Depardieu Sapete? Ero un musulmano

Depardieu: Sapete? Ero un musulmano Depardieu: Sapete? Ero un musulmano CANNES — Liz Taylor, racconta il suo assistente francese, ha preso 40.000 dollari, circa cinquanta milioni di lire, come compenso per la sua /'apparizione personale» al festival. Regalato. Il contratto firmato con l'organizzazione esclude ogni /'prestazione giornalistica» da parte dell'attrice, prevede il pagamento a parte delle spese di viaggio e soggiorno anche per gli accompagnatori. Ma Liz è onestissima, correttissima, assicura l'assistente: a far mettere in conto al festival gli extra (bar, acquisti, inviti eccetera) non prova neppure, davvero una donna meravigliosa. Tra le star americane, parecchie sono arrivate a Cannes per il quarantesimo compleanno del festival con contratti simili, naturalmente con compensi diversi, adeguati ai vari livelli di notorietà, alle differenti quotazioni di mercato: le «apparizioni personali» rappresentano negli Stati Uniti per le persone famose una forma usuale di lavoro secondario. Le star europee, invece, si contentano spesso del semplice ma ricco rimborso spese, sono spinte a partecipare a anniversari e cerimonie anche da ragioni affettive oppure autopromozionali. In qualche caso, i compensi non sono soltanto puramente quattrinai: malvagi e inattendibili pettegolezzi insinuano da giorni che, in cambio della propria presenza a Cannes, Paul Newman abbia chiesto per sua moglie in Zoo di vetro il premio destinato alla migliore attrice, e che anche per questo l'anomalo film sia stato presentato in concorso. Gerard Depardieu, che in Sous le soleil de Saian recita il personaggio d'un prete cattolico (fortuna: almeno la tonaca lisa dell'abbé Donissan cela la provvisoria grassezza dell'attore), racconta che lui, da piccolo, era musulmano: «Sono stato musulmano per due anni: la religione musulmana mi pareva quella più a favore dei poveri, mentre la carità cristiana mi sembrava una cosa sporca, perché ero povero e non avrei voluto dover ricevere la carità. Mi pareva che i musulmani avessero un senso dell'onore diverso, più guerriero, più nobile... >>. L'idea di Dio e la consapevolezza del bene e del male, racconta, vennero più tardi: «Non sono stato allevato religiosamente. A casa mia sono sempre stato considerato una pecora nera, sempre fuori del gregge, anche quando ho voluto fare la prima comunione. Non ho potuto farla nel giorno stabilito, e dopo i mìei non ci hanno più pensato, si sono dimenticati. Hanno dimenticato pure di far battezzare gli altri miei fratelli; hanno cercato di essere normali fino al secondo, al terzo figlio, poi hanno lasciato perdere». In dodici anni di carriera Jean Gabin girò venticinque film. Fernandel ne girò trenta. Depardieu ne ha girati cinquantacinque: «Il mio dramma è l'abbondanza. Vorrei fermarmi, e non posso». Non ha perduto la sua eloquenza da predicatore né la sua vitalità da camionista, ma è stanco. Eppure non resiste alle proposte interessanti, come questa del film di Pialat che viene presentato oggi al festival, tratto dal romanzo di Bernanos: «Io sono agnostico. Pialat è ateo. Un ateo e un agnostico per Bernanos, funziona benissimo». Stephen Frears, il regista inglese di Prick up your Ears e, prima, di My Beautiful Laundrette (alto e pallido con pallidi occhi celesti, jeans, capelli corti strapazzati dal vento, simpatico), dice che gli è capitato per caso di fare due film con coppie omosessuali come protagoniste: «Non è che questo sia un momento specialmente favorevole per il Gay Cinema, no. Almeno, non credo. Il primo film è stato casuale, l'ho fatto con innocenza e non m'aspettavo affatto un tale successo. Questo secondo film è senza innocenza: l'ho fatto appo sta, con calcolo». La morte del commediografo trentaquattrenne Joe Orton, ammazzato dal suo amico e convivente che subito dopo si uccise col Nembutal, suscitò nel 1967 in Inghilterra forte scandalo, dice Frears, «perché era un caso molto inglese: me scolava sesso, morte, rap porti di classe. E l'omosessualità era stata cancellata come reato dal nostro codice soltanto da un mese». Lui ha raccontato la vi cenda, dice, come la storia di un matrimonio, con tutte le difficoltà della convivenza unite alle difficoltà della povertà: «Diversamente da oggi, però, negli Anni Ses santa essere poveri non ave va alcuna importanza». suo prossimo film racconterà un'altra «relazione orribile», ma tra un uomo una donna: «Ho avuto una lunga convivenza, ho visto miei genitori per venticinque anni, so per esperienza quanto sia diffìcile, impossi bile, vivere in due». Persone di Lietta Tomabuoni

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