Napoli il Sud si specchia in te

E' un successo straordinario perché sancisce l'evoluzione storica dellp sport più popolare E' un successo straordinario perché sancisce l'evoluzione storica dellp sport più popolare Napoli, il Sud si specchia in te Premio alla fantasia La favola del San Paolo cominciò all'Azteco Come il Nord ha difeso pe logna di Schiavio. Due anni dopo c'è il germoglio del Napoli, che conquista un punticulo nel girone A del torneo. Altri due anni e comincia il ballo del girone unico. 192930. C'è spazio per il glorioso quinquennio juventino dei Combi, Rosetta e Callgaris, poi arriva nel 1941-42, quando in Italia ormai tuonano i cannoni della prima guerra mondiale, il titolo della Roma di Amadei, un nome caro a Napoli. Sembra il segnale di una nuova geografia del calcio, ma il Grande Torino di Superga e poi le altre squadre del Nord riprendono in mano le operazioni. Nel 1956 la Fiorentina di Julihno e Montuori rompe l'accerchiamento. CI riprova otto anni dopo il Bologna che da quella Fiorentina ha ereditato Fulvio Bernardini, tecnico sopraffino. Ma siamo sempre all'altezza della linea gotica. Nel 1970 sembra finalmente che l'incantesimo debba spezzarsi, perché di GIANNI ROMEO L'Incantesimo si è rotto. Lo scudetto di Napoli è anche il successo di tutto il Sud e di tanta Italia che nella geografia del calcio vincente non aveva mal trovato residenza. E' stata fatta giustizia di una mostruosità della storia e della logica. Non si vedeva, non si capiva il perché proprio lo sport che più s'ispira alla fantasia non riuscisse in Italia a rompere i confini della linea gotica. Percorriamo rapidamente insieme la storia del calcio, per arrivare a questo atto di giustizia. Nel nostro Paese il campionato ha una data di nascita ben precisa: assegna il primo scudetto con uno spirito ben diverso dalle sofferenze che fino a ieri hanno accompagnato i tifosi napoletani n primo torneo nasce e muore in un giorno. Si radunano a Torino tre squadre locali (Internazionale di Torino, F. C. Torinese, Ginnastica di Torino) più il Genoa, che fa piazza pulita della coalizione piemontese. Ovvio, sono stati gli inglesi qualche anno prima a importare in Italia questo strano sport che si gioca in mutandoni e camicia, e gli inglesi hanno scelto Genova per il loro insediamento sportivo. Si spiegano cosi i sei titoli dei rossoblu liguri nei primi sette anni, Interrotti soltanto da un successo del Milan. Al banchetto si siede poi la Juventus (1905), che apre un periodo di dominio piemontese esaltato dalle bianche casacche della Pro Vercelli. Proprio in uno degli anni d'oro della Pro Vercelli, il 1913, ecco quello che in embrione si può considerare il primo torneo Véramente nazionale, non più proprietà esclusiva del Nord. Ci sono fasi eliminatorie in molte regioni e nella Campania spuntano i progenitori del Napoli, il Naples e l'Internazionale Napoli. Ecco, il 1913. Dopo 74 anni di cammino, lo scudetto. E' la preistoria del calcio, dolce nei ricordi e meno in campo o fuori, perché i ritagli dei vecchi giornali ci raccontano di sane scazzottature tanto fra i giocatori quanto fra i supporters, come vengono chiamati i tifosi. Il calcio si ribella per la prima volta al dominio del triangolo ligure-piemonteselombardo nel 1925 con il Bo¬ r quasi un secolo il suo giocattolo il Cagliari di Gigi Riva dai piedi tonanti conquista uno scudetto di gran signficato. La Sardegna non è Sud in senso stretto, ma è caldo costante, è terra bellissima con poche risorse, è dunque la prova che si può vincere anche senza le nebbie e il gelo che non fanno scoppiare 1 muscoli, senza megasocietà alle spalle. Macché, dal 1970 abbiamo dovuto aspettare 17 anni, per avere la prova. La Lazio di Chinaglia e Maestrelli nel 1974 e poi la Roma di Falcao e Liedholm dieci anni dopo hanno soltanto reso più dura l'attesa. Ci voleva Napoli per dare un senso di universalità al calcio. Per dire che quattro scudetti soltanto al centro Italia (due Roma, Lazio. Cagliari, lasciando Fiorentina e Bologna aggregati al Nord), quattro scudetti si diceva su ottantatré disputati erano una mostruosità che offendeva la fantasia di questo gioco. di BRUNO PERUCCA Si sono già divertiti, e arrabbiati, in tanti attorno a Diego Armando Maradona. Giornalisti compresi. Nessun asso del calcio, meno Pelé, ha riempito tanto la sua epoca: con i gol, i dribbling, le parole, i gesti — drammaticamente eroici o simpaticamente truffaldini —, le fughe, i ritorni, gli amori, la figlia io i figli?). Ha fatto la fortuna dei giornali e dei rotocalchi di tutto il mondo, ha fatto quella del Napoli. Di tutti gli stranieri del Mundial, è l'unico ad essersi salvato ampiamente in questa stagione italiana. La sua flessione, di alcune domeniche, è stata causata più dalle divagazioni personali che dall'effetto Messico. La vittoria con l'Argentina all'Azteco lo ha caricato, l'età e la voglia di vincere fanno da supporto a mostruose qualità tecniche ed ad una patema fìsica che forse non è ancora considerata nelle giuste dimensioni. Mischiando tutto, ne esce un calciatore moderno con radici antiche. Diceva Cesar Luis Menotti a *El Grafico», settimanale sportivo argentino, nel gennaio del 79 quando Diego era già famoso per gioco, bizze e problemi di trasferimento dall'Argentinos Juniors: «Maradona è il rappresentante, l'unico continuatore, di una vecchia storia calcistica. Ogni suo movimento appaga i nostalgici di un footbal che fu. Sorprende i giovani, che cercano di imitarlo, ed i vecchi, che rivedono un Sivori. Ma nessuno va a cercare i perché. In realtà, Diego ha nel suo calcio tutta l'allegria, i la sfrontatezza, l'Ironia, V arte di arrangiarsi che bambini come è stato lui hanno dovuto usare ed usano, per sopravvivere, nei barrios di Buenos Aires». Si capisce allora perché Diego ami tanto i bambini di Napoli. In essi vede se stesso — correre mangiare saltare provocare ridere e piangere — nei vicoli di Lanus, sobborgo della capitale, dove la sua nascita è stata registrata — H 30 ottobre 1960 — al numero 1477 sul registro del Policlinco. Attorno a lui sette tra sorelle e fratelli: Ana, Rita, Elsa, Maria Rosa, Lalo, Huguito (il prediletto, al quale cerca posto in Italia), Claudia. Con i primi guadagni la fortuna di tutta la fa- Maradona uno, due, tre e quattro. Ecco Diego con le maglie delle quattro squadre in cui ha giocato: da sinistra con la casacca dell'Argentinos Juniors dove si è rivelato in giovanissima età, quindi con i colori di River Piate, Barcellona e Napoli. Un'altra gloriosa maglia il fuoriclasse sudamericano ha indossato: quella della nazionale argentina, campione del mondo in Messico miglia. Salto di qualità nella casa, i Maradona si trasferiscono a Villa Devoto, quartiere bene di Baires, indirizzo; Cantilo 4575. . ti a ■ iv.un m iiottnV» Il primo salto. Dopo è stato un continuo rimbalzare: Dall'ArgenUnos al fioca Juniors, quindi un dribbling ai danni della Juve che era andato a cercarlo sino a Baires, gli anni «cattiti:» di Barcellona, infine le quiete (anche se ha trovato motivi per dolersi) di Napoli. In mezzo a tutta questa vita turbinosa, il •mondiale* '86 in Messico, ora lo scudetto del più bel campionato del mondo a Napoli. L'avevamo lasciato nel '78 a Buenos Aires spettatore arrabbiato del campionato del mondo vinto da Passarella e Kempes senza di lui, ci eravamo ancora incontrati nell'82 in Spagna quando era uscito dall'abbraccio da pio¬ vra di Gentile, l'abbiamo ritrovato al Club America di Città del Messico quando spiegava il suo colpo di mano aidanni dell'Inghilterra (.SI, è vero — ammmetteva con toni e volto da impunito — è stata la mano di Dio-A ed ora lo applaudiamo campione a Napoli e col Napoli, dove ha da ringraziare compagni e allenatore, prima ancora di se stesso. Una lunga storia. Non ci siamo neppure accorti che il ragazzo Dieguito adesso — il 30 ottobre — sarà il ventisettenne uomo Maradona. Anche perché gli abbiamo dato la patente di campionissimo prima ancora che vincesse qualcosa, salvo il mondiale juniores in biancoceleste a Tokyo '79. Un predestinato, insomma, che ha trovato a Napoli — dopo Città del Messico — il secondo posto giusto per il trionfo. Un predestinato. Lo ricorda Francisco *Francis* Cornejo, scopritore di talenti, al quale nel '69 un amico ^Gregorio Carrizo — segnali) un ragazzino da favola. 1 Cbrhejó lo portò nella squadra giovanile «Los Cebollitas.. Ricorda: •Diego faceva funzionare in sincronia cervello e gambe. Non ci si poteva sbagliare. Con lui in campo giocammo centoquaranta partite consecutive senza perderne una». Da allora prodezze, nervosismi e gol, tanti gol. Per Argentinos, fioca, Barcellona, nazionale biancoceleste e Napoli. Tante azioni felpate, ficcanti, vincenti, tante punizioni maligne. A Buenos Aires ricordano ancora, come sua azione più bella, una chiusa paradossalmente da un errore. Argentina-Bulga¬ l'autunno dello stesso anno, il più grave incidente della carriera: frattura del malleolo e rottura dei legamenti della gamba sinistra per un intervento carognesco, da tergo, di Goicoechea, difensore dell'Atletico di Bilbao. Uno scandalo. Quel giorno Maradona pensò «basta con il calcio spagnolo», anche perché cominciavano i litigi con il presidente Nuiiez. Nel luglio '84, dopo settimane di estenuante braccio di ferro, il presiderite Ferlaino riusciva a portate il Diego al Napoli. Quasi 15 miliardi il prezzo, pagati dal club — certo di recuperargli con gli incassi — a rate, e con la garanzia del Banco di Napoli che aveva come .sponda. il . valore del campo di allenamento della società. Un blitz (complice Juliano) che ha portato sotto il Vesuvio l'uomo scudetto. Il resto è storia di oggi, è noto. Il Napoli campione non sarà del tutto Maradonadtpendente, la squadra ha trovato il suo equilibrio, ma Diego «si è pagato» con i suoi gol, con l'esempio, e con una presenza che da sola — attirando tre avversari at-. torno — ha dato spazio ai compagni. Al mondiale, dobbiamo ammetterlo, ha coagulato attorno all'Argentina le attenzioni di tutti i giornalisti italiani. Cercavamo i suoi difetti di carattere, nel calciatore non potevamo trovarne. Scrivevamo: litiga con il et Bilardo, litiga con i compagni perché si è portato il massaggiatore Cannando da Napoli, litiga con i medici perché non li ascolta. Va bene. Ha litigato con tutti, ■ma A stato il prime artefice .delltfrVittoria mc$<4}filetr}o:\-x Adesso ha litigato anche con Napoli città, ma ha portato lo scudetto. Non da solo, certo, ma con molta partecipazione. Ricorda: «Nel '79 venne a trovarmi un amico di Vinicio, credo. Mi disse che una società, il Napoli, mi offriva dieci giorni di vacanza se solo andavo a farmi vedere. Mi regalò due maglie, una azzurra ed una bianconera. Era un mediatore, teneva il piede in due staffe. Ma io preferii Barcellona, stessa lingua, mi sentivo più tranquillo. Dopo però, quando il Napoli si è fatto avanti concretamente, ho capito che poteva essere una scelta decisiva». ria del 25 aprile 79, 2-1, reti di Houseman. Bonev e Passarella. Diego parte sulla tre quarti campo con un dribblig. vincente-..^u.uSMHov. scatta per eludere il recupero di Grantcharov, ■finta, il portiere Hristov ma poi... tutto è sin troppo facile. Allora l'attesa di Dimitrov ed il dribbling che lo manda a terra, il sinistro maligno che vanifica il recupero di Stojanov, la porta libera..., il tocco a lato. I suoi passi corti ma sicuri l'hanno portato dall'Argentinos Juniors al Baca, la squadra del barrio dei genovesi, nel febbraio dell'81. Ma il Boca non aveva soldi per pagare il debito, l'Argentinos ancora suo padrone lo cedette al Barcellona per dieci milioni di dollari (dell'82). Da •spagnolo' ha fallito il mondiale giocato in casa. Nel¬