Elie Wiesel: «Con l'incubo che tutto sia accaduto invano» di Primo Levi

Elie Wiesel: «Con l'incubo che tutto sia accaduto invano» Elie Wiesel: «Con l'incubo che tutto sia accaduto invano» EUE Wiesel, lo scrittore e premio Nobel per la pace che, bambino, è stato accanto a Primo Levi nel campo di concentramento di Auschwitz, sapeva della morte del suo amico quando da Roma gli ho telefonato a New York. La notizia era stata annunciata subito sia dalle radio che dalle televisioni in America. Wiesel mi aveva parlato a lungo della sua amicizia per Primo Levi, di quello che lo scrittore italiano rappresentava per lui. Mi aveva raccontato, il giorno dell'intervista alla Stampa in occasione del premio Nobel: «Quando mi hanno separato da mio padre e mi hanno spinto dentro Auschwitz, solo, bambino, mi sono accorto quasi subito di quegli occhi che mi guardavano. C'era dolcezza e c'era un sorriso in quegli occhi, persino una certa luce di serenità e di distacco, come se fosse possibile essere II ed essere altrove. E' stato ti mio legame, la mano da stringere, da sentire sulla spalla. Lui si occupava di ine, pratico, protettivo ma era anche rispettoso, sembrava dire: tu crescerai e sarai Ubero. Eravamo ad Auschwitz e lui con quegli occhi negava tutto e mi alutava a vivere. Due sconosciuti, da punti diversi del mondo, un uomo e un bambino che si incontrano in quell'inferno e sopravvivono e restano legati per sempre». Adesso, al telefono, Elie Wiesel cerca di frenare la commozione per dire queste parole, con lunghe pause di silenzio: «Lei sa la mia vita. Eppure raramente ho provato tanto dolore. Una scintilla si, è spenta In un orizzonte che facciamo fatica a vedere. La sua vita, la sua missione, Il suo lavoro hanno colmato un vuoto che altrimenti avrebbe Inghiottito molti di noi. Senza di lui è più buio. Intorno c'è solitudine. •Eravamo insieme nel luogo della distruzione e lui, appena l'ho intravisto nella folla dei condannati, mi ha dato un segnale di vita. Adesso è come se la sua fine mi desse un segnale di morte Io credo che ci sia un segnale in questo suo gesto. Non so tutto, non posso capire tutto della sua vita ma qualunque cosa sia accaduta In quell'istante, sento da lui adesso un chiamare disperato, molto più disperato e più profondo del puro e semplice gesto di morire. •Primo Levi è morto a Auschwitz quarantanni dopo, stretto In una tristezza che non poteva più rompere neppure con la forza Incredibile della ragione con cui ha fatto luce per tutti. Lui ha visto qualcosa ventre, qualcosa di triste e terribile, come se tutto fosse avvenuto Invano. Sono Incubi che trasformano quelli di noi che sono stati ih quel bagno di morte in dolorosi e involontari profeti. E' facile, è meglio, pensare che qualcosa che lo ha tormentato fino a ucciderlo riguardava soltanto lui e la sua vita privata. Ma non si tratta di lui o di me odi alcuni. Vivendo e morendo Primo Levi ha parlato per tutti». Farlo Colombo

Persone citate: Elie Wiesel, Primo Levi, Wiesel

Luoghi citati: America, Auschwitz, New York, Roma