De Benedetti 6 ore davanti al giudice di Susanna Marzolla

De Benedetti 6 ere davanti al giudice Interrogato sul crack del Banco Ambrosiano De Benedetti 6 ere davanti al giudice L'inchiesta sull'estorsione è arrivata a un punto nodale MILANO — Carlo De Benedetti è arrivato a Palazzo di Giustizia lunedi, ci è tornato martedì: in tutto oltre sei ore di interrogatorio davanti ai giudici istruttori Antonio Pizzi e Renato Bricchetti. I magistrati, cioè, che indagano sul crack del Banco Ambrosiano e che il 18 maggio avevano inviato al presidente dell'Olivetti una comunicazione giudiziaria in cui s'ipotizzava il reato di estorsione. Agli interrogatori erano presenti l'avvocato di De Benedetti, Alberto Crespi, e l'avvocato Mario Pisani in rappresentanza della parte civile. Assenti, invece, 1 due sostituti procuratori Pier Luigi Dell'Osso e Alfonso Marra 1 quali avevano chiesto non una semplice comunicazione giudiziaria, ma l'incriminazione, attraverso un mandato di comparizione, per De Benedetti. Una misura che è sembrata ancora prematura ai giudici istruttori, i quali hanno preferito fare prima un supplemento d'indagine: dal 21 maggio hanno cominciato a interrogare quanti potevano fornire particolari su quei 65 giorni di permanenza di De Benedetti al Banco Ambro¬ siano, in qualità di azionista e vicepresidente, e soprattutto sulla sua uscita, che all'Ambrosiano costò complessivamente 80 miliardi. L'annuncio dell'ingresso di De Benedetti nel Banco venne dato il 18 novembre del 1981: il presidente dell'Olivetti aveva acquistato il 2 per cento delle azioni, spendendo circa 52 miliardi, di cui 20 in contanti e il resto in obbligazioni. Quella tra De Benedetti e Calvi fu poi una convivenza contrastata, costellata di polemiche interviste e comunicati, che durò fino al 22 gennaio del 1982. quando l'ingegnere usci dal consiglio di amministrazione del Banco Ambrosiano. Subito dopo, fu lo stesso Calvi a proporgli un'uscita completa rimborsandogli, totalmente in contanti, i 52 miliardi investiti al suo ingresso, ai quali aggiunse due miliardi e mezzo di interessi. Inoltre pagò, sempre in contanti, 30 miliardi circa per un pacchetto di azioni della Brioschi che, secondo accordi precedentemente presi, la Centrale, finanziaria del Banco Ambrosiano, avrebbe dovuto collocare sul mercato entro la fine dell'82. E quest'ultimo fu certo un pessimo affare per l'Ambrosiano: nel giro di due giorni il valore delle azioni Brioschi crollò del 50 per cento. Per chiarire i motivi e i retroscena dell'operazione, i magistrati hanno sentito, prima di De Benedetti, l'ex vicepresidente dell'Ambrosiano. Roberto Rosone, e l'immobiliarista e finanziere Giuseppe Cabassi. -nome nuovo» nell'inchiesta sull'Ambrosiano, ma non nuovo nelle vicende giudiziarie di De Benedetti. Fu Cabassi, infatti, a denunciare per truffa il presidente dell'Olivetti, e proprio per una vicenda legata alle azioni della Brioschi. Quel pacchetto, poi dato in vendita all'Ambrosiano. De Benedetti lo aveva ottenuto sottoscrivendo un aumento di capitale della società, di proprietà di Cabassi. Come sua quota non vi aveva messo però contanti, ma due aziende, tra cui la Sella Rvm. dichiarata fallita nel 1984. Secondo Cabassi l'azienda era stata apportata già in stato prefallimentare e da qui l'accusa di truffa. Ma mentre quest'ultima vicenda giudiziaria sembra avviarsi a conclusione, tramite un accordo tra Cabassi e De Benedetti, l'inchiesta per estorsione è arrivata al suo punto nodale. Si parla adesso di prossimi interrogatori del Governatore della Banca d'Italia e di alcuni ministri e non è escluso che De Benedetti venga nuovamente chiamato. Nulla di ufficiale si è saputo sulle oltre sei ore di domande e risposte con i magistrati. Susanna Marzolla

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