«Non volevano uccidere Ramelli» di Susanna Marzolla

€€ Non volevano uccidere Ramelli» €€ Non volevano uccidere Ramelli» E' la tesi dei difensori dei sei imputati che hanno confessato d'aver picchiato mortalmente lo studente milanese - L'ultima arringa dal legale di Belpiede: quel giorno era in Puglia MILANO — Sono finite ieri le arringhe dei difensori al processo per l'omicidio di Sergio Ramelli e per l'assalto al bar Porte di Classe. L'ultima posizione esaminata è stata quella di Antonio Belpiede, il medico e consigliere comunale del pei (era sospeso) di Cerignola che il pubblico ministero, Maria Luisa Sameno, aveva chiesto di condannare a 21 anni di carcere e che invece il suo avvocato Domenico Pulitane, ha chiesto di assolvere per non aver commesso il fatto: *Quel giorno — ha detto il legale — Belpiede era a casa sua, in Puglia, come hanno detto diversi testimoni. Se gli altri i. - tati lo ricordano con loro, q-esto è il frutto di una sovrapposizione nei ricordi, di suggestioni avvenute nella fase istruttoria*. La stessa richiesta (assoluzione con formula piena) è stata formulata dagU avvo¬ cati di Brunella Colombella Walter Cavallari e Giovanni Di Domenico. La Colombelli è accusata di aver indicato dove Ramelli posteggiava il motorino e per lei 11 pm ha chiesto 16 anni di carcere. •Ma che bisogno c'era di ricorrere a lei per quelle informazioni — ha detto il suo legale, Giuliano Spazzali — quando Ramelli era notissimo nella sua scuola, e tutti conoscevano le sue abitudini?*. Walter Cavallari, per unanime testimonianza non partecipò all'agguato contro Ramelli «e non vi è alcuna prova — ha sostenuto l'avvocato Mario Dlodà — che abbia preso parte alla sua preparazione*. (Cavallari, per cui 11 pm ha chiesto 14 anni, è l'unico imputato che la stessa parte civile ha chiesto di assolvere dall'accusa di omocidio). Più complessa la posizione di Giovanni Di Domenico. Imputato di entrambi 1 reati (Ramelli e Porto di Classe) l'accusa aveva chiesto per lui la condanna più pesante: 25 anni. E1 suoi legali. Marco Janni e Michele Pepe, hanno cercato innanzitutto di dimostrare la sua estraneità all'organizzazione dell'agguato contro il giovane neofascista. •Di Domenico non era allora responsabile del servizio d'ordine — hanno detto — e quindi non era tenuto a sapere quanto si andava facendo. Il vago ricordo di un imputato ("Mi sembra che Di Domenico mi parlò di un'azione antifascista") non può essere che un labile indizio, non una prova*. Per l'assalto al bar si è teso a ridimensionare l'episodio, caratterizzato Invece dall'accusa come un tentato omicidio: la stessa linea difensiva hanno seguito 1 legali degli altri imputati per questo episodio. •Non volevano uccidere; non è 'tato un omicidio vo¬ lontario ma preterintenzionale*. Questo il motivo dominante nella difesa degli imputati che hanno confessato la loro partecipazione all'agguato: Franco Castelli, Claudio Scazza, Luigi Montinari (richiesta di condanna, 16 anni), Claudio Colosio (19 anni); Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo che colpirono materialmente il giovane neofascista e per cui l'accusa ha chiesto rispettivamente 22 e 24 anni di carcere. •Non si può non credere loro — hanno sostenuto gli avvocati — quando dicono che volevano solo causare pochi giorni di prognosi a Ramelli. L'accusa ha parlato delle chiavi inglesi come di armi adatte ad uccidere ma erano già state usate per altre aggressioni senza gravi conseguenze. Come potevano gli imputati immaginare che si arrivasse a tanto?*. Susanna Marzolla

Luoghi citati: Cerignola, Puglia