Il miraggio tedesco di Frane Barbieri

Il miraggio tedesco Gorbaciov e la carta dell'unificazione Il miraggio tedesco Il futuro della Germania sembra fatto di smentite. Ogni tanto, a perìodi regolari, qualcuno azzarda l'ipotesi della riunificazione tedesca. Altrettanto regolarmente poi piovono autorevoli smentite. I progetti vengono in maggior parte attribuiti a Mosca, non soltanto perché fu Stalin il primo ad avanzare una simile proposta a Konrad Adcnauer, che subito la respinse, ma anche perché è opinione comune che ad avvantaggiarsi della storica ricongiunzione, oltre ai tedeschi, sarebbe in primo luogo Mosca, dato che un simile processo porterebbe alla neutralizzazione e al disarmo. Le ipotesi futuristiche trovano poi ampio spazio ed elaborazioni più che interessate nei giornali della Germania Occidentale, a volte esaltati, a volte allarmati di fronte a congetture del genere. In questi giorni commentatori e politici di Bonn e Amburgo hanno creduto di disporre di plausibili informazioni secondo cui Gorbaciov si appresterebbe a rilanciare il miraggio durante la prossima visita a Berlino. Per la prima volta, però, un'identica iniziativa è partita pure da un politico occidentale. Un noto deputato del partito del Cancelliere, Frìedmann, ha preparato un documento che suggerisce al governo di chiedere alle due superpotenze di abbinare la denuclearizzazione delle due Germanie alla loro riunificazione. »£' legittimo che gli interessi tedeschi vengano tenuti presenti nella politica Inter- nazionale». Kohl è corso a (mentire che il documento ri» flettesse la sua politica, proclamandolo «fuori della realtà». Il ministero degli Esteri sovietico ha qualificato le notizie come «invenzioni oziose». Infine Honecker, perentorio: «I due Paesi tedeschi non hanno nulla a condividere; appartenendo al socialismo e al capitalismo, sono come l'acqua e il fuoco». Nel caso tedesco più si susseguono i dinieghi e le smentite e meno utopistica appare la prospettiva di una riuniti cazione nazionale. E' come smentire che il tedesco sia tedesco, che esiste un'unica nazione tedesca, che esistono territori tedeschi e che quindi l'anelito storico dei tedeschi dev'essere quello di ritrovarsi a vivere in un'unica Germania. Nell'Europa di Yalta, da ambedue le parti si era cercato di affermare che l'obiettivo tedesco è raggiungibile seguendo vie non prettamente tedesche. In Occidente doveva essere l'Europa unita il potenziale contenitore nel quale si sarebbe realizzata l'unità tedesca. All'Est, si predicava il futuro socialista di tutto il continente, la Germania quindi doveva ritrovarsi unita nel socialismo continentale. Ai tedeschi si chiedeva di diventare prima europei, prima comunisti, per poter ri' trovare infine la propria identità tedesca. Ora invece si può notare sempre di più una conversione di valori e di coscienze nazionali: prima tedeschi, poi europei per abbracciare eventualmente in ultima ipotesi anche il socialismo. Lo stesso Frìedmann nel suo documento, preparato per Kohl, azzarda: «Non è vero che la riunificazione si realizzerà nel processo verso l'Europa unita» All'Est si rendono a loro voi ta conto che le vie del socialismo sono talmente lunghe < tortuose da non poter sostituire il miraggio nazionale (lo rivela ogni incontro fra intellettuali delle due Germanie). A questo punto si possono elencare una serie di argomenti per sostenere l'impossibilità della riunificazione: l'Europa non è uscita tuttora dalla logica di Yalta, la Germania è l'unico territorio in cui può essere strategicamente localizzata la garanzia Usa alla sicurezza europea, la Germania riunita e neutrale priverebbe la Cee del suo nucleo centrale e vitale, riducendola ad una striscia rivierasca senza retroterra, e, infine, diventando il centro autonomo del Continente, la Germania ridiventerebbe il problema centrale dell'Europa, possibile moderatore e detonatore allo stesso tempo, ponte e barriera verso l'incognita dell'Est. Per certi versi il senso europeo dei tedeschi si accosta a quello dei russi, quindi può generare anche uno sbilanciamento della neutralità verso Mosca. Il Cremlino ha pure i suoi mpedimemi, anche se rimangono valide le ragioni per cui Stalin voleva una Germania unita e neutrale e Churchill, per sentirsi più sicuro, ne avrebbe preferite addirittura quattro o cinque. Non sta nella tradizione russa ritirarsi dagli avamposti strategici una volta conquistati. Difficilmente poi Mosca potrebbe privardella vetrina di efficientismo offerta dalla Ddr nei confronti dell'Occidente e anzitutto dei Paesi socialisti. Per il resto, però, tutti i motivi che bloccano l'Occidente si convertono in altrettante ragioni per il Cremlino, se non per procedere con spettacolari proposte, per tenere viva fra i tedeschi la prospettiva di un ricongiungimento nazionale. Sulla scia dell'utopia pantede¬ sca si è andato diffondendo uno stato d'animo, fra storico e mentale, che fa diventare sempre più consistente la spinta al disarmo, anche unilaterale, all'antiamericanismo, all'europeismo raffreddato e filtrato, all'ecologismo anche ideologico, anticapitalista, ed infine al nuovo nazionalismo «progressista» (il 71 per cento si dichiara ormai a favore dell'unità neutrale). In funzione dell'utopia nazionale, hanno guadagnato terreno pure le teorie sulla graduale convergenza fra la nuova socialdemocrazia c il riformismo dei Paesi minori dell'Est. I sistemi, a lungo an dare, non dovrebbero poi es sere tanto diversi da impedire una confederazione dei due Stati, «fra l'acqua e il fuoco». La teoria viene sviluppata dal gruppo brandtiano attorno a Egon Bahr, instancabile pellegrino segreto nelle capitali dell'Est. Se non altro, la carta della riunificazione futuribile nelle mani di Gorbaciov ha l'effetto immediato di scuotere la pietra angolare tedesca nel vacillante edificio europeo. Per i tedeschi il dilemma è: germanici o europei? Per noialtri: come rimanere europei? Frane Barbieri