«Privacy anche in cella»

«Privacy anche in cella» Il giudizio del prof. Coppi sulla confessione «rubata» in carcere «Privacy anche in cella» ROMA — Anche la cella di un carcere deve essere considerata un luogo in cui un cittadino ha diritto alla sua privacy, senza essere insidiato e ingannato da chi si introduce con un registratore nascosto e lo invita a parlare. Da Franco Coppi, ordinario di diritto penale all'Università della Sapienza di Roma, uno del giovani penalisti più in vista e protagonista di molti processi importanti, arriva un giudizio positivo sull'ordinanza con cui ha. respinto lutillzzabilità come' prova delle conversazioni tra carcerati registrate da Ciccio Miano, uno del pentiti della mafia catanese. «Ciò che rende illecite quelle registrazioni — sostiene Coppi — è il modo in cui sono state raccolte. Facciamo l'esempio di una persona che riceve nella propria casa delle altre persone e con queste conversa, come si dice, a ruota libera, senza sapere che uno degli interlocutori sta registrando tutto. Dopodiché quelle registrazioni vengono utilizzate per incastrare processualmente il padrone di casa. Non è civile, non è accettabile». Ma perché? In fondo sono opinioni e testimonianze autentiche, non manipolate. •Non è lecito — sostiene Coppi — perché in questo modo viene leso il diritto alla privacy, all'affermazione delle liberto di opinione, in fondo alla libertà di dire — se si I m9t?* rr Jfnche dellèjtftopchezze.o -delle cose infondate, non provabili, comunque delle cose di cui non ritiene di dovere rispondere». Ma il caso di Torino è diverso perché le dichiarazioni registrate dal «pentito» Miano sono state fatte da imputati e riguardano reati molto gravi. «£ invece è lo stesso perché una persona che si trova incarcerata, e per di più in attesa di giudizio, il diritto alla privacy deve averlo tutelato nella sua cella, dove inoltre non si può scegliere i compagni dì domicilio, ma se li trova imposti dall'organizzazione carceraria». Per Coppi quel diritto alla privacy è già, tutelato dall'articolo 614 del codice penale che punisce la violazione di domicilio, garantendo cosi il diritto di ognuno ad avere «un territorio per muoversi in libertà e da cui poter escludere chi tenti di introdursi .iiaij^tìnjpnente o chi. con linganWsÀffiQM limitarne la libertà».v-r» E* un tema in qualche modo assimilabile a quello delle intercettazioni telefoniche, su cui ha lavorato nei mesi scorsi una commissione promossa dalla presidenza del Consiglio, La Cassazione si è pronunciata più volte su questa questione ed ha ritenuto valide anche registrazioni «private» di telefonate come elemento di prova. «Ma — so¬ stiene ancora il professor Coppi — il caso è differente perché quando uno parla al telefono, in un certo senso accetta il confronto con il suo interlocutore». Tra l'esigenza della giustizia di far la massima luce su ogni fatto, di arrivare il più possibile vicino alla verità e il diritto del cittadini alla riservatezza, scegliere è difficile. Le intercettazioni telefoniche (anche quelle disposte dalla polizia o dai carabinieri) devono essere autorizzate e. motivate dal, .magistrato. E inoltre sono previste solo per alcune specie di reati. Ma per il professor Coppi, le rivelazioni •rapinate» in carcere con il registratore nascosto negli slip da Ciccio Miano non possono essere autorizzate dai giudici perche la riforma penitenziaria vieta la registrazione di conversazioni tra detenuti e perché «la privacy va tutelata anche in quei due metri quadrati». c. m.

Persone citate: Ciccio Miano, Coppi, Franco Coppi, Miano

Luoghi citati: Roma, Torino