I Giannizzeri difendono la porta d'Europa di Mimmo Candito

I Giannizzeri difendono la porta d'Europa Nello Stretto dei Dardanelli, baluardo dell'esercito turco, il più numeroso e il più povero della Nato I Giannizzeri difendono la porta d'Europa II 23 per cento del bilancio di Ankara è destinato alla Difesa, ma mezzi corazzati e aerei in gran parte risalgono agli Anni Cinquanta - Un generale: siamo il bastione della strategia Usa in Medio Oriente, possiamo bloccare la flotta sovietica, e il Congresso ci lesina i fondi DAL NOSTRO INVIATO ABIDE — Questa punta della costa turca sta sulla porta del Dardanelli, e qui anche finisce l'Europa, tra i venti che s'Incrociano come In un angolo del mondo. L'Asia è di fronte, subito di la dal mare, un chilometro d'acqua, o poco più. Su quella riva, bassa all'orizzonte, si scorgono le palme, da questa parte c'è un declivio dolce, fitto di alberi. Non s'Incontra nessuno, solo le jeep del soldati e qualche marinato che marcia sotto le mura del vecchi forti in rovina a custodire, forse, i fantasmi dell'Impero Ottomano. Se non fosse per questo pezzo di Tracia, la Turchia sarebbe un Paese soltanto dell'Asia. Questo lembo estremo del Balcani la tiene invece ancorata alla storia dell'Europa, dà una concretezza convincente al suol diritti di marca di frontiera. E la scelta occidentale di Mustafa Kemal ha però radici anche nel grande impero del Levante, nella saggezza di Solimano o nelle riforme di Abdul Mejld. Europa e Oriente qui faticano a districarsi, il disegno con il quale l'Europa traccia questo suo ultimo confine di terra racconta forse anche la natura complessa del grande mondo degli Ottomani e la sua eredità moderna in questa Turchia di contraddizioni. La costa qui ad Abide scende nel mare come per una breve apnea, e ritrova subito, senza strappi, la terra dell'Asia sull'altra costa dei Dardanelli; più che una frattura, o uno stacco, la geografia traccia appena una breve sospensione. Chi ha viaggiato sulla punta opposta dell'Europa, a Occidente, nel lembo estremo del Portogallo, non può non ri- levarne 11 contrasto drammatico. Là, sull'Atlantico, a Cabo Sao Vlcente, l'Europa termina con un precipizio alto e duro, che piomba giù diritto dentro le acque dell'oceano, un dirupo di rocce flagellato dal vento che segna davvero la fine del mondo; c'è uno stacco di storia, dove le Indie sono un futuro affidato soltanto alla stella polare. Qui invece, ad Abide, tra Europa e Oriente, i confini del mondi si fanno labili, ambigui se non inesistenti; la terra continua nella terra, 11 Mare di Mannara è poco più di un canale da attraversare con un grido. Il soldato che ora qui, all'ultima fine della strada, fa la -iardia all'Europa ha poco >iù degli anni dell'adolescenza, e l'elmetto gli si poggia largo sulla testa come una casseruola. Col suo fucile puntato sullo straniero arrivato davanti a lui a sorpresa, protegge tutto il continente che gli sta alle spalle; qui non giunge mai nessuno a curiosare. Olù, a qualche metro da noi che ci scrutiamo con diffidenza, 11 Mar di Marmara sembra solo un largo fiume Increspato dal vento, il viaggio da Istanbul fin qui non rivela 1 sistemi militari, mimetizzati nella campagna: il paesaggio fila via tranquillo, qualche chilometro di filo spinato pare nascondere solo depositi di mine custo¬ diti da marinai annoiati. Ma all'alba e al tramonto, solo all'alba e al tramonto, quando la luce è bassa e l'acqua confonde 1 contorni delle cose, le navi sovietiche della flotta del Mar Nero passano attraverso la porta del Dardanelli; e dietro il filo spinato l'attività di chi spia, vigila, e controlla, si fa Intensa. Il fiume tranquillo ridiventa un campo possibile di battaglia, e dalle navi si scorgono bene, alti sul cielo di questa sponda, 1 mausolei che gli eserciti hanno levato qui ai loro morti di tante guerre. A Eceabat, il punto più stretto del Dardanelli, un paesino di mare con una pompa di benzina e due caffè sulla banchina del porto, 11 ferry In partenza ogni mezz'ora carica 1 grossi Tir che viaggiano lungo le vecchie rotte delle carovaniere. I traffici qui seguono ancora tracciati che il tempo e la tecnologia non hanno saputo cancellare, e 1 pullman carichi di scolaresche portate a visitare le rovine di Troia si allineano anch'essi in una lunga fila che marcia sulla stessa strada senza tempo. Tra Eceabat e la punta di Abide ci sono soltanto una trentina di chilometri. Nel porticciolo silenzioso si respira già aria di fine di un mondo, la strada che viene dall'Europa si chiude praticamente qui, nell'Imbarcadero del ferry, e il percorso fino a Abide è solo un'appendice stretta e tortuosa abbandonata alla memoria del suoi monumenti funerari. I camerieri sledono ai tavolini del due caffè a chiacchierare con gli autisti del Tir, il tempo e lo spazio si danno una dimensione quieta da ultima frontiera. Ma è una frontiera aperta. Attraversata dal legami Invisibili della storia, ma anche dalle strade che guidano la concretezza del commerci e dei mercati senza patria, la Turchia esalta qui 11 suo ruolo di cerniera tra due mondi, Europa e Asia contemporaneamente, indifferentemente. Dice Ali Bozer, ministro per 1 rapporti con la Cee: -L'Europa possiede la tecnologia industriale, il Medio Oriente ha il petrolio e il bisogno di acquistare i prodotti finiti: la Turchia è il ponte ideale per unire due regioni tanto diverse, e servirne gli interessi: Il prof. Bozer conosce però anche le diffidenze dell'Europa e le tentazioni dell'Islam. L'equilibrio è difficile. Ankara che ha chiesto l'ingresso nella Cee ha anche un mercato di scambi che non può non risentire l'attrazione del mondo arabo che le sta subito a Sud: Iran, Iraq, l'Arabia Saudita, gli sceiccatl del Golfo, sono Paesi dove l'omogeneità col costume islamico della Turchia si unisce ad una larga propensione al consumo e all'importazione di beni; e l'orientamento del commercio turco ha avuto perciò una direzione privilegiata verso i Paesi del Medio Oriente. Ma la caduta del prezzo del petrolio e la crisi dei Paesi produttori ora procedono parallelamente al riavvicinamento di Ankara alla Comunità europea: le esportazioni verso 1 Paesi islamici restano ancora qualche punto al di sopra delle esportazioni verso la Cee (41,6 per cento contro 40.8), ma le importazioni si sono bruscamente riorientate; e mentre nell'85 le percentuali erano 35,5 dal mondo islamico contro 32 dall'Europa, ora 11 rapporto è rovesciato a 22,6 contro 39.1. L'integrazione esclusiva con l'uno o l'altro di questi partners rischia però di compromettere quella che Bozer riconosce come 'la straordinaria potenzialità economica' del suo Paese, cioè la collocazione geografica della Turchia, e 1 vantaggi che le offre lo sviluppo della sua storia. La presenza di due culture infatti, l'ibrido segnato da una tradizione islamica e da uno sviluppo decisamente europeo, è un carattere esclusivo di questo società. Può diventare l'elemento essenziale della sua crescita economica. •Purché non se ne tradisca la sua destinazione a ponte tra il Nord ricco e il Sud in via di sviluppo». La Turchia, che partecipa a pieno titolo alla Conferenza Islamica, è anche schiera¬ ta in tutte le alleanze politiche e finanziarie del mondo occidentale. Resta esclusa soltanto dal tavolo del 12 di Bruxelles. La geografia ha finito per privilegiarne lo schieramento strategico, riducendo il suo ruolo di partner commerciale; e soltanto ora che la ricerca degli sbocchi per l'esportazione si fa dovunque più affannata, si comincia a valutare con Interesse questo mercato di grandi numeri. La Turchia sta per diventare il Paese più popoloso dell'Europa, e ha un costo del lavoro che è drammaticamente ridotto, il meno caro dell'intero Occidente: 1,04 dollari l'ora, contro 1 7,66 dollari dell'Italia, i 9,60 del Belgio, 1 12,88 degli Stati Uniti. E' più basso perfino del costo nella Corea del Sud (1 dollaro e 41 centesimi) e di Taiwan (1,50). I governanti di Ankara progettano un futuro che punta a ripetere in qualche modo in Europa 1 tassi e il modello di sviluppo di questi Paesi di capitalismo periferico. •Potremo essere la Singapore dell'Europa-, dicono ad Ankara, al ministero della Pianificazione. Ma 11 23 per cento del bilancio statale, quasi il 6 per cento del prodotto nazionale, viene speso per la Difesa. Con i suoi 600 mila uomini in armi, la Turchia è il più grande esercito europeo della Nato, ma forse anche 11 più povero: 1 suol reggimenti corazzati hanno ancora in dotazione 900 vecchi M47 della guerra di Corea, e l'aviazione vola ancora con aerei degli Anni 50. Certo ci sono anche i Cobra, i Rapier e i Milan, gli F-5. La modernizzazione del sistemi d'arma procede rapidamente, all'inizio del '90 entrerà in produzione la fabbrica di Murted dove verranno costruiti 160 F-16; e la richiesta di aiuti agli Usa e agli alleati occidentali si fa pressante. Dice il gen. Orhan Kilercioglu: •/ bisogni indicati dallo Stato Maggiore andrebbero ben al di là del miliardo di dollari l'anno; ma il Congresso americano ha approvato appena un terzo delle esigenze delle nostre forze armate. Eppure la Turchia è un bastione della strategia Usa in Medio Oriente-. Qui passa il 37 per cento delle frontiere Nato col Patto di Varsavia, e qui viene difeso il 27 per cento del territorio della Nato. Da quando l'Iran è diventato knomeinista, il territorio turco è poi la principale base d'ascolto americana: sfruttando i 610 chilometri di confine con l'Urss, i 5000 agenti Usa possono spiare agevolmente ogni azione militare sovietica e le rampe di lancio missilistiche dalle 23 basi e dalle 72 installazioni elettroniche sparse lungo la frontiera, a Sinop nella co¬ sta del Mar Nero, e a Karamursel, qui lungo il Mar di Mannara. ' Dice ancora il gen. Kilercioglu, che nell'82 ha comandato a Napoli i servizi d'informazione della Nato: •Proprio in Tracia e nel Mar di Mannara la Turchia pone sostanziali minacce alla capacità di manovra dell'Urss: 10 Stretto dei Dardanelli può imprigionare la flotta sovietica nel Mar Nero, e lo schieramento a terra può bloccare 11 tentativo di sfondamento del Patto di Varsavia.. Qui, alle spalle dei Dardanelli, l'esercito turco ha schierato la 1* Armata, che è la punta di lancia del suo esercito: su un tavoliere liscio e brullo che pare fatto apposta per le incursioni dei tank, ci sono 10 divisioni di fanteria, due delle quali meccanizzate, tre brigate corazzate, una brigata di fanteria pesante, e mille carri armati. I giochi della guerra hanno regole fisse, che la geografia qui riduce a schemi obbligati. La porta del Dardanelli è tanto stretta che. nel '15, durante il primo tentativo di sbarco della flotta franco-inglese, un giovane sottotenente dell'esercito del Sultano riuscì a respingere, con le bordate di un solo cannone, le navi e i fantaccini britannici. Oggi quel cannone, arrugginito da settantanni di vento e di sole, è diventato un vecchio monumento nella piazzetta di Chanakkale. il villaggio che sta di fronte a qui, sulla costa già dell'Asia. I bimbi si arrampicano per giocare, lo cavalcano felici. Probabilmente non sanno nemmeno che cos'è. I Dardanelli, 11 di fronte, aspettano 11 tramonto e il passaggio delle navi russe. Mimmo Candito

Persone citate: Ali Bozer, Mustafa Kemal, Orhan Kilercioglu, Solimano