Così De Gaulle cancellò il Fritalux

Così De Gaulle cancellò il Fritalux L'UNIONE DOGANALE TRA ITALIA E FRANCIA CHE NON SI FECE Così De Gaulle cancellò il Fritalux Il generale Marshall pronunciò, quarant'annl fa. il famoso discorso che diede l'avvio alla ricostruzione dell'Europa. Sul piano che reca il suo nome è già stato detto tutto o quasi. Non si è invece parlato abbastanza di un altro progetto contemporaneo, quello di un'unione doganale italo-francese, sulla quale esiste un'abbondante documentazione d'archivio. Sforza affermava di essere itato lui a lanciarne l'idea, nel corso della prima riunione che ebbe luogo a Parigi per dar vita al plano Marshall: Idea ch'era già stata discussa e approvata a Roma dal •Comitato interministeriale della ricostruzione.. A dir il vero, essa era tutt'altro che nuova L'aveva già lanciata, invano, Paul Claudel (proprio lui!) nella sua qualità di diplomatico inviato in Italia durante la prima guerra mondiale. Questa volta, anche a seguito delle vicende belliche, le cose sembrarono andare meglio. L'Italia fu subito in grado di sottoporre a Parigi i testi di una dichiarazione di principio sull'unione doganale e di un protocollo aggiuntivo. Qualche settimana dopo venne istituita una commissione mista, presieduta dai direttori generali per gli affari economici dei due ministeri degli Esteri, Drouin e Umberto Grazzi, con il com¬ pito di presentare entro la fine dell'anno un rapporto sull'unione. Impegno che venne mantenuto: 11 rapporto finale, composto di ben nove capitoli, venne reso pubblico il 22 dicembre. Esso assicurava i due governi 'Che l'unione doganale fra Italia e Francia, non solo non presenta ostacoli, ma permetterebbe anche di trovare una soluzione ai problemi economici che s'impongono nei due Paesi...: Scelta politica I due governi erano disposti ad andare cosi lontano? Fu ben presto chiaro che non si trattava tanto di una decisione economica, quanto di una scelta politica. L'Italia era favorevole. In Francia, la situazione era alquanto diversa, anche se il presidente del Consiglio Schuman e il ministro degli Esteri Bidault si erano dichiarati personalmente propizi. Sforza e Bidault s'incontrarono il 20 marzo 1948 a Torino dove, nello stesso studio del conte di Cavour, sottoscrissero un protocollo che riaffermava la volontà di realizzare l'unione doganale, e nominava una commissione mista incaricata di preparare il piano di attuazione. A Torino si riunì qualche mese dopo un «Congresso italo-francese delle Camere di Commercio». Lo inaugurò Sforza con un discorso in cui affermò tra l'altro: «... il nuovo nucleo composto di un centinaio di milioni di uomini fra i più laboriosi e dotati, costituirà una forza di attrazione sufficiente per altre unità nazionali, cui noi lasceremo apertele porte. E questo sarà il modo più sicuro e più pratico di creare l'Europa: Queste parole si riferivano all'interesse dimostrato dal Benelux (Belgio, Olanda, Lussemburgo) per una eventuale associazione con l'unione italo-francese: venne anche conlata la non attraente sigla di Fritalux! n progetto comincio ad incontrare le prime difficoltà, per la sostanziale complementarità delle due economie, per il succedersi dei governi in Francia, e per l'opposizione di alcuni settori dell'opinione pubblica francese. L'ambasciatore a Parigi Quaronl ammoni: -Guardiamoci dal voler correre troppo; guardiamoci dal voler forzare la mano alia Francia: contentiamoci di fare quei passi concreti anche te piccoli che la Francia è disposta a fare In realtà la Francia sembrava disposta a fare sempre meno, nonostante un nuovo incontro Bforza-Schuman a Cannes e un viaggio a Parigi deli'on. De Gas peri. Sull'orizzonte della diplomazia fran¬ cese era riapparsa la Germania che, grazie agli aiuti del piano Marshall, denunciava una ripresa formidabile in tutti 1 campi. Intanto la commissione mista italo-francese aveva presentato il suo lungo rapporto finale sull'unione doganale, in cui l'ottimismo dei primi tempi era stato sostituito da un più che prudente realismo: l'unione era diventata • un'opera a lunga scadenza: che avrebbe richiesto •sacrifizi momentanei e pannali, ai produttori, che non poteva essere considerata .un rimedio sovrano e definitivo per tutti i mali di cui soffrono i due Paesi: che -avrebbe potuto provocare in alcuni settori ulteriori difficoltà; per cui si proponeva l'adozione di •misure compensatrici: ecc. Tariffe comuni Queste proposte vennero accolte, con qualche modifica, nel testo di un Trattato di unione doganale italo-francese solennemente sottoscritto a Parigi da Sforza e Schuman il 2fl marzo 1949. Esso prevedeva l'applicazione di una tariffa doganale comune, un anno dopo la sua entrata in vigore. Sembrava che il più fosse stato fatto. Le previste commissioni tecniche si misero al lavora Quaronl- non si stancò di ammonire che •l'impresa appare ardua e non priva di difficoltà: Vi fu. a questo proposito, un significativo scambio di lettere tra l'ambasciatore e il presidente della Repubblica Einaudi. Quest'ultimo sostenne che l'unione doganale si dovesse fare con un «atto d'imperio: lasciando poi la successiva sistemazione al libero gioco delle forze economiche. Quaronl rispose che non vi era nel Parlamento francese una maggioranza disposta ad accettarlo. E difatti il trattato sull'unione doganale non venne mai sottoposto alla ratifica dell'Assemblea nazionale. Schuman confessò che se anche avesse posto la questione di fiducia, difficilmente avrebbe ottenuto la sua approvazione. Egli già pensava in realtà, a una soluzione alternativa, suggeritagli da Jean Monnet, quella di una Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio, con la partecipazione della Germania Federale, dell'Italia, del Benelux e possibilmente della Gran Bretagna (che non accettò). Inoltre era riapparso all'orizzonte 11 gen. De Gaulle con il suo progetto di un asse privilegiato Parigi-Bonn. E cosi l'unione doganale italo-francese fini silenziosamente in soffitta A mio parere, non fu certo un bene. Enrico Serra