La sfrenata diva del regime

La sfrenata diva del regime MILANO, DORIS DURANTI PRESENTA «IL ROMANZO DELLA MIA VITA» La sfrenata diva del regime Fu il «sex symbol» durante il fascismo - La relazione con Pavolini, ministro di Salò e comandante delle Brigate nere, finito a piazzale Loreto: «L'uomo che ho amato di più, così tenero, imprevedibile» - Ora, settantenne, vive a Santo Domingo: «Morirò a un ballo o a un cocktail» - Non rinnega nulla: «Nella dittatura stavo bene» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MILANO — Si annuncia con un profumo avvolgente, notturno. «E' Nahoml. E' forte. Non amo le mezze misure». Doris Duranti ha 70 anni, ha i capelli rossi, il rossetto rosso, lo smalto (anche alle unghie dei piedi) rosso. Un abito festoso pieno di blu e di giallo, due orecchini a conchiglia, un collier d'oro, due anelli ricchi di zaffiri Me pietre che preferisco, così misteriose, cosi passionali»;. E' appena venuta dai Caraibi: -La mia pelle adesso è rosa. Per forza, con tutto quel sole. Ma una volta era bianchissima. Goebbels mi diceva: "La sua pelle è di marmo". A Santo Domingo sto benissimo, non si creda. Feste, spiaggia, rum. Morirò a un ballo o a un cocktail». Doris Duranti non rinnega nulla del suo passato. Piuttosto rimpiange: «Potevo avere di più». Tutta la sua storia adesso è qui, in un libro di memorie edito da Mondadori. Gliel'ha curato il giornalista e scrittore Gian Franco Vene sistemando il suo diario, appunti caotici tenuti insieme da un nastro di pizzo rosa. Vene pensava che dalla sua vita venisse fuori l'esemplare perfetto della diva negli anni del fascismo e di tutti i fascismi. Ha ragione. Doris Duranti attraversa gli Anni Trenta assolutamente impermeabile a quello che accade. Ha solo un obbiettivo: «Amore, denaro, piacere». Lo coltiva fin da bambina, a Livorno, ribelle alla famiglia. «Sono nata a dispetto», racconta. Il padre avvocato, la madre timorata, le eie solitarie. Quella bambina faceva chiasso, non la si domava facilmente. Non amava le bambole. Aveva solo due amici: il coniglio Bombo e la gallina Benito. E quando alla vigilia della prima Comunione récìlS'tkifémkM11 rosso nel ritiro di, un collegio, la sua parte era quella del lupo. Finché imparò a guardarsi allo specchio, a 12 anni. «Non ero bella», ricorda. Ma qualcosa in lei piaceva: l'espressione piccante, gli occhi tagliati a mandorla, l'aria esotica, per via forse di una -traccia semitica». Alla prima festa si annerisce le ciglia con un tappo bruciato e si tinge le guance con delle vecchie peonie di stoffa. Un corteggiatore che «tenta con mossa tigresca di baciarla con un bacio soffocante» viene ricambiato con «impeto più intenso». «Gesù, chi ti ha insegnato alla tua età», geme il giovane. E lei: «Passionali si nasce. Poi si migliora». Doris Duranti brucia. Vuole esibirsi, cerca il cinema. Fugge di casa. Comincia la scalata a Roma. Dalla pensioncina all'appartamento con i mobili laccati. I primi dei suoi 29 film importanti. Gli uomini con cui si accompagna sono solo di un tipo: potenti o ricchi. Ecco il produttore che le decide la carriera: Armando Leoni, della Scalerà Film. «Ci amammo su tappeti cinesi morbidi come pellicce, tra arazzi del Seicento che raffiguravano scene pastorali e giardini di rose». E finalmente lui, Alessandro Pavolini, il Robespierre nero, il ministro della Cultura, poi segretario del partito fascista nella Repubblica, di Salò 'e comandante 'aetìewBrigate «erg, «E' stato 41 più. grahSéf itinere della mia vita», "dice ancora oggi Doris Duranti. «Era sensibile. Intuitivo, imprevedibile». Nel libro lo descrive «bruttarello, con un fisico striminzito, incapace di mostrarsi allegro, avaro di parole» Doris Duranti in una scena di seduzione nel film «Resurrezione», girato nell'anno stesso della caduta del fascismo

Luoghi citati: Livorno, Milano, Mondadori, Roma, Salò, Santo Domingo