L'esame rivalutato di Giovanni Trovati

L'esame rivalutato L'esame rivalutato (Spesso, per assumere un laureato, si chiede il punteggio della maturità) Dopo le ubbie del '68 si va riscoprendo che gli esami, tutti, sono utili, perché inducono gli alunni e i docenti a un maggiore impegno. Anche la maturità riacquista prestigio e diventa un punto di riferimento per il futuro del ragazzo, tanto che numerose aziende, prima di assumere un laureato, vogliono conoscere quanto aveva reso nelle secondarie superiori. Forse perché si diffonde una certa sfiducia per l'università quale è oggi. Perché un esame sia valido il presupposto è che sia serio e sia condotto secondo criteri il più possibile uniformi. Per questo il legislatore aveva voluto che i commissari della maturità fossero esterni (più un "membro interno) e provenienti da città diverse da quella dove ha sede la scuola. La norma un tempo era in generale rispettata. Oggi molto meno, e soprattutto per ragioni finanziarie. La diaria di trasferta per i commissari che sono presidi di istituto o docenti di ruolo è di 39.600 lire nette. Se i docenti non sono di ruolo la diaria scende a 28.800 lire. In più c'è un forfait di 732 mila lire lorde per i presidenti di commissione (al netto circa 500 mila) e di 482 mila per i commissari (al netto circa 350 mila). Poiché quest'anno la maturità impegna i membri delle 6463 commissioni dal 19 giugno al 15 luglio, il forfait si traduce in una somma che va mediamente dalle 20 alle 15 mila lire nette il giorno. Un presidente di commissione Quindi deve vivere fuori casa con meno di 60 mila lire il giorno, un commissario di ruolo con 55 mila, un commissario non di ruolo con 42 mila lire. A chi si fa pagare dal ministero l'albergo, per il solo pernottamento, la diaria di trasferta viene ridotta a un terzo, 13 mila lire per chi è di ruolo e 9 mila lire circa per chi non lo è. Il che significa che per il mangiare e il resto rimangono dalle 33 alle 24 mila lire. I presidenti e i commissari che invece chiedono di rimanere nella città di residenza hanno diritto soltanto al forfait, ma almeno dormono e mangiano in casa e quelle poche centinaia di biglietti da mille sono un'aggiunta allo stipendic. Tutti hanno convenienza a rimanere nella propria città. Si aggiunga che una parte dei commissari nominati dal ministero si ritira all'ultimo momento — la media è del 15 per cento — e i provveditori debbono trovare su due piedi i supplenti, e naturalmente li cercano sul posto. Si finisce per avere commissioni formate in prevalenza da elementi locali e va a farsi benedire la omogeneità di giudizio. Ci sarebbe anche da domandare quale garanzia di verifica offre un commissario che non sia di ruolo, ma si aprirebbe un altro discorso. Rimane un forte dubbio sulla efficacia di un esame di maturità che si limita a saggiare l'allievo solo su una parte del programma di studio dell'ultimo anno. Le prove scritte vertono su due materie, quelle orali su. quattro. Essendo le materie indicate a aprile, accade che gli allievi e i professori si dedicano da quel momento alle sole materie di esame, indipendentemente dalla loro importanza per la formazione. Questo ■ tipo di esame è stato istituito in via sperimentale nel 1969, quando ci si illudeva che era meglio ridurne l'ampiezza per favorire l'approfondimento. E' rimasta la ridicola riduzione, ma l'approfondimento non si è visto. Tutti criticano senza che si ponga mano a un rimedio. Nell'ultima legislatura il governo aveva presentato un disegno di legge che prevedeva tre prove scritte invece di due (la terza una specie di quii pluridisciplinare) e un colloquio su tutte le materie dell'ultimo anno. Ma il disegno di legge si è fermato in Senato. Poiché l'esame può essere cambiato solo.l'anno dopo che sia approvata la legge, già si sa che la maturità del 1988 si svolgerà secondo le norme attuali. Senza sforzo arriveremo a festeggiare il ventennio di un esperimento che si doveva provare una volta sola. Quando si parla di scuola immobile, sempre più arretrata rispetto ai tempi, basta ricordare il caso della maturità. Prima della guerra la prova che chiudeva il ciclo delle secondarie superiori, con il riconoscimento della maturità o il conferimento del diploma, verteva sull'intero programma degli ultimi tre anni. Allora sì che faceva paura, e a ragione. La paura attuale è un'eco. Una scuola di massa di certo non può permettersi una selezione come si aveva in quegli anni. Però una scuola seria non può neppure limitarsi a dire: acanti c'è posto per tutti. Parliamo della scuola che segue a quella dell'obbligo. La percentuale dei promossi alla maturità è costantemente alta: la media lo scorso anno è stata del 93,8, con il 97-99 per cento per gli allievi interni, essendo i bocciati quasi tutti privatisti. Il 99,1 per cento è stato raggiunto nei licei classici del Sud. Simile risultato sarebbe da accogliere con soddisfazione se si sapesse che alla prova finale arriva chi è preparato. Invece si ha l'impressione che sia una sanatoria generosa e anche dovuta da parte di una scuola in larga misura insufficiente. Giovanni Trovati