L'elettore è sempre più mobile

L'eiettore è sempre più mobile Nel '79 e nell'83 il 20 per cento degli italiani ha cambiato il voto L'eiettore è sempre più mobile Però i flussi da un partito all'altro si compensano e le svolte non appaiono - La scelta è motivata in primo luogo da un ideale (38%) - Cambia idea più facilmente chi sceglie «in difesa degli interessi di classe» o perché conosce il candidato BOLOGNA — Nel '79 e nell'83, alle ultime politiche, addirittura il venti per cento degli elettori e saltato da un partito all'altro, ad ogni turno. Non è una cifra da poco: solo che, alla fine, 11 saldo assoluto e rimasto quasi uguale a zero, proprio come se apparentemente nulla fosse successo. Dunque i cambiamenti ci sono, ma non sempre sono visibili. La verità -è che molti flussi si compensano», spiega Renato Mannheimer, docente di Metodologia delle scienze politiche all'Università di Milano. Qualcosa è accaduto. Invece, fra i numeri e le percentuali, che noi non slamo riusciti a vedere. E qualcosa accadrà ancora, che forse non vedremo. Ma che possiamo tentare di intuire: Mannheimer e Giacomo Sani, un politologo che lavora nell'Ohio State University, sui misteri del mercato elettorale hanno appena scritto un saggio per «Q Mulino» (titolo: Il mercato elettorale, appunto; sottotitolo: Identikit dell'elettore italiano), proprio alla vigilia di consultazioni importanti, cercando di fotografare l'Italia degli Anni Ottanta che va alle urne. Nessuna grande svolta, dunque. Mannheimer e Sani rifiutano previsioni. Ma qualche segnale lo danno: «La crescente secolarizzazione della politica, la caduta di alcuni miti, l'usura delle ideologie, Il superamento di certe divisioni storiche, finiranno col premiare le forze politiche intermedie, avvantaggiando il terzo polo». E aggiungono: •/ nostri dati avvalorano per certi versi questa diagnosi: socialisti e repubblicani paiono godere di maggiore disponibilità da parte degli elettori in termini di future possibili scelte». E non basta: -Il psi da solo — dice Mannheimer — può essere votato dal cinquanta per cento degli italiani». Resterebbe da chiedersi, allora, perché non avanza. Il fatto è che, In realtà, 1 socialisti finiscono quasi sempre col coincidere con la seconda scelta: •£ nell'urna, si sa, le seconde scelte non contano». Anche gli stessi numeri, tutte le volte pressoché uguali, possono significare qualcosa. Il partito socialista, ad esempio, ha più o meno mantenuto la stessa percentuale di elettori da qualche anno. Ma dietro l'aridità delle cifre, si nasconde davvero una rivoluzione, sostiene Mannheimer: -Il psi ha cambiato completamente il suo corpo elettorale. Ha lasciato quasi tutta la sua base, per acquisire soprattutto al Sud nuovi ceti. Si può ipotizzare che negli ultimi dieci anni sia avvenuto un passaggio di voti considerevole verso il partito comunista. E i candidati che poco tempo fa si sono trasferiti al pei sono l'espressione più evidente di questo mutamento: in fondo, l'ultimo anello, quello più appariscente, di una trasformazione già in atto». E' cambiato 11 psi, più di tutti, ma sono cambiati pure gli altri. -Oggi i partiti non si pongono più come difensori di un solo gruppo politico»: sono molti gli operai che votano pel (circa il quaranta per cento), però anche gli altri partiti beneficiano della preferenza di questa categoria. Più diversificate le scelte di insegnanti, tecnici, Impiegati, commercianti, artigiani. E se è vero che 11 gruppo sociale che concentra la sua indicazione in maniera più vistosa è quello del contadini, è altrettanto vero che -il consenso per la de non supera il cinquanta per cento». E alla fine, sottolinea Mannheimer, - la base di cui è composta la struttura dei diversi partiti non è poi cosi diversa l'una dall'altra». Sono diventati quasi tutti partiti interclassisti, e cercano di raccogliere consensi in un arco molto ampio: tanto che -il mercato elettorale — affermano 1 due studiosi —, è rappresentato da tanti partiti che si rivolgono a pubblici diversi come se fossero un partito solo». Dall'altra parte, la grande maggioranza degli elettori sostiene di scegliere per ideale: sono il 38%, e queste motivazioni vengono citate con maggior frequenza da quelli che hanno un maggior grado di istruzione e che si dichiarano maggiormente interessati alla politica; il 21% afferma invece di votare per difendere i suol interessi o della sua classe; il 13% per consuetudine; e il 10% perché conosce i candidati. Fra questi quattro gruppi i più mobili, cioè quelli che possono cambiare voto, sottolinea Mannheimer, sono 11 secondo e il quarto. Ma in che direzione si sposta l'elettore mobile? E qual è 11 suo identikit? I due studiosi sostengono che -la grandissima parte degli elettori mobili si sposta tra partiti contigui sull'asse sinistra-destra, all'interno della stessa famiglia politica». Aggiunge Mannheimer: •Appartengono ai ceti sociali più elevati, persone di cultura, fra quelle più interessate alla politica, soprattutto giovani». Le nuove generazioni e i nuovi elettori sono l'ultima incognita: •Prima i giovani erano tendenzialmente di sinistra. Adesso non più: si riscontra un aumento di cattolici e praticanti, un recupero di certi valori. E cosi si spiega In parte perché la de di De Mita ha cambiato volto: quattro anni fa era laica ed effictenttsta, oggi tradizionale e cattolica». E' una situazione in movimento, comunque. Non ci sarà rivoluzione, ma la svolta forse si può annunciare. Il mercato elettorale, conclude Mannheimer, «è meno bloccato oggi di quanto non fosse un tempo». Pierangelo Sape pio

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