« Stragi? Non c'entro» di Vincenzo Tessandori

g |i : :—! « Stragi? Non c'entro » Delle Ghiaie depone sull'attentato alla stazione di Bologna i g |i : :—! « Stragi? Non c'entro » «Della lotta armata sento solo la responsabilità morale: era il prodotto del nostro fallimento politico» - n racconto dei 17 anni di latitanza, dalla Spagna all'America Latina DAL NOSTRO INVIATO BOLOGNA — La strage? .E' di Stato, naturalmente*. La lotta armata? .Mai condivisa e mai sostenuta.. L'associazione sovversiva? *Ho sempre fatto politica: Rapporti col ministero degli Interni? .Mai avuto contatti con organismi dello Stato*. Le accuse? .Sono stato costantemente calunniato*, m «boia di Lione», Klaus Barfa le? *L'ho conosciuto in Bolivia, con un altro nome, gli avrei comunque stretto la mano*. L'olocausto? .Se fosse così, come l'hanno raccontato, non sarei d'accordo: ma la storia è scritta dai vincitori*. La voce è alta, il tono autoritario, difficile nasconderne l'aggressività. Una cartellina azzurra e il volume dell'ordinanza di rinvio a giudizio sotto braccio, Stefano Delle Chiaie. detto •Caccola*, catturato tre mesi fa a Caracas dopo 17 anni di latitanza, appare disinvolto davanti ai giudici della corte d'assise di Bologna dove si svolge 11 processo per l'attentato dell'agosto 1980 alla Stazione Centrale nel quale 85 persone furono assassinate e altre 200 ferite. L'accusa parla della sua partecipazione a un'associazione sovversiva. .Reato politico, come politico è questo processo* dice subito «Caccola», n presidente, Mario Antonacci, lo ammonisce a non usare .espressioni ingiuriose*. Lui risponde: .Per alcuni possono essere ingiuriose, per me sono riscontri di fatti*. E' un protagonista, non una comparsa, e anche se parlare di stragi non conviene mai, rivendica il ruolo. Ha promesso verità rivelate, si capisce subito che le sue saranno verità politiche, forse soltanto mezze verità. Parla per quasi quattro ore. Risponde alle domande e per ogni risposta dà una -spiegazione. • '.Ho sempre detto che lo stragismo non d riguarda. E' uh fatto estraneo alla nostra ideologia. E' un fatto criminale e infame, estraneo anche alla mia condotta di uomo, personale e politica. Risponde alla follia e alla criminalità di chi lo ha inventato e che, a mio parere, è all'interno del sistema. Ma non riguarda Avanguardia Nazionale e i miei camerati. Il primo beneficiario dello stragismo è il pei, perché da una strage, da piazza Fontana, parte il suo avvicinamento al potere. Quando i servizi sbagliano si parla di servizi deviati. Deviati da che cosa poi non si sa. Mai una volta che un ministro sia chiamato a rispondere, neppure a titolo di idiozia. Basta invece che un militante qualsiasi, in un posto qualsiasi, faccia qualcosa e pagherà tutto il gruppo. Questo processo mi vede insieme al generale Musumeci, che è il primo responsabile delle deviazioni nella mia direzione, a partire da piazza Fontana. Ci si ferma a lui e a Gelli, senza andare oltre*. Poi aggiunge: .Se devo rimanere in carcere, cosa che non mi spaventa, è perché ho fatto politica. Non accetto che questo sistema faccia le stragi e poi le scarichi su di me*. Lotta politica, dice, non lotta armata, anche se qualcuno dalla sua parte è diventato un terrorista e ha assassinato. .Della lotta armata sento la responsabilità morale, non possiamo lavarcene le mani. Essa era il prodotto del nostro fallimento politico: Parla spedito, sicuro, racconta la sua vita di latitante che definisce dura, ma che non dovette essere poi tanto sgradevole se è vero quanto asserisce: per lunghi periodi, dice, fece da consigliere al generali golpisti boliviani (con Barbie, che si faceva chiamare Klaus Altman, dalla Bolivia lo accusano di aver fondato il gruppo «Los novios de la muerte». «Oli sposi della morte» formato soprattutto da tedeschi. Lui nega); poi, passato In Argentina, godette dell'amicizia di alcuni generali e ammiragli coinvolti nella «sporca guerra» che ha provocato oltre 30 mila desaparecidos. Accenna al preteso antagonismo con Lieto Gelli. .questo gran massone*. Aveva anche tentato d'intromettersi, come consigliere, nella rivoluzione in Angola; in Cile fu vicino agli uomini di Plnochet. Non lo dice ma quella che sembra voler accreditare di sé è un'immagine di statista mancato. Mancato non tanto per le Idee sbagliate quanto per la sorte maligna. Tutto comincia molto in là nel tempo, dice, negli Anni Cinquanta. Ma è nel dicembre 1969, dopo piazza Fontana, che la sua personale storia diventa la storia di un latitante. .Non raccontai che Mario Merlino era a casa mia, ci fu un'accusa di reticenza e falsa testimoniamo. Anche noi facemmo un'inchiesta, dopo una settimana sapevamo che Valpreda non c'entrava niente con l'attentato alla Banca dell'Agricoltura*. Ma rischiava le manette, cosi decise di andarsene. La Spagna, 1 contatti con 1 «camerati» rimasti in Italia, i ripetuti ritorni clandestini fino al 1979. .E'più facile entrare che uscire dall'Italia, mi creda, presidente. Se ne renderà conto quando lei non passerà più per le frontiere normali», dice facendo uria gaffe forse voluta. Parla poi degli estremismi non più .opposti* ma .confluenti*. Parla, puntualizza, risponde, chiede dozzine di confronti. Soprattutto vuol dimostrare di prevenire le domande. Racconta anche di quando il capitano Antonio Labruna, dei servizi segreti, 10 cercò a Barcellona per chiedergli aiuto nella sistemazione, in Sud America, di Franco Preda e Giovanni Ventura, imputati per piazza Fontana, che si dovevano far evadere. B contatto, dice, sarebbe avvenuto attraverso 11 giornalista Ouido Paglia, licenziato poco tempo prima dal Giornale d'Italia dopo la pubblicazione di una notizia sull'indagine per un finanziamento a Pino Rautl attribuito a Bruno Riffeser. genero dell'editore Attilio Monti. Poi il giornalista fu riassunto, fu lui a spianare la strada verso Delle Chiaie all'agente segreto. Delle Chiaie parla diffusamente su questo episodio per far capire a tutti di essere in possesso di molte «verità», comprese le più scomode. Lascia anche cadere il nome di Andreotti: .Labruna si disse un suo fedelissimo*. Poi fa il nome di Saragat. La sua storia, però, non è finita, anzi, lascia capire che è solo agli inizi. Oggi riprende. Vincenzo Tessandori Bologna. L'imputato Stefano Delle Chiaie risponde alle domande dei giudici durante l'udienza di ieri