La critica ha sempre cercato dì edulcorarlo

Gli studi sullo scrittore e i nuovi contributi Gli studi sullo scrittore e i nuovi contributi La crìtica ha sempre cercato dì pdì edulcorarlo Ritratto di Giacomo Leopardi eseguito da Lolli per il passaporto che il poeta ottenne nel 1812 slstl attuali sono 1 logici eredi, e si costruisce un Leopardi compagno di strada; e, In più, ritorna alle stantie diatribe su Leopardi classico o Leopardi romantico, per etichettarlo come classicista, perché il classicismo è, in ogni caso, anch'esso progressista, essendo razionalista e materialista, e, in questo modo, cancella tutto quanto scrive il Leopardi sul fallimento della ragione illuminista e sulla negatività del trionfo della ragione sulla natura. Vi è, poi, chi ha isolato una parte soltanto di un testo leopardiano (la Ginestra è stata la vittima principale), per poter proclamare che, proprio nell'estremo del Canti, 11 Leopardi ha accolto una sorta di unanimismo di solidarietà. Invitando gli uomini a confederarsi insieme contro il «brutto potere» della Natura; e cosi, sempre In forza delia dialettica confortatoria, ecco il Leopardi attualizzato a sostenitore dell'unione di tutti gli uomini contro oppressioni e violenze non più naturali, ma storiche. B fatto è che 11 nichilismo leopardiano è davvero, soprattutto In Italia, uno scandalo troppo eversivo per poter essere accettato per quello che è. Da noi la letteratura, quando prende posizioni rigorose e radicali, va opportunamente corretta ed edulcorata. Le ragioni della pura bellezza o del progresso politico o dell'inevitabile sviluppo razionale della storia vanno chiese contro chi, come il Leopardi, le rifiuta. Come non ricordare che ne La ginestra il Leopardi, non che volgersi a progressiste visioni di uomini in marcia verso 11 sole dell'avvenire, ci dà l'Immagine più nuda e atroce della catastrofe continua che è la storia con la descrizione dell'annuncio della nuova eruzione del Vesuvio e con l'immagine della desolata schiena dello sterminator Vesevo, mentre irride alle illusioni degli uomini, che si credono fatti immortali da Dio o da se stessi e dal proprio progresso tecnologico o dalle fedi politiche nell'avanzata irresistibile del destini storici? Nessuno più del Leopardi ha mal negato con tanta chiarezza le consolatorie fantasie del pensiero dialet. tlco e quelle altrettanto Illusorie della poeticità pura, ed e un ben curioso destino 11 suo di essere stato tante volte coinvolto nell'uno e nell'altro sogno, per esserne opportunamente esorcizzato. Fra gli autori italiani, senza dubbio il Leopardi è di quelli che, soprattutto negli ultimi decenni, più è stato studiato: eppure si ha l'impressione che permanga sempre, nei suol confronti, 11 disagio di chi, di fronte al nudo orrore del suo pensiero che si fa poesia, in verso e in prosa tende a porvi sopra qualche velo che lo nasconda o, almeno, lo renda meno radicale, meno vlolente.nt-ntc evidente. L'opera leopardiana proprio per questo viene a essere una sorta di reattivo quanto mal sensibile per critici e interpreti: una sorta di luogo decisivo, dove è necessario uscire allo scoperto con 11 proprio coraggio di verità, se c'è, oppure mo¬ . . . o a a a é e i é a li o o i ni : è l a e o, a, i ul ¬ stinato a suscitare più fruttuose polemiche, anche per il tono provocatorio con il quale é scritto e per le prese di posizione radicali nel confronti della tradizione esegetica oltre che per l'Impostazione rigorosamente ideologica e filosofica (ma l'analisi tende a svolgersi soprattutto sul Canti, cioè sul nesso fra pensiero e poesia come aspetto fondamentale dell'opera leopardiana), è quello di Antonio Negri, che è anche un bel caso di rispecchiamento della contemporanea delusione e disperazione della storia entro l'opera - del Leopardi. Certo, anche Negri finisce a usare il pensiero leopardiano in funzione di un discorso intorno all'assoluta negatività dell'attuale momento storico, un poco pretestuosamente paragonato a quello successivo alla rivoluzione francese, senza tenere conto che non c'è stata oggi proprio nessuna rivoluzione, né mai neppure c'è stato il minimo segno che —una-rivoluzione stesse per prepararsi B nichilismo leopardiana insomma finisce con l'esse-, re particolarmente e insistentemente proposto come esemplo e modello per giustificare il proprio attuale nichilismo di fronte al fallimento dell'Illusione di storia coltivata negli anni passati Siamo sempre nell'ambito di un'operazione che tende a usare l'opera leopardiana in senso consolatorio, poiché non può non dirai ricerca di conforto anche il vederla come la più radicale dichiarazione del nulla esistenziale e storico, politico e filosofico, e, attraverso tale modo di considerarla suggerire la propria slmile disperazione come degna della leopardiana grandezza a essa omologa quindi ugualmente celebrarle ed esaitabile. Ma è, tuttavia un modo di prendere particolarmente sul serio le idee più fermamente nichiliste del Leopardi e di opporle efficacemente alle correzioni ottimistiche di tanti interpreti anche se Negri scrive In un linguaggio troppo faticoso, contorto e confuso. La speranza nel rinnovamento della critica leopardiana può, allora venire, magari soltanto per opposizione e polemica da qualche non addetto al lavori? Forse, se le celebrazioni anniversarie non soffocheranno con i loro riti ogni tentazione di rimettere In gioco l'intera questione leopardiana Di recente, al Manzoni è andata particolarmente bene, perché dalle commemorazioni centenarie è venuto fuori molto di nuovo e di vivo. Speriamo che la stessa ventura tocchi anche al Leopardi G. Barberi Squarotti Tre dei libri citati nell'articolo di Bàrberi Squarotti sono freschi di stampa La biografia «Giacomo Leopardi» di Renato Minore, che ricostruisce la vita privata del poeta, è uscita da Bompiani (pp. 250, L. 18.000). Il saggio di Alberto Frattlnl, «Giacomo Leopardi», una lettura critica di tutta l'opera, è riapparso da Studlum (pp. 280, L. 15.000). «L'ultimo Leopardi» di Angiola Ferraris, che ha analizzato il pensiero e la poetica leopardiani negli anni 1830-37, è pubblicato da Einaudi (pp. 181, L. 12.000). Il quarto titolo, «Lenta ginestra» di Antonio Negri, edito da SugarCo (pp. 416, I. 25.000), sarà in libreria • metà mese. strare interamente il proprio timore, la propria esitazione, la propria incapacità di riconoscere come proprio slmile e fratello in letteratura anche chi, come il Leopardi, nega radicalmente storta e vita, ogni progresso e ogni ottimismo della ragione. Se, di conseguenza, U Leopardi non ha certamente bisogno della ricorrenza centenaria per essere additato alle, comune attenzione, tuttavia, forse, l'occasione è buona per un confronto con la sua opera privo di' pregiudizi e di ricerche di consolazioni e di esorcizzazioni. Le prime opere pubblicate sul Leopardi In questi ultimissimi tempi aprono speranze e, al tempo stesso, confermano dubbi. Se la biografia di Renato Minore si raccomanda più che per novità di notizie, per l'eleganza della scrittura che ne fa una specie di quasi romanzo, come è, del resto, consuetudine che si faccia da quando le biografie hanno incominciato a essere di . moda (e, in questi termini, è tuttavia un bell'esempio di scavo psicologico e di abilità descrittiva), la ristampa dell'accurata e attenta monografia leopardiana di Alberto Fruttini può ben essere l'occasione per rivedere le posizioni canoniche della critica leopardiana nel loro svolgimento attraverso gli anni, verificando cosi direttamente lo stato della situazione. Certamente più vivo e stimolante è il libro di Angiola Ferraris, anche perché affronta in capitoli che sono senza dubbio la parte migliore del lavoro, 11 significato dell'ironia e della satira leopardiane, con particolare riguardo al Paralipomeni, ma anche al Tristano, alla Palinodia e a / nuovi credenti, cioè a testi che sono stati tanto spesso messi da parte proprio perché appartenenti a quella faccia satirica e polemica che, della poesia, poco oggi si ama parlare, sempre perché troppo .inquietante per le ferme fedi e gli ottimismi storici Se mal, ci sarebbe da osservare che anche la Ferraris si lascia a tratti coinvolgere nel voler salvare Leopardi da se stesso insistendo sugli aspetti formali della sua poesia: non perché questi non siano di suprema sapienza ma perché tali sono soltanto In rapporto con le Idee che essi vogliono manifestare. Né parlerei di «città futura» per le visioni leopardiane de La ginestra: l'utopia del Leopardi non è nel futuro, ma se mai, nel poter pensare a una riunione di uomini tutti ugualmente consapevoli del nulla e del male delia storta e della vita, e la luna leopardiana non è il simbolo celeste dell'idillio, ma al contrarlo, la figura dell'indifferenza, della testimone fredda e distaccata dell'orrore dell'esistenza degli uomini. Forse, allora, il contributi alla discussione critica sul Leopardi che mi r.smbra de¬ —

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