Geografia del diplomatico di Sergio Romano
Geografia del diplomatico Dibattito sull'articolo dell'ambasciatore Sergio Romano Geografia del diplomatico Botta e risposta per una carriera che cambia - Scrivono 20 diplomatici in servizio alla Farnesina? il presidente dell'Istituto Affari Internazionali, Cesare Meritai; 3 docenti delPUmversità di Torino Ha ragione l'ambasciatore Sergio Romano (Là Stampi, 14 aprile) a porre 11 problema della competitivite, della diplomazia italiana. Ma dubito che le radici del problema siano di natura sociale e geografica, cioè risiedano nel trarre questa diplomazia 1 suoi quadri da classi inferiori e più meridionali di una volta. Si tratta piuttosto di formazione e di gratificazione, nodi non diversi in verità da quelli che si incontrano nel resto dell'amministrazione pubblica italiana. Vediamone il perché. L'Italia ha un ruolo Internazionale più importante, che crescentemente le è riconosciuto, anzi talvolta sollecitato. Perché questi riconoscimenti e queste sollecitazioni? Non certo per nostalgia dei tempi andati, quando con velleità di potenza. regionale (nel «mare .nostrum»), malferme alleanze e ambizioni di mediazione ci eravamo fatti reputazione di Paese in¬ fido (Romano cita Nlcholson che dice: gli italiani • talvolta aprono negoziati opposti con partì diverse») e velleitario (ancora Nidi olson: •La diplomazia italiana... somma le pretese e le ambizioni d'una grande potenza con t modi di un piccolo Stato.). Bensì per qualche visibile successo di una politica estera più lineare e ancorata alla realtà e al tipo di sviluppo economico e culturale di evidente dimensione internazionale, che si è venuto realizzando nello spazio di una o due generazioni Ricordiamone alcuni principali: 1) l'Italia partner attivo della Comunità europea che aderisce, sorprendendo i più, al Sistema monetario europeo e sostiene con il Plano Spinelli la più avanzata integrazione istituzionale; 2) l'Italia alleato non marginale nella Nato, che accetta, di nuovo inaspettatamente, di spiegare sul proprio territorio 1 missili «Crulse», se il negoziato per evitarlo in modo bilanciato non avrà successo; 3) l'Italia, parte del «vertice» dei sette principali Paesi Industrializzati, sede di concertazione economica e monetaria. Ora tutti questi risultati, che sono, non nascondiamocelo, parziali, insoddisfacenti e accompagnati da frustrazioni (come la crisi di Slgonella) e ambiguità (un europeismo spesso solo di facciata), sono stati ottenuti in contesti multilaterali, a integrazione parziale, tanto più quanto si passa dal «vertice» all'Alleanza atlantica e alla Comunità europea. Vi corrispondono lo sviluppo di un nuovo modo di fare politica internazionale e inevitabilmente, come rileva un autorevole osservatore quale l'ambasciatore Oaja per tanti anni segretario generale della Farnesina, la nascita, accanto alla diplomazia tradizionale della politica di potenza e di mediazione, di una nuova diplomazia, quella dell'interdipendenza. Questa richiede capacità nel cosiddetto «negoziato integrativo», dove alla difesa di parte (gioco a somma zero) si deve accompagnare 11 successo collettivo In un gioco a somma positiva. Il negoziatore integrativo sostituisce il «plenipotenziario», che era delegato dal centro politico a svolgere la sua funzione tanto meglio se senza immaginazione intellettuale (per riprendere di nuovo il Nicholson citato da Romano). Nella società del potere; diffuso e dell'informazione il centro politico agisce in prima persona, ma ha bisogno della diplomazia per risolvere nodi di difficoltà senza precedenti per la forte interrelazione fra le aree negoziali e il grande numero di attori. Per cui: meno potere delegato ma più immaginazione necessaria. E se questa non è sufficiente, si ricorre all'ausilio di centri e istituti di studio e di analisi, dei quali non a caso si assiste allo sviluppò. Infine, se la società è quella del potere diffuso e dell'interdipendenza, la politica estera non è più compito esclusivo del ministero a ciò preposto. Altri ministeri, (dall'Agricoltura ai Trasporti), altri organi dello Stato (si pensi alla Banca d'Italia) svolgono un ruolo importante. E non solo le grandi imprese, ma anche le medie e le piccole, magari in consorzio, hanno una strategia internazionale. Questo impone una diplomazia che possegga gli strumenti conoscitivi per interagire costruttivamente con centri che possono essere in competizione o anche in contraddizione con la linea di condotta che il governo e il Parlamento definiscono (o dovrebbero definire). , Cesare Merlini Presidente dell'Istituto Affari Internazionali
Persone citate: Botta, Cesare Merlini, Nicholson, Nidi, Sergio Romano
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