi mafiosi nell'isola, interessi incrociati fra le centrali americane e quelle isolane. Il dossier contenente le intercettazioni venne poi inviato alla Questura di Agrigento e proprio da queste registrazioni partivano le prime indagini che portarono poi al rinvio a giudizio dei cinquanta presunti mafiosi della zona. Personaggio-chiave di tutta la vicenda, secondo il pubblico ministero, sarebbe stato il boss di Ribera. Carmelo Colletti, poi assassinato in un regolamento di conti nel luglio del 1983, che per almeno un decennio avrebbe capeggiato e coordinato le atti- etti, ucciso nell'83 vita e gU Interessi mafiosi nell'Agrigentino. Carmelo Colletti è stato descritto da Salvatore Cardinale come -un mafioso dal grande carisma che aveva contatti con i boss italoamericani e che usava le intimidazioni per estorcere denaro e favori-. Ma il boss Colletti non agiva evidentemente da solo. Secondo la pubblica accusa infatti a dargli manforte c'era Antonino Ferro, di Canicattl •che da sempre tier.e alto il blasone mafioso detta famiglia — come ha de' to testualmente Salvatore Cardinale — poiché egli i figlio di un capomafia e quinti, uomo di rispetto-. Dopo Antonio Ferro il pubblico ministero ha tracciato il profilo di tutti gli altri imputati cercando di dimostrare che un po' tutti hanno avuto a che fare con Carmelo Colletti e con il Ferro: rapporti naturalmente che sono riconducibili all'attività mafiosa. Per questi imputati coinvolti nella vicenda giudiziaria, martedì, alla ripresa del processo, il pubblico ministero formulerà le richieste, terminando la sua lunga requisitoria che finora ha già occupato ben tre udienze. Lorenzo Rosso