Con i nervi allo scoperto di Gianfranco Piazzesi

Con i nervi allo scoperto Con i nervi allo scoperto Il sesto governo Fanf ani nasce in un momento molto difficile. Si registrano alcune novità non certo allegre, e altre non troppo rassicuranti. E' scoppiata una polemica tra Craxi e Cossiga: il segretario del psi ha parlato di un governo che «violava lo spirito e la lettera della Costituzione», provocando una risposta amareggiata e risentita del Capo dello Stato. Giuliano Amato ha precisato più tardi che le allusioni di Craxi non riguardavano il Quirinale, che del resto ha dato a Fanfani un mandato iimpio, con anzitutto la possibilità di formare un governo che governi. Craxi ha invece voluto criticare lo stesso Fanfani, che è intenzionato a presentarsi al Parlamento non già per ottenere la fiducia, ma per farsi battere e sciogliere le Camere. Anche astraendo da queste polemiche, accettabili solo se non coinvolgono le massime istituzioni, il governo del Venerdì Santo non sta incontrando molte simpatie. Fanfani aveva accettato l'incarico di Cossiga non come notabile democristiano, ma come presidente del Senato e aveva promesso un «governo istituzionale», vale a dire al di sopra delle parti. Fanfani ha invitato gli ex alleati del governo e anche gli indipendenti di sinistra, e se nessuno ne ha voluto sapere la colpa non è sua. Ma forse, anche restando nel ristretto ambito dei democristiani dei tecnici, qualcosa di più e di meglio poteva essere fatto. Invece i ministeri importanti, dagli Interni agli Esteri, dal Tesoro alle Partecipazioni Statali, sono stati affidati ai soliti notabili de; tutti i ministeri di complemento sono finiti agli specialisti. Una eccezione per le Finanze, ma Giuseppe Guarino, ordinario di diritto amministrativo alla Università di Napoli, è pur sempre democristiano con tanto di tessera. Anche i primi passi del nuovo governo hanno suscitato non poche perplessità, Come il lettore avrà già capito, la ex maggioranza è divisa su tutto; perfino sui temp: della crisi. Socialisti, socialdemocratici e liberali se la prendono comoda, radicali e demoproletari addirittura propendono per tattiche dilatorie. Invece i democristiani, di solito inclini allo slittamento, da qualche settimana premo¬ no sull'acceleratore. Tutti sanno, anche se nessuno lo dice, che la ragione di tanta flemma e di tanta fretta sta non nella sorte della legislatura e nemmeno in quella dei referendum, bensì nella data in cui andremo à votare. I democristiani vogliono il 14 di giugno, perché più tardi le famiglie vanno al mare o ai monti e non tutte le mamme rientreranno in città, gli altri partiti, che hanno un tasso più basso di natalità, vorrebbero il 21 o addirittura la settimana successiva. A ridosso delle elezioni il ricorso a certi espedienti è comprensibile e anche accettabile. Ma un governo istituzionale non dovrebbe essere né flemmatico né impaziente. Invece Fanfani nomina i ministri Venerdì Santo, li fa giurare la vigilia di' Pasqua, apre il dibattito alle Camere dopo il pranzo di Pasquetta, e non consente ai repubblicani di celebrare in pace il loro congresso. Spadolini ha osservato che in quarant'anni di Repubblica il Parlamento ha sempre sospeso i lavori durante un congresso di partito. Questa volta invece i gruppi parlamentari della de, del pei e del msi hanno voluto interrompere una prassi consolidata. Si dirà che Fanfani non ha mai amato le lungaggini e gli slittamenti, e che dopo Craxi resta il più grande decisionista nazionale. Si potrà sostenere che le lungaggini parlamentari hanno stancato tutti. Ma il trattamento riservato dalla de ai repubblicani, il partito affidabile per antonomasia, lascia stupefatti. Si dirà che la posta in gioco è importante, ma tanto nervosismo appare incomprensibile nel partito che fino a ieri si vantava di essere la «forza tranquilla». Gianfranco Piazzesi

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