Amori sulla tela di Primo Levi

Amori sulla tela PRIMO LEVI: UN RACCONTO INEDITO Amori sulla tela L'ultima storia naturale di Primo Levi appare, sul numero di maggio di Airone, che sta per uscire in edicola. Per concessione della rivista, anticipiamo qui il racconto del grande scrittore scomparso. GIORNALISTA: — Buona seta, signor ragno: anzi, signora ragna. Ragno (con voce stridula): «Lei è commestibile?». — Beh, credo di si, ma è una questione che non mi sono mai posto. «Sa, noi abbiamo parecchi occhi ma siamo molto miopi, e abbiamo fame sempre. Per noi il mondo si divide in due: le cose che si mangiano e le altre». — Non sono qui come vittima potenziale, ma per farle un'intervista. «Un'intervista? Si mangiano, le interviste? Nutrono? Se sì, me la faccia qui subito; oltre a tutto mi incuriosisce, nella mia vita ho mangiato un po' di tutto ma interviste mai. Quante gambe hanno? Hanno le ali?». — No, propriamente non si mangiano, ma vengono consumate diversamente. Come dire? Hanno insomma dei lettori, e qualche volta li nutrono un poco. «Allora la faccenda non mi interessa tanto; ma se lei mi promette di ricompensarmi con qualche mosci! o un po' di zanzare... sa, con l'i' giene che c'è adesso si sono fatte scarse. Lei è bravo prendere mosche? Grosso com'è, non le dovrebbe esse re difficile: chissà quanto è grande la sua tela». — Veramente noi abbia mo metodi diversi, c poi prendere mosche non è una occupazione che ci porti via tanto tempo. Le mosche le mangiamo.. malvolentieri solo~p«*-*ncidcnte. A ogni modo è inteso, farò del mio meglio. Allora, posso cominciare? Mi dica, perché sta testa in giù? «Per concentrarmi: ho pochi pensieri, e cosi tutti fluiscono nel cervello, e le cose . le vedo più chiare. Ma non si avvicini tanto, e stia attento con quell'aggeggio che ha in mano; non vorrei che mi lacerasse la tela: l'ho fatta nuova stamattina. Aveva soltanto un buchino, sa, gli scarabei noti hanno riguardi, ma per noi o la perfezione o niente. Al primo difetto, io la tela me la rimangio, la digerisco, e così ho materiale pronto per rifarmene un'al¬ tra. E' una questione di principio. Abbiamo la mente un po' corta, ma la nostra pazienza è senza limiti. A me è successo di farmi la tela anche tre volte al giorno, ma è stato uno sforzo inaudito. Dopo la terza tela, che per fortuna nessuno mi ha guastata, ho dovuto starmene a riposo per tre o quattro giorni. Prr tutto ci vuole tempo, anche per rifornire le ghiandole delle filiere; ma come le dicevo, noi abbiamo mólta pazienza, e aspettare non ci dì nessun disagio. Quando uno aspetta non consuma energia». — Le sue tele sono dei capolavori, ma le fa tutte uguali? Mai un perfezionamento, mai una innovazione? «A noi non bisogna chiedere troppo. Guardi, è già uno sforzo per me rispondere alle sue domande; noi non abbiamo fantasia, non siamo inventori, il nostro giro è semplificato. Fame, tela, mosche, digestione, fame, nuova tela. £ allora perché rompersi la testa, pardon, i gangli nervosi, per studiare tele nuove? Meglio affidarsi alla memoria che ci portiamo stampata dentro, al modellino di sempre, tutt'al più cercando di adattarlo al contorno che ci troviamo a disposizione. Per la nostra intelligenza è già fin troppo. Se ricordo bene, ero schiusa dall'uovo da pochi giorni quando mi sono fatta la pri ma tela, era grossa quanto un francobollo ma, a parte la scala, era identica a questa che lei ha davanti al naso». — Capisco. Ora mi dica corrono certe voci sul suo comportamento, diciamo così, matrimoniale... solo voci, intendiamoci, io personalmente non ho mai visto niente di riprovevole, ma sa bene, la gente mormora... -■-<Lei vuole alludere al ■farri sicuro, ma certo. E' una specie di balletto; i nostri maschi sono magrolini, timidi e deboli, neppure tanto bravi a farsi una tela come si deve. Quando sentono crescete il desiderio si avventurano sulle nostre tele, passo passo, incerti, esitanti, perche sanno anche loro come può andare a finire. Noi li aspettiamo: non prendiamo iniziative, il gioco è chiaro per tutte e due le parti. A noi fem¬ mina i maschi piacciono come le mosche se non di più. Q piacciono in tutti i li sermcclnqcrmitmsndtsuasllvsr i sensi della parola, come mariti (ma soltanto pel il minimo tempo indispensabile) e come alimento. Una volta che hanno adempiuto alla loto funzione per noi perdono ogni attrattiva salvo quella della carne fresca, e così, in un colpo solo, ci riempiono lo stomaco e la matrice». Vanno sempre a finire in questo modo, i suoi matrimoni? «Non sempre. Ci sono dei maschi previdenti, che conoscono la nostra fame permanente,'e che ci portano un dono nuziale. Non per affetto né per complimento, ma solo per saziarci: una tipula, un moscerino, qualche volta anche qualcosa di più sostanzioso, e allora tutto va liscio e loro se la cavano con l'inquietudine. Li dovrebbe vedere, i meschini, mentre stanno lì a controllare se il loto dono è bastato a soddisfarci; e se gli sembra che non sia bastato, a volte corrono alla loro tela a prelevare un altro boccone». — Mi sembra un sistema ingegnoso, e tutto compreso rientra in una certa logica. Anch'io, al loro posto, farei così, ma capisce, mia moglie ha meno appetito e un carattere più mite; e poi i nostri matrimoni durano a lungo, a noi sembrerebbe un peccato accontentarsi di una copula sola. «Ognuno a suo modo, beninteso. Ma volevo dirle che non è questo il solo sistema che hanno inventato i maschi per non farsi divorare. Ce ne sono altri, nostri cugini alla lontana, che fanno finta di ballare una danza di tripudio intorno alla femmina che si sono scelta, e intanto la legano a poco a poco incrociando bene i fili. Poi la fecondano e se ne vanno. E altri ancora hanno-paura-della nostra-for zàVvengbnó~T'rapire le "remmine appena schiuse, ancora, adolescenti e poco pericolosi:, e le tengono sequestrate in qualche anfratto fino alla pubertà, nutrendole sì, ma il minimo possibile perché restino in vita senza rinforzarsi troppo. Poi, anche loro fanno il loro mestiere, liberano le ragazze e se ne vanno' in fretta». — La ringrazio, l'intervista è finita. «Meno male, cominciavo a essere stanca: il lavoro intellettuale non è il mio forte. Ma non dimentichi le mosche: ogni promessa è debito». Primo Levi

Persone citate: Airone, Primo Levi