I capolavori dello yen

I capolavori dello yen «I girasoli» di Van Gogh, ultimo colpo dei grandi collezionisti giapponesi I capolavori dello yen Le grandi aziende disposte a investire miliardi - Un gallerista: Parte va dove c'è il denaro - Ribatte un critico: la cultura non c'entra, è solo un modo per farsi pubblicità - Duemila musei, ma molti sono vuoti DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO -— «Oi accusano di vivere e produrre per l'esportazione, di vendere sottocosto pur di vendere. Quando importiamo e paghiamo salato, ci accusano di comportarci con l'arroganza dei nuovi ricchi. Non sappiamo più dove sbattere la testa: Questa l'opinione di un critico d'arte giapponese, Intervistato dal quotidiano Yomiuri sull'acquisto dei «Girasoli» di Van Gogh da parte di una Società di Assicurazioni, la Yasuda, per la cifra di 40 milioni di dollari, quasi 6 miliardi di yen. Ne parla tutto il Giappone, con un misto di orgoglio e sconforto: ma davvero siamo diventati cosi ricchi? Ma davvero quei soldi non potevano essere spesi meglio? La vicenda appassiona e fa discutere perché è forse la prima volta nella storia che il legame tra valutazioni del mercato dell'arte e andamento dell'economia si manifesta con cosi immediata chiarezza. L'aveva detto .una decina di anni fa i! venerando Konosuke Matsushita, fondatore della Matsushita, che la ricchezza si stava spostando dall'America verso l'Asia, ma era sembrata una lontana profezia. Invece oggi è già cosa fatta. A proposito dell'acquisto dei .Girasoli», il presidente della Galleria d'arte Nichido, una delle più importanti del Giappone, commenta: « Che Cèda stupirsi? Come le mele cadono a terra così le opere d'arte sono attirate dalla forea del denaro: Ma c'è chi pensa che forse sarebbe il caso di ostentare meno la ricchezza. Ho parlato con il famoso critico d'arte Shinichi Segi, subissato da centinaia di richieste di un suo parere sui «Girasoli» di Van Gogh. ,E' uno scandalo, la Yasuda ha voluto vendere il proprio nome abbinandolo a quello di Van Gogh. E chi ci rimette? Noi giapponesi, considerati all'estero nuovi ricchi arroganti. Ma insomma, lei è personalmente contento che il Giappone possieda un Van Gogh? «Io ne sarei orgoglioso se l'acquisto fosse stato fatto seguendo una linea di politica culturale come fanno altri musei privati, non cosi. Con un pezzo solo la Yasuda ha creduto di potersi dare una immagine culturale, è pura follia: Ho parlato anche con il professor Maekawa, direttore del Museo nazionale d'arte occidentale di Ueno. Mi ha detto che certamente la Yasuda non ha agito a fini culturali ma il risultato finale è comunque apprezzabile: 11 Giappone ha finalmente un celebre Van Gogh. Il professor Maekawa sa nascondere bene l'invidia del «pubblico» nei confronti del «privato». I quattro musei nazionali del Giappone dispongono annualmente di stanziamenti per gli acquisti che non superano 1 quattrocento milioni di yen, impossibile pensare di potersi mettere in lizza con chi può disporre in un colpo solo di sei miliardi di yen. Lei quindi non critica il comportamento della Yasuda? 'Cosa vuole che le dica — risponde 11 professore Maekawa — quando si hanno cosi tanti soldi è meglio, secondo me, che vengano investiti in un'opera d'arte invece che in una speculazione sulle aree fabbricabili: Dello stesso parere non è stato però il ministro delle Finanze che ha pubblicamente rimproverato la Yasuda per l'acquisto sostenendo che in un momento cosi delicato per le relazioni internazionali del Giappone non conviene attirarsi ulteriori antipatie facendo spacconate aliti - aste intemazionali: pare che il presidente della Yasuda si sia scusato. . E' .evidente che il «caso Van Gogh» non è pia da considerarsi, data la cifra, una questione privata e l'intervento del ministro non appare quindi del tutto indebito. La contraddizione però è chiara. SI lamenta con finta ingenuità uh gallerista di Tokyo: «Afa come, il governo ci sprona a spendere all'estero, a importare di più e poi si risente se qualcuno investe in opere d'arte...: In realtà finora il governo giapponese non aveva criticato gli acquisti da parte di privati di opere d'arte occidentale, un boom che è ap¬ parso evidente negli ultimi due o tre anni: l'anno scorso i giapponesi hanno comprato quadri di Impressionisti per trenta milioni di dollari, si sono aggiudicati un Mondrian per S milioni di dollari, si calcola che ormai siano i maggiori compratori d'arte al mondo subito dopo gli americani. «Ma ormai siamo vicini al sorpasso* dice un rappresentante della famigerata Yasuda che si è comprata il Van Gogh come regalo per il centesimo anniversario della fondazione della compagnia. Dove esporrete il quadro? •Naturalmente nel nostro museo aziendale, il Museo Seiji Togo- risponde. Anche sul fatto che 1 «Girasoli» del grande Van Gogh vadano a finire nel museo dedicato al pittore giapponese, pressapoco suo contemporaneo, Seiji Togo, c'è stato chi ha avuto a che ridire, come se fosse un affronto per Van Gogh una slmile modesta compagnia. Inutile dire che i giapponesi si sono sentiti molto offesi per il giudizio negativo sul loro Seiji Togo, espresso da un critico britannico. «Van Gogh sarà in ottima e degna compagnia* hanno risposto 1 critici giapponesi, ricordando come tutti gli Impressionisti siano stati influenzati dalla scoperta degli ukiyo-e giapponesi, la pittura della vita quotidiana. Spiega il professor Maekawa che gli Impressionisti francesi sono per l giapponesi il massimo dell'arte pittorica. «Abbiamo scoperto l'arte occidentale proprio all'epoca dell'Impressionismo e il fatto che i pittori francesi di quella scuola siano stati influenzati per vie traverse dal Giappone ce li rende ancora più cari*. In questa passione giapponese per gli Impressionisti che lo yen forte permette di soddisfare, c'è dunque anche una componente narcisista. «51, forse c'è anche questo motivo — riconosce il critico d'arte Seji — mala cifra che la Ya¬ suda ha speso per i Girasoli è da paese arretrato/,. Sarebbe a dire? 'Guardi, sappiamo che è bene amare la cultura, l'arte, che è segno di civiltà. Così abbiamo più musei di qualsiasi altro Paese al mondo, duemila circa. Soltanto negli ultimi dieci anni ne sono stati costruiti un centinaio, aziendali, religiosi, provinciali, municipali. Ma il bello è che non si sa cosa metterci dentro. E non abbiamo nemmeno curatori per tutti questi musei, gente che sia all'altezza di stabilire cosa acquistare, cosa esporre. Capisce quale è la contraddizione da sottocultura di un Paese che ha splendidi musei disegnati da grandi architetti nei quali non sa cosa esporre e che spende per una sola opera una cifra sconsiderata?*. In effetti 1 musei giapponesi, in mancanza di opere importanti, sono arrivati al punto di esporre se stessi: a Tokyo si è appena tenuta una mostra delle architetture dei nuovi musei, dei plastici dei suntuosi edifici che sorgono in citta di provincia, lontani dalla grande Tokyo e che per questo non ospiteranno mai importanti mostre come quelle che invece si vedono nel Grandi Magazzini della metropoli. Al Takashlmaya, tempio del consumismo nipponico, è appena stata inaugurata la mostra «Gli ori di Taranto». «So che in Occidente la gente arriccia il naso all'idea di una mostra d'arte, in un Grande Magazzino — dice il professor Maekawa — ma qui non abbiamo altra scelta e altri locali. E' spiacevole ma è cosi. Il pubblico è a Tokyo, non là dove sono stati costruiti i nuovi musei*. Renata Fisu