Una preghiera, il kaddish l'ultimo saluto degli amici di Primo Levi
liner preghiera, il kaddish l'ultimo saluto degli amiti liner preghiera, il kaddish l'ultimo saluto degli amiti Con una semplice preghiera — il kaddish — gli amici saluteranno Primo Levi per l'ultima volta. Alle' 14,30 11 rabbino capo della Comunità Israelitica, professor Emanuele Artom, reciterà in via Chiabrera, all'istituto di medicina legale, 11 salmo d'addio al grande scrittore. Poi, per alcune centinaia di metri, chi vorrà potrà seguire, a piedi, la salma. Sarà un omaggio silenzioso, ma profondo e partecipato, e siglerà l'inizio di una cerimonia funebre necessariamente molto essenziale, lineare, breve. Secondo la religione ebraica, domani sera comincia la Pasqua che du¬ ll'almanacc rerà una settimana esatta. In questo periodo non si possono celebrare cerimonie come matrimoni e funerali. Dunque Primo Levi dovrà essere sepolto prima del tra.nonto. Ma non sarà un funerale frettoloso. Il corteo, in auto, si sposterà direttamente al cimitero generale in corso Regio Parco. Nessun cerimoniale particolare, nessun discorso. Le consuetudini ebraiche non .prevedono in questo caso, a ridosso di un periodo festivo, gli elogi funebri. Ad accompagnarlo nell'ultimo viaggio ci saranno sicuramente moltissimi rappresentanti del mondo della cultura, 1 soprawis- o del 1984 suti alle deportazioni naziste che con lui hanno spartito sofferenze, visioni e ricordi terribili, moltissimi che lo hanno conosciuto, schivo, sereno, lucidissimo testimone di una tragedia che nessuno si può permettere di dimenticare. Dietro alla sua bara ci saranno quindi scrittori, ma anche tanta gente qualunque che l'ha conosciuto nelle sue rare uscite pubbliche e soprattutto lo ha seguito e apprezzato attraverso le pubblicazioni che hanno avuto 11 peso delle autentiche testimonianze. Non mancheranno i compagni delle brigate partigiane •Giustizia e libertà* nelle quali Primo Levi aveva lottato prima di essere catturato il 13 settembre del 1943 per essere poi avviato attraverso un'odissea di dolore ad Auschwitz. Con loro e accanto ai familiari tutti coloro che come Norberto Bobbio o Giulio Einaudi spartivano con lui, spesso in questi ultimi tempi, passeggiate di discussioni, di giudizi sulle ideologie, sulle degenerazioni. E, semplicemente, chi lo ha visto nel tanti anni di lavoro come direttore della Siva chimica di Settimo; chi lo ha avuto ospite in centinaia di incontri nelle scuole del Piemonte per parlare degli interrogativi di Se questo è un uomo. Alla fine della cerimonia funebre verrà recitato un altro salmo: «Dio è misericordioso...* e il ricordo che l'uomo è polvere e nella polvere deve tornare rappresenterà l'ultimo abbraccio ad'un «ebreo laico» che se ne va. ' • ' ' « - ' Ebreo laico, infatti, era definito dai 1260 rappresentanti della comunità israelitica torinese e lui stesso era orgoglioso di questa sua radice religiosa e culturale che però non doveva diventare un abito troppo stretto. •Quando cammino per strada — diceva — non mi, dicono ebreo, mi chiamano con ne c'è un Centro ialità e riservatezz nomee cognome*. •Non frequentava la nostra Comunità — ricorda Anna Bises Vitale che è la vicepresidente — ma per la sua etica non ha mai dimenticato chi viveva in essa. Non veniva alle funzioni religiose tuttavia aveva scritto Is prefazione del libro che pubblicammo in occasione del centenario del nostro tempio. Anzi, giusto tre giorni fa, aveva telefonato per sapere se erano arrivate le azzime, il pane senea sale della nostra Pasqua che comincia*. Il suo credo veniva fuori quando soriveva perché denunciava l'olocausto di minoranze religiose e represse. «Ha sentito per sé l'imprescindibile dovere di ricordare — dice Tullia Zevi, presidente delle comunità israelitiche —, si era assunto il compito (che è diventato dovere) di ammonire contrastando le tendenze revisioniste della storia che portano a incoragniare l'oblio. Diceva che il passato va recuperato perché chi lo scorda è condannato a riviverlo. Lo ripeteva con profondo senso di umanità, con tranquillità d'animo, senza rancore. Ricordava perché tutti ricordassero, perché non si ripetessero errori e orrori del passato*. Il padre era un ingegnere e Primo Levi era un ricercatore chimico. Enrico Accati, proprietario dell'azienda dove Primo Levi ha lavorato per venticinque anni fino alla pensione, ricorda: «Ci siamo conosciuti nel '50, era disoccupato dopo la laurea e la deportazione nei lager, cercava un imittego. •' ' Uh1 grande lat>oratOre'Icfte ha fatto crescere la nostra azienda fino a farle raggiungere- una dimensione internazionale. Infatti, aveva scoperto interi procedimenti per la realizzazione di resine sintetiche, poliestili e tutta la gamma delle vernici isolanti. Un tecnico veramente impegnato e prestigioso*. Gian Mario Ricciardi INFORMAZIONE PUBBLICITARIA CIMET che vi a per indicarvi...
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