Condannati all'intesa

Condannati all'intesa Condannati all'intesa Dopo una campagna elettorale tanto rissosa e convulsa quanto povera di contenuti reali, dobbiamo convenire che le coordinate del sistema politico italiano non sono sostanzialmente cambiate, n risultato non è tale da tagliare i nodi, da sciogliere i grovigli. La sola certezza che emerge dalle elezioni e che ciascun partito ha misurato le proprie forze, e dunque c'è da sperare che questa più sobria consapevolezza possa far cadere tra qualche tempo, attraverso vie tortuose e complesse, l'indisponibilità negoziale che ha portato allo scioglimento delle Camere. All'origine della dissoluzione del pentapartito c'era uno scontro di volontà e di strategie, tra la de ed il psi, che appariva inconciliabile. De Mita aveva posto Craxi dinanzi ad un bivio: o con la de o col pei, perché una terza via non esiste. In questa visione bipolare del mondo politico italiano — semplificata fino alla brutalità — il psi veniva condannato al nolo perpetuo di alleato subalterno, una collocazione alla quale Craxi cerca di sottrarsi da quando ha assunto la guida del psi. Il bivio non gli piace ed egli si accanisce a scavare nuovi sentieri, con implacabile pervicacia. Nelle intenzioni del segretario de, il duello elettorale, la «scazzottata» della quale egli aveva parlato in un'intervista a questo giornale, doveva servire a questo: ridistribuire il potere contrattuale all'interno dell'alleanza, limitare il coalition power di Craxi, il potere di aggregazione e di interdizione del quale il psi aveva fatto un uso che alla de sembrava esacerbato ed ingiusto. Neppure la fantasia più sfrenata riesce ad immaginare che ora le ambizioni e le pretese dei due leader possano cambiare all'improvviso. Ambedue hanno guadagnato terreno rispetto al voto del 1983, benché sia più modesto l'avanzamento della de e più consistente quello del psi. Ma ambedue possono cantare vittoria. La de non è in grado di imporre le sue condizioni ad un partner che continuerà ad essere riottoso, né può fare a meno della sua collaborazione se vuole ricostituire un'alleanza di governo. A sua volta il psi vede premiata la sua stra tegia competitiva, ma non al punto da poter imporre un mutamento ai vertici della de, Insomma, restano all'opera due tendenze contraddittorie che non lasciano intravedere una facile riconciliazione. Eppure, al di là dell'aritmetica dei risultati e delle ambizioni degli uomini, l'elettorato non ha indicato ieri un'alternativa al pentapartito. I due contendenti, de e psi, sono irrevocabilmente vincolati a collaborare. La maggioranza a cinque è addirittura uscita potenziata dalle urne, poiché la somma degli incrementi socialista e democristiano è superiore alla flessione dei pan ners minori. Quale peso avrà il segnale inviato dagli elettori? Quale scenario possiamo intravedere? Se dovessimo prendere alla lettera i veti reciproci scagliati dai due duellanti durante la campagna elettorale, dovrem mo dedurre che un'alleanza è impossibile. Ma la verità è che nessun ciclo della nostra storia si è chiuso e nessuno se ne è aperto. Si potrà osservare che alle contumelie iniziali, Craxi e De Mita hanno via via sostituito un linguaggio più cauto ed oscuro. Si è parlato di una fase di «passaggio» e di un governo estivo di decantazione». Decantare significa «travasare un liquido in un altro vaso, leggermente, in modo che la feccia o posatura non si confonda con la parte chiarificata» (Palazzi, Dizionario della lingua italiana). In altre parole, potrà esserci un governo di transizione in attesa di riprendere la collaborazione. Speriamo che sia così, ma non facciamoci illusioni: sarà pur sempre una alleanza instabile, asmatica, ruvida e senza galateo. La vera e autentica novità delle elezioni si è prodotta fuori del recinto del pentapartito. Ed è lo smottamento del pei, il partito più penalizzato dal voto. Intorpidito da una sostanziale mancanza di strategia, il pei sembrava aver trovato un effetto rivitalizzante nelle risse della coalizione, di governo cosi come nella sapiente e variegata immissione di indipendenti nelle sue liste elettorali: dagli intellettuali ex socialisti (Giolitti, Strehler, Coen) ai prestigiosi consulenti del capitalismo (Guido Rossi). L'esito dell'operazione è stato tuttavia deludente. E' prematuro analizzare a fondo un fenomeno che ha complesse e molteplici sfaccettature. Limitiamoci ad osservare che il pei è e resta un'anomalia nel panorama politico occidentale (possono essere eterne le anomalie?), mentre non sembra sfuggire al trend di decadenza che affligge tutti i partiti europei con forte connotazione di classe, come i laboristi britannici ed i socialdemocratici tedeschi. E' vero che anche il pei tenta di darsi una fisionomia interclassista, adattandosi alle cangianti esigenze dei nuovi ceti e delle nuove generazioni. Ma si era visto già in Germania Federale che simili metamorfosi (per esempio la scelta anti-nucleare) non sono sempre remunerative: a trarne maggior vantaggio sono i verdi, la nuova configurazione partitica che ora entrerà anche nel Parlamento italiano. . Nell'intristimento e nell'uggia che hanno segnato tutta la campagna elettorale, segnaliamo infine una nota positiva: lo sciopero dèi votanti non c'è' stato. Nonostante il disagio e l'insofferenza verso la politica, i cittadini hanno saputo resistere alla tentazione di disertare le urne. Un comportamento lodevole, un esempio di civismo. Speriamo che i partiti sappiano contraccambiare.

Luoghi citati: Germania Federale