STORIE DELL'ALTOPIANO Giugno di amori

o di amori STORIE DELL'ALTOPIANO o di amori Le sere di febbraio si passano in casa a guardate il fuoco e ad aspettare la primavera, ma queste sete di giugno dal lungo crepuscolo sono belle da godere camminando per le strade e i sentieri lontano dalle case. Non ci sono ancora-villeggianti e turisti, cercatori di lunghi, cacciatori; i boscaioli contadini sono stanchi per la lunga giornata di lavoro, gli altri sono seduti davanti alla televisione o in discoteca. Cosi, dopo le uscite primaverili delle motociclette che fanno fuggire nel folto i caprioli che bramano l'erba novella ai bordi del bosco, in queste sere puoi camminare in altro tempo. In altri tempi da collocare nel tuo vissuto o nel vivendo che puoi scegliere. In queste passeggiate, per non distogliere il vagabondare della mente e del corpo, non voglio per compagna nemmeno Ambra, la mia cagna spinona. Questo o quel sentiero? Uno vale l'altro, ognuno e qualsiasi può richiamarmi una storia o riservarmi una sorpresa. Al bivio prendiamo la strada che scende dolcemente per la valle o quella che sale diritta verso il monte sul dosso della morena? Qui, da ragazzi, ci conducevano in primavera per la Festa degli Alberi; il bosco era stato distrutto dalla guerra, ora è alto e fitto d'abeti. Pane e formaggio, una gazzosa in tre, una canzone in tutti ed eravamo felici. Quanti ragazzi eravamo! ■ * * Negli anni dopo la prima guerra mondiale, ogni sabato, durante i cento giorni dell'alpeggio salivo per questa strada con mio padre. Lassù, dove la valle si restringe, mi lasciava solo sui calesse dopo aver infilato sul muso del cavallo il sacchetto della biada. Quindi lui saliva alla malga di Monte Zebio e dopo un paio d'ore ritornava con il burrq.jitQdatfo, nella" stttio^na. Per me erano due orediTsilenzio profondo, ovvero silenzio di rumori causati dall'uomo; di isolamento, e anche di misterioso stupore. . Erano suoni precisi quello dei denti del cavallo che frangevano la biada, il battere sui tronchi del picchio nero che cercava le larve, il richiamo dei ciuffolotti sugli apici degli abeti, il frusciare del vento che scendeva dalle montagne più alte. Erano anche mostri fantastici le ombre che le grandi nubi estive proietta- vano sulle rocce che si ergevano cupe sotto il bosco, dall'altra parte della valle. Quando la luce del sole scemava perché lui se ne era andato dietro l'alta costa del monte e tutto era in ombra, temevo di veder apparire la lunga fila dei soldati morti in guerra che da Nord a Sud attraversavano silenziosi le montagne; come avevo sentito una sera ««contare da uno sconosciuto che li aveva visti. Il vento del tramonto muoveva i rami dell'abete bianco dove mio padre sempre fermava il cavallo e io, sdraiato sul fondo del calèsse per proteggermi dagli spiriti della montagna, guardavo il cielo che si incupiva e le prime stelle. Finalmente sentivo la sua voce: «Ei bacia, san qua» e il suo passo sicuro avvicinarsi dal sentiero che scendeva ripido verso la strada. Se invece al tornante lascio la strada e proseguo per la mulattiera, dove da bambino con il nonno raccolsi un verdone con l'ala spezzata, arrivo in un prato fiorito di gigli tossi e di bottoni d'oro con ai margini il rudere di una stai la; era qui che il vecchio Tank che non voleva abbandonare la nostra contrada venne portato dai soldati austriaci nel 1916. Ogni luogo della Terra una vicenda. Un fatto che ci lega al passato: la storia letta nelle cose. Qui, poi, dove si sono vissuti tanti dolori tante fatiche ogni piega del terreno, ogni sasso, ogni piccola sorgente hanno da raccontarmi qualcosa. Ma a chi, oggi, può interessare questo? Questa piccola croce di ferro che ricorda una giovane sposa uccisa dal fulmine molti, molti anni fa? Come sono lontani i rumori del mondo ora che scende la sera. La lunga, dolce sera di giugno riporta anche i volti delle persone amate. Un ^&JS^ T"^ ?x>sco d" ~rocknotto,T un cuculo canta, in Val di Nos; un merlo saluta la seta, o il sole che se n'è andato via dietro il Verena? E un fringuello stanco della lunga giornata si appollaia fra 'rami di un aceto. Scendo verso la mia casa che vedo laggiù dopo il bosco, ma prima mi siedo ancora al bordo della strada ad aspettare i caprioli, Li sento dentro il folto; il piccolo che è nato da pòchi giorni chiama la madre e la madre da pcnncgcsmAnmg. T poco lontano gli risponde come per assicurarlo: son qui, non temere, non ti abbandono. Con una foglia di graminacea stretta e tesa tra i pollici le mani raccolte a conchiglia, soffiando, ripeto il richiamo del piccolo con la speranza di vedere uscire la madre nella mia direzione. Aspetto immobile e in silenzio. Mi risponde. La immagino con le orecchie tese, sospettosa a fiutare l'aria. Ma il mio odore non dovrebbe giungerle. * * L'idillio è interrotto da un grido. E' di un ragazzo che sale per la strada con passo lesto e nervoso, quasi fosse preso da paura. Con gesto di dispetto gli faccio cenno di stare zitto, di non gridare cosi; ma ormai non serve più perché certamente i due caprioli si sono ritirati dentro il bosco.- Il ragazzo mi si avvicina affannato; non è di qui, non lo conosco. Mi chiede dov'è la Casa dei Frati; gli .spiego che è poco lontana, dietro il dosso. Avevo visto che 11 in questi giorni avevano condotto dei minorati dalla città, forse è un parente. Il ragazzo si allontana di corsa, affannosamente dice: «San vedo l'ora di arrivarci» ma fatte poche decine di metri si rimette al passo e si guarda attorno dubbioso, con la mano gli faccio cenno d'andare. Ora dovrei aspettate troppo per rivedere i caprioli al pascolo; la luce del lungo crepuscolo si confonde con quella della Luna che tra poco sorgerà; la notte sarà molto breve e tra poche ore il canto delle cince mi darà la sveglia. Intanto un'automobile rossa sale per la strada, quando mi è vicina rallenta e poi dubbiosa, si 'ferma. Sono una coppia, i! finestrino si abbassa e una donna mi chiede se ho v^sto,» passare <-un ragazzo ^rH nvcrae dove voleva andare. E' il loro figlio scappato da casa che in corriera e a piedi è arrivato fin qui. No, non è stato bocciato a scuola, rispondono alla mia curiosità, è per una ragazza di cui si era innamorato che è scappato. Lei è qui ad assistere i minorati. I loro visi ora si rischiarano e l'automobile riparte grattando con le ruote i sassi della strada. Nelle sere di giugno accadono anche queste cose. Mario Risoni Sterri pc

Persone citate: Frati, Mario Risoni, Storie