La battaglia di una giovane madre passata dalla speranza alla disperazione

^Orct che ho ccì^à liti tol^ortùì figH La battaglia di una giovane madre passata dalla speranza alla disperazione ^Orct che ho ccì^à liti tol^ortùì figH Rimasta con due bimbi dopo un'unione fallita e costretta a vivere in una soffitta, accettò di affidare i ragazzi al servizio sociale - Adesso ha trovato casa e si è sposata, ma il tribunale li ha dichiarati adottabili Una giovane madre rischia di perdere i due figli perché, per quasi tre anni, non è stata in grado di offrire loro una casa decente. Viveva in una soffitta: ora che finalmente ha un alloggio confortevole deve rinunciare al bambini, destinati in adozione ad un'altra famiglia. La donna, Marisa Tutlno, 27 anni, collaboratrice domestica nell'abitazione di un ingegnere, in collina, non riesce a darsi pace: «Non e giusto, Cristian e Alessandro vogliono stare con me. Perché non darmeli?». Disperata, Marisa Tutine racconta: «La mia storia è incominciata 10 anni fa, quando andai a vivere con un uomo di cui ero innamorata. Ma lui si rivelò un piccolo delinquente, che arrotondava la paga di operaio con qualche furto. Entrava e usciva dal carcere, diventò violento. Io, stanca, decisi di rompere la relazione e me ne andai con i bambini. Allora, nell'83, Cristian aveva 6 anni e Alessandro 5. Il padre però, uscito dal carcere, volle portarsi via Cristian dai suoi parenti in Sicilia: io non volevo, ma l'assistente sociale mi convinse spiegandomi che era pur sempre il padre. Io andai a vivere da un'amica; poi lei venne sfrattata e non trovai di meglio di una soffitta con servizi esterni in comune». Una vita dura. La donna fa la collaboratrice domestica («una brava ragazza, seria, gran lavoratrice» dice la famiglia presso cui lavora), cerca di risparmiare al massimo. Nel frattempo l'ex convivente torna al Nord e affida il piccolo Cristian al servizio sociale: «Non sono in grado di assisterlo». Il piccolo soffre di solitudine, angoscia di abbandono. L'assistente sociale propone alla donna: «Ci dia anche Alessandro, farà compagnia al fratello, starà anche meglio che in questa soffitta». I fratellini vanno prima in comunità, poi presso una famiglia in affidamento per un anno, poi ancora in comunità. La madre cerca disperatamente un appartamento, vede i figli due volte al mese (le altre due visite spettano al padre). Nel maggio '85 Marisa Tutino riesce a trovare finalmente l'alloggio: due camere, cucina e servizi. Racconta: «Mi sembrava di toccare il cielo con un dito. Finalmente potevo riprendermi Cristian e Alessandro. E potevo sposarmi con quello che è diventato poi mio marito, più che disposto a far da padre ai piccoli. Ma quando vado per riprendermi i bambini mi dicono che devo rivolgermi al tribunale dei minorenni perché pochi giorni prima si era 'aperto' lo stato di adottabilità». La donna non si dà per vinta, non riesce a capacitarsi che i figli, forse, li ha persi per sempre. «Cristian e Alessandro sono motto legati a me. Non li ho mai abbandonati, e quando sono andati via da casa erano già grandicelli, che vita sarà la'loro? E la mia?». Ma intanto 11 tribunale dichiara lo stato di adottabilità. Per la madre è un dramma: «Da un anno non vedo i bambini». Con l'aw. Geritane fa ricorso, che viene però respinto. Ora spera nell'appello/. Dice la donna: «In tribunale mi hanno detto che avrei dovuto sbrigarmi prima a trovare casa, ho perso troppo tempo. Certo, se avessi guadagnato 2 milioni al mese avrei trovato facilmente un alloggio. Ma perché l'assistente sociale non mi ha avvertita? E' assurdo che io perda i miei figli proprio ora che ho una casa e un marito che guadagna bene». n. pie.

Persone citate: Marisa Tutine, Marisa Tutino, Marisa Tutlno

Luoghi citati: Sicilia