«Pregiudizi sul Sud »

«Pregiudizi sul Sud » «Pregiudizi sul Sud » Abbiamo letto con sorpresa l'artìcolo dell'ambasciatore Sergio Romano, «Un cadetto per la Farnesina», pubblicato su La Stampa del 14 aprile, e desideriamo formulare alcune osservazioni. La 'forma» dello scritto dell'ambasciatore Romano, pur in altre occasioni brillante e raffinata, non riesce a dissimulare la disarmante banalità dell'ideologia» ad esso sottesa, impregnata com'è di luoghi comuni sui funzionari provenienti, àal , Mezzogiorno d'Italia, sta.volta^riferitì in pascolare at giovani diplomatici (tacciati di «Indolenza burocratica», ritenuti vittime di un'educazione «prevalentemente umanistica e avvocatesca», accusati di non essere puntuali, precisi e ordinati). Come già ha avuto modo di sottolineare Giuseppe Galasso sulle colonne de II Mattino, si tratta, in effetti, dellinaccettablle riproposizione di pregiudizi vetero-unltart, di una reviviscenza di triti temi antimeridionalistì, appartenuti ad un passato che credevamo trascorso. Appare utile ricordare le parole di Francesco Saverio Nlttì: «Io non sono nato nella cosiddetta linea gotica: ma in quella terra dove, secondo 1 filologi, è nato il nome Italia: non sono né un celta né un germano. E forse perciò amo dello stesso amore tutta l'Italia»; Il discorso sullo scarso «coefficiente di rappresen¬ tatività» del Paese da parte dei giovani diplomatici formatisi al Sud fa addirittura trasalire. Se si vuole giustamente lanciare un appello in favore di una più organica composizione regionale dei quadri della diplomazia, non si può per contro sostenere che il giovane formato nel Mezzogiorno si identifica automaticamente con l'immagine di un'Italia pre-industriale, ignorando semplicemente la complessità della moderna struttura economica e sociale del Meridione,- animato, -nonostante'tutto; Sa un crescente dinamismo. Ma, al di là di tutto, appare inaccettabile il •determinismo geografico» cut sembra indulgere l'ambasciatore Romano, quasi che il giovane diplomatico sia destinato a rispecchiare acriticamente e passivamente solo il proprio «humus» socio-economico e, in definitiva, non sia in grado di rappresentare che se stesso. Il giudizio di un amba sciatore inglese del Settecento circa la validità dei diplomatici torinesi è pie riamente da condividere ancora oggi; solo che, all'epoca in cui scriveva il di plomatlco anglosassone, i •cadetti» della diplomazia piemontese rappresentavano il Regno di Sardegna. In quanto savoiardi, e di madre lingua francese, parlavano — essi si! — l'italiano come lingua -appresa». Se, per l'ambasciatore Romano {'«Italia, In anni di grandi trasformazioni ' nazionali ed internazionali, non può correre 11 rischio d'essere rappresentata in modo parziale e deformante da una diplomazia che non rifletta 1 progressi della sua economia e là complessità della sua società», c'è da domandarsi quale •segmento» del nostro Paese egli vorrebbe-che fosse rappresentato e da chi. Per conto nostro, intendiamo rappresentare l'Italia-tutta intera. - — ~Rimane grande lo•Stttptf-ll re per'un intervento "che. appare riflettere in moia anacronistico e da un'angusta prospettiva il noto detto 'fare gli Italiani», mentre l'impegno di questi anni è piuttosto quello di •fare gli Europei», nel contesto della progressiva integrazione politica, economica e sociale di dodici Stati del Vecchio Continente. Marco Baccin; Elena Basi le; Antonio . Bernardini; Mario Bova; Rocco Gange losi; Marco Clemente; Gian Lorenzo Comado; Federico Fatila; Pasquale Ferrara; Lucia Fiori; Vincenzo Orassi; Attilio Massimo iannuccl; Mauro Mar si lì; Antonio Mor abito; Roberto Natali; Ferdinando Nelli; Giuseppe Orefice; Vincenzo Palladino; Domenico Pedata Stefano Sannino; Vincenzo Schioppa; Mario Tram petti; Bernardo Uguccioni Sergio Vento Diplomatici in servizio alla Farnesina

Luoghi citati: Italia, Sardegna, Vecchio Continente