La vita schiva di un ebreo piemontese di Primo Levi

La vita schiva di un ebreo piemontese La vita schiva di un ebreo piemontese Il suo primo impiego in una cava d'amianto La sua piemofitesità era di vecchio stampo, àpp artèrie va a una tradizione subalpina che rifiuta i clangori e che c'è chi . 'scambia per sdegnoso ' distacco • 1919. Primo Levi nasce a Torino 11 31 luglio da una famiglia borghese di origine ebrea proveniente dal Cuneese. Inizia 1 suol studi al liceo Massimo d'Azeglio. • 1941. Si laurea In chimica e incomincia a lavorare In questo settore: il primo Impiego è In una cava di amianto a Balangero (non lontano da Torino) e poi come dirìgente In una industria-chimica di Milano, la Wander. • 1943. Si unisce, dopo l'8 settembre, a una piccola formazione partigiana legata a «Giustizia e libertà», che nel dicembre di quello stesso anno viene sorpresa e catturata, • 1944. Come ebreo, è prima trasferito nel campo di Fessoli (Modena) e, nel marzo, deportato od Auschwitz. • 1945. Liberato nel '45 dalle truppe sovietiche in Polonia, con un avventuroso viaggio farà ritorno a Torino soltanto a fine ottobre. • 1947. Riprende la sua professione di chimico In una fabbrica di vernici ad A vigliami. E' in questo periodo che nasce il Levi scrittore. Lasciata A vigliarla, si impiega alla Slva di Settimo Torinese. • 1963. L'attività letteraria gli dà notorietà Vince 11 suo primo premio Campiello (11 secondo gli sarà attribuito nell'82). • 1966. Vince 11 premio Bagutta con un libro firmato con lo pseudonimo Damiano Malaboila. • 1979. Arriva anche 11 riconoscimento del premio Strega. 9 1987. Sabato ,11 aprile si toglie la vita gettandosi dalle scale del suo palazzo torinese di corso Re Umberto. ;:] 7«J ÉfKIcri'ré,' crl«A . . ■ , .jlIÙJli, -ni" "•'"i' ■ ' ' ' ■■ ' ' , ' •- ' ' La Resistenza Primo Levi la fere ad Auschwitz perché questo era il destino degli ebrei: confluire a forza nei campi di sterminio nazisti affidando alla sorte non già la propria persona, ma il momento in cui la stessa persona sarebbe stata vinta da un soffio di gas più forte del soffio vitale che la sostiene. E quanto più fortunosamente si è reduci da atroci esperienze, tanto più esse incidono sull'indole di chi le ha subite e riaffiorano magari a distanza di molti anni, dopo misteriosi percorsi sotterranei. Chi può leggere nella mente dei suol simili? E, Soprattutto, esiste un tempo nel quale le angosce si annullano per sempre,. o non è più verosimile che i grandi drammi finiscano per agitare sempre nuovi fantasmi, o magari il medesimo fantasma in abiti diversi, e quelle ombre minacciose le respingi una volta, dieci, cento volte, e poi sono esse che ti abbrancano perché la resistenza fisica è finita? Come intellettuale ,. e come uomo, Primo Levi era schivo di scene pubbliche, con un senso della ritrosia che è proprio di chi ha gli occhi troppo pieni di lutti per soffermarsi sulle distrazioni di un qualunque presente più o meno sereno. La sua piemonteslta era di vecchio stampo, apparteneva a una tradizione subalpina che rifiuta opportunamente i clangori, pur se la scelta di un isolamento intellettuale e umano rischia di essere interpretata come sdegnoso distacco da una civiltà sempre più macchinistica e sempre meno spirituale. Eluse l'invito a far parte della commissione d'in chiesta per appurare la verità sulle stragi di Leopoll nell'ultima guerra, forse per una sorta di pessimismo sul metodi di indagine attorno a qualunque ve rita, che a volte il trascorrere del tempo e 11 trasfor marsi della memoria con fondono nelle sue radici. Nel volto di Primo Levi era dato di leggere, quarantanni dopo, gli stessi sentimenti trasmessi nelle pagine di Se questo é un uomo. In un certo senso egli mi richiama, nella scrittura e nelle meditate parole, gli slanci di continuo rincorsi e repressi che furono di Pietro Chiodi, 11 filosofo esistenzialista a sua volta reduce dalla deportazione nei lager, mio professore al liceo di Alba come lo era stato di Beppe Fenoglio dodici anni prima. E proprio tra Fenoglio e Levi corrono parallele due tematiche assai simili nella trasparente sfiducia non già nella vita che cosi profondamente amavano entrambi, ma nell'organizzazione della stessa vita quale è a vòlte scriteriata.mente condotta dagli uomini. Il pragmatismo del contadino e la razionalità del chimico diedero rispettivamente a Fenoglio e a Levi un'ottica esistenziale aperta sul prossimo più che su se stessi. E nonostante le diversissime morti c'è in entrambi, nell'addio al mondo, s abito nel primo caso e programmato nell'altro caso, come la sotto scrizione di amarezze conosciute, raccontate, di cui si finisce- prigionieri. Primo Levi colse anche, infatti, pur se secondariamente, certi drammi umani originati dallo sradicamento di una parte del tessuto sociale verso innesti tecnicistici prima, tecnologici poi, non sempre soddisfacente per chi 11 pativa e per chi 11 sceglieva. Non può quindi stupire che il pessimismo, protratto fino all'acme dell'istante, sia sfociato in Primo Levi nella massima negazione di sé. Ma esiste la fondata speranza di tanti, per varie e analogamente meditate ragioni, in un futuro nel quale l'umanità ricuperi la propria fisionomia qualunque origine le si riconosca. Voglio immaginare Primo Levi, appoggiato alla tragica balaustra del terzo plano di casa, a colloquio con l'infante Hurblnek, l'Ignoto bambino morto a tre anni ad Auschwitz prima di avere Imparato una qualunque lingua per esprimersi, suo penoso compagno di prigionia come ce lo descrive ne La tregua: •Nulla esiste di lui. Egli testimonia attraverso queste mie parole-. E, come Hurbinek, anche lui «ha combattuto da uomo sino all'ultimo respi*tt.?"*a ' entrambi -quindi continuano a vivere. Franco Piccine!!! Roma, luglio 1979. Primo Levi vincitore del Premio Strega con «La chiave a stella», tra Maria B ellonci e Gu Guido Alberti