Secessione romana con duelli

Secessione romana con duelli A PALAZZO VENEZIA 250 LAVORI DAL 1913 AL 1916 Secessione romana con duelli ROMA — Liti e conseguenti movimenti secessionisti, nei libri di storia si contano a bizzeffe. Da quella della plebe sul Monte Sacro a quella del XVIII Secolo negli Stati Uniti, innumerevoli •secessioni» hanno infatti costellato le vicende umane. Ma per quanto concerne il più limitato campo delle arti visive, è a cavallo tra '800 e "900 che divennero addirittura di moda. La prima a Monaco, subito dopo a Vienna, Berlino e via di seguito. Ultima o quasi, quella romana, nata per volontà di un gruppo di giovani, usciti polemicamente, nel 1913, dall'ormai troppo accademica Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti. Per quattro anni consecutivi, malgrado gli eventi bellici, la Secessione romana organizsò grandi rassegne internazionali, E soltanto l'aggravarsi della guerra pose fine a tali manifestazioni. Una pagina divenuta presto sfumata, semisconosciuta degli annali artistici. Finalmente, da pochi giorni, per iniziativa della Quadriennale (in un certo senso, sua erede), una rivisitazione critica nelle sale dì Palazzo Venezia. Circa 250 lavori di quel periodo, tra pitture, sculture, grafiche e arte applicata, prestate da musei e collezioni. Spesso le stesse opere esposte in una delle quattro edizioni, svoltesi. come si è detto, dal 1913 al 1916. Scelte con intelligenza e — grazie anche all'eccellente catalogo edito dai fratelli Palombi, preparato dai curatori Rossana Bossaglia, Mario Quesada e Pasqualina Spadini — in grado di dare un'idea abbastanza precisa di quell'evento, il quale, naturalmente, generò passioni ardenti e delusioni cocenti, amicizie e inimicizie, ambizioni più o meno nobili, adesioni entusiastiche e tentennamenti, doppi giochi e, pure allora, •pentiti: Persino lettere anonime — vedi le lamentele del «grande nemico».' G. Aristide Sartorio — con cartelli di sfida e padrini pronti al duèllo. Un avvenimento che, al di là di tale aneddotica, può essere utilmente guardato da due punti di vista. Il primo, quello per cosi dire del contesto internazionale in cui la Secessione romana operò. Intellettualmente assai vivace, in cui permanevano simbolismo e divisionismo, mentre nascevano le novità dette poi •avanguardie storiche: In Italia, a parte le vicende del futurismo, sulle quali sia pure indirettamente tornerò tra breve, un oscillare tra il plein air d'origine impressionista e le suggestioni jugendstil mitteleuropee. Con, a volte, fruttuosi innesti di ricerche più nuove. Esperienze conosciute dal vivo, in virtù proprio delle esposizioni della Secessione romana. Per la insensibilità di alcuni musei stranieri, nell'attuale mostra-sintesi non è stata possibile un'adeguata ricostruzione delle •presenze' soprattutto degli impressionisti e post-impressionisti francesi. Basti però dire die, accanto a lavori di Pissarro, Renoir, Sisley, Gauguin, Toulouse-Lautrec, Denis e Signac, in quelle esposizioni apparvero ben tredici opere di Cézanne (per molti italiani, la prima occasione di vedere gli originali del maestro francese) e anche i Pesci rossi di Ma visse, che turbarono più di un visitatore. Compresi, come riferiscono le cronache, il re e la regina d'Italia che chiesero agli organizzatori «spiegazioni sugli intendimenti tecnici dell'artista». Senza contare le •testimonianze- di altri movimenti più o meno coevi: da Rodin a Bourdelle, da Klimt a Schiele, da Munch a Pechstein, dal belga Minne allo jugoslavo Mestre/vie, dal norvegese Lerche all'inglese Crune. Insomma, molti dei protagonisti dell'arte europea di quel tempo. La cui conoscenza diretta provocò una vasta, salutare circolazione d'idee, che, prima la guerra e poi il fascismo, purtroppo soffocarono. L'altra chiave di lettura, resa possibile da questa mostra, è quella relativa alle tendenze italiane nelle quat- tro esposizioni. A colpo d'occhio, uno scenario quanto mai variegato, per non dire eclettico. Che, da Bistolfi, campione della scultura simbolista e attraverso i divisionisti romani tipo Lionne, Innocenti, Noci, arrivava fino al gruppo raccolto intorno alla rivista ligure L'Eroica e a quello emergente di Ca' Pesaro, capeggiato da Moggioli, Rossi e Arturo Martini. E — ancora — dai cosmopoliti e celebri Troubetzkoy e Soldini (curiosamente, entrambi, inviarono ritratti della famosa marchesa Casati) fino al vivacissimo gruppetto di pittrici, spesso ex modelle, e ai giovani o giovanissimi Viani, Spadini, Casoratt, Meili, Morandi, Ferrazzi, Oppa e Primo Conti. Alcuni dei quali, più battaglieri, per protesta contro i metodi •massonici' dello stesso presidente della Secessione romana, dettero vita, come scriveva, scandalizzato, il direttore generale delle Belle Arti in un rapporto al ministro, a una «Secessione nella Secessione». Ir. conclusione, un coacervo di ricerche e stili che, grosso modo, costituiva quella che, nel catalogo, la Bossaglia chiama giustamente la «terza via Ira tradizione e avanguardia». Dove per tradizione s'intendeva la Società Amatori e Cultori di Belle Arti, in auge a Roma dagli inizi dell'800. E per avanguardia, il turbolento drappello dei futuristi. Dapprima tenuto buono dai vigili protettori dei •secessionisti» — in primis, il conte e senatore Enrico di San Martino e il Comitato di Patronato, con molti nomi dell'alta finanza — con la promessa di 3 sale. Poi tolto definitivamente di mezzo come incomodo e pericoloso. Un chiaro disegno strategico per incanalare la ricerca, spesso rabbiosa, dei giovani verso soluzioni riformiste e moderate. Una vicenda, ripeto, finora poco studiata e che è stato bene far rivivere, per incominciare ad approfondirla. Peccato che, inspiegabilmente, la mostra chiuderà il 28 giugno. Malgrado gli alti costi (si veda, per esempio, il faraonico e infelice allestimento) meno di un mese di apertura, orario 9-141 Inguaribili contraddizioni dell'Urbe. Francesco Vlncltorio Gino Rossi: «La buona pesca» (Galleria dello Scudo, Verona, particolare) alla mostra di Roma