Pubblicità fa cultura

Pubblicità fa cultura Pubblicità fa cultura IL linguaggio delta pubblicità ha ormai evidenti pretese intellettuali e artistiche: è incondizionatamente aperto a tutte le immariini (dall'elettronica al bianco-nero rétro), a tutte le forme di lessico (la semiologia per pubblicizzare i detersivi, la critica d'arte per descrivere le automobili), a tutte le esperienze (dal quotidiano all'insolito, dall'avventuroso al banale: come non esistessero — e forse non esistono più — differenze tra l'uno e l'altro): si concede anche allo stile .d'autore, (famosi registi per pubblicizzare pasta e aperitivi/ Tutto dò dimostra — spiega Laura Frontori in un suo recente libro, n mercato dei segni (Cortina editore, pp. 186. L. 20.000) — che la pubblicità è suscettibile di .integrazione culturale., che cioè è possibile farne una manifestazione di cultura a pieno titolo. La condizione per cui ciò possa avvenire, sostiene l'autrice (allieva di Franco Fornari, al quale il libro è affettuosamente dedicato), è che il .mercato dei segni, si sottoponga a una sorta di moralizzazione: divenga cioè trasparente nelle sue motivazioni e nelle sue scelte, e abbandoni definitivamente lo stile di .occulta persuasione, su cui tanto si è discusso negli Anni Sessanta e Settanta. t. d. a.

Persone citate: Franco Fornari, Laura Frontori