Moravia: ecco / veri Indifferenti di Fulvia Caprara

Moravia: ecco / veri Indifferenti Presentato il film di Reteltalia, regista Bolognini, con Peter Fonda e Antonelli Moravia: ecco / veri Indifferenti A programma segna l'entrata ufficiale del gruppo Fininvest nel mercato internazionale - Lo scrittore concorda con l'interpretazione non politica: «0 mio non è un romanzo contro la borghesia» - Fine delle riprese ad agosto, trasmissione in autunno ROMA — GU indifferenti arriva in tv: l'amaro ritratto di borghesia delineato da Alberto Moravia nel suo romanzo più /arioso, scritto negli anni tra U1SX e il "29 e già tradotto in cinema dal regista Francesco Naselli nel '63, diventa una saga televisiva. Prodotto da P.eteltalia con la Titanus, per il Consorzio Europeo (di cui fanno parte la tedesca Beta film, il francese Group Seydoux e l'inglese Maxwell Mirrar) e diretto da Mauro Bolognini, il film, tv con lo stesso nome del libro andrà in onda, diviso probabilmente in due parti, nel prossimo autunno. L'operazione, otto miliardi per tre ore e quaranta di immagini, segna l'entrata ufficiale della struttura produttiva del gruppo Fininvest nel mercato televisivo internazionale: «C'è il progetto — ha spiegato Riccardo Tozzi, il responsabile delle coproduzioni intemazionali di Reteltalia, durante la conferenza stampa di presentazione —di mandare in onda il film contemporaneamente nel quattro Paesi che prendono parte alla produzione». Gli indifferenti, realizzato anche grazie alla partecipazione del produttore napoletano Ciro Ippolito, sarà pronto entro la fine del mese di agosto, al termine di ululici settimane di lavorazione, tutte nella capitale. Sceneggiato dal regista insieme con Enrico Mediali e Lucia Drudg Demby, il film è interpretato da Li» Ullmann, che è Mariagrazia, Peter Fonda, Leo, Chris Campion e Sophie Ward, i due fratelli Michele e Carla, e Laura Antonelli, Lisa, l'amica di Mariagrazia. Ennio Manicone firma le musiche, Aldo Bufi i costumi, Ennio Guarniert la fotografia. La lettura che Bolognini ha intenzione di dare del ro¬ manzo è lontana dalle interpretazioni politicizzate, interessate alla critica sociale, che caratterizzavano la trasposizione di Maselli. Il regista ha in mente «un film adatto al pubblico europea quindi In grado di offrire un ritratto di borghesia in qualche modo comune alla Fran¬ cia, all'Inghilterra, alia Germania». D'altro canto lo stesso Moravia, in un Ricordo de Gli Indifferenti del '45, prendeva nettamente le distanze dalle etichette troppo ideologiche attribuite da molti al suo libro: «Non mi pare possibile scrivere un romanzo contro qualcosa — diceva lo scrittore in quelle righe che Bolognini ha voluto leggere durante la conferenza stampa per chiarire il senso della propria impostazione —. L'arte è interiorità, non esteriorità; ho scritto Gli indifferenti perché stavo dentro la borghesia, non fuori. Se ne fossi stato fuori, come alcuni sembrano pensare attribuendomi intenti di critica sociale, avrei scritto un altro libro...». «Era un romanzo inviperito e nello stesso tempo pieno di ambizioni — ha aggiunto l'autore presente all'incontro con la stampa — ho iniziato a scriverlo quando avevo 16 anni e mezzo ed ero innammorato del teatro. Leggevo Shakespeare, Molière. Sofocle e il mio desiderio era fondere la tecnica del romanzo con quella teatrale^. Gif .in-, differenti è 'una ■ ^tragedia moderna, la descrizione di una famiglia sgangherata in cui un intellettuale. Michele, si trova a vivere, come l'Amleto di Shakespeare, in un monde popolato di imbecilli». Alberto Moravia ha spiegato con parole secche e chiarissime i movimenti dell'anima del suo Michele; il Michele insoddisfatto e impotente, in cui ha descritto se stesso, in cui ha condensato l'infelicità di un'epoca giovanile vissuta durante gli anni del fascismo. «Il mio personaggio non riesce ad agire perché non ha giustificazioni superiori; perché in lui è assente quel Super Io individuato da Freud che dovrebbe imporgli la forza del fare. Michele si arma di una pistola, ma non sa cosa farne: il tentativo fallito di uccidere Leo, l'amante della madre e poi della sorella, simboleggia tutta un'esistenza di atti mancati». Non è la prima volta che un'opera di Moravia diventa film. Lo scrittore sembra essersi abituato a questa voglia di trasformare in immagini le sue parole e ripete, a chi gli domanda se teme cattive trasposizioni, che «un autore di un libro può chiedere a un regista di fare un buon film, ma non certo di essere fedele al testo». «Il cinema è un'arte e quindi non può perdere il carattere dell'originalità». : &nan, j?U&erèbbe a Morty via dirigere egli stesso un film, o magari diventare sceneggiatore, come è stato da giovane qualche volta? «Ho avuto una vocazione prepotente per la letteratura e non credo che sarei un buon regista: i registi sono sempre In compagnia di molte persone, io Invece ho bisogno di starmene un po' per conto mia Quello dello sceneggiatore, poi, è un lavoro molto importante, ma anche in questo caso credo che avrei dei problemi. Di una buona idea penserei sempre: la tengo per me oppure la do al regista?». Fulvia Caprara

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