Ironica replica del presidente del Consiglio al capogruppo dc Mancino

, Ironica replica del presidente del Consiglio al capogruppo de, Mancino , «Invece di tante pagine, sarebbero bastate poche parole: oggi si prende atto che i referendum si devono fare» - La battuta di Craxi suscita imbarazzo e sollievo nei democristiani - Ma ormai Craxi va da Cossiga; l'incubo di De Mita svanisce ROMA — La voce del governo Craxi si spegne alle 1935 nell'aula del Senato sotto l'occhio quasi incredulo dei democristiani. La lunga agonia del pentapartito si è conclusa tra sussulti e convulsioni che hanno tenuto col fiato sospeso il partito di De Mita. L'ultimo giorno di questo governo ormai dimezzato è stato il più drammatico e caotico, marchiato dalla paura democristiana che potesse delinearsi una maggioranza favorevole ai referendum. Solo quando Craxi termina il suo breve addio alle Camere, la grande paura della de si smorza. Il presidente del Consiglio sta al gioco, riconosce di essere il capo dimezzato di una maggioranza Inesistente. .Nelle condizioni in cui si trovano governo e maggioranza, non è possibile per il presidente del Consiglio svolgere una replica politica a nome dell'intero governo. Potrei farlo a titolo personale — azzarda con una punta di ironia — però vorrei evitarlo». Ma Craxi non pare tipo da tenersi quel che ha in corpo. Ringrazia cortesemente tutti gli intervenuti rammaricandosi di non poter replicare e quando viene la volta del capogruppo democristiano Mancino, un fedelissimo di De Mita, landa 11 suo messaggio: .Senatore Mancino, le do un consiglio. Talvolta si possono scrivere 22 cartelle e non spostare neanche un sassolino. E si possono scrivere due righe e spostare un macigno». Le righe che potevano spostare 11 macigno delle incomprensioni tra de e psi, secondo Craxi, dovevano essere le seguenti: .Oggi. 9 aprile, si prende atto realisticamente che i referendum fissati dal governo per il 14 giugno si debbono svolgere regolarmente». I democristiani hanno risposto ridendo a questa uscita, con un misto di imbarazzo e di sollievo. Ormai Craxi aveva detto che andava a dimettersi da Cossiga. L'ultimo incubo, imprevisto come un colpo di coda che si temeva mortale, era. ormai svanito. Per la de il dramma era esploso alle 10,15. Al banco del governo, in quel momento, siede vano accanto a Craxi ancora una volta Andreotti e Forlani, gli unici due rappresentanti della de che non lo hanno lasciato solo dopo le dimissioni in massa del ministri scudocrcciati. Aveva finito di parlare il liberale Battlstuzzl che aveva detto che 1 referendum si debbono tenere regolarmente. «S perché non .presentate un ordine del giorno in modo che ti Senato si possa pronunciare? In questo modo si sgombrerebbe: il campo dal problema», suggerisce Craxi al volo, con una mossa che doveva avere ben studiato in anticipo. Da quel momento il Senato diventa un termitaio impazzito. Craxi entra ed esce dall'aula per consultarsi con 1 rappresentanti, dei partiti della sua quasi maggioranza. Si incontrano 1 democristiani con 1 liberali per cer¬ care di dissuaderli. Si incontrano Craxi, Amato e Fanfanl per vedere se la procedura permetterebbe la presentandone del fatidico ordine dei giorno. Si capisce subito che la posta in gioco è la nascita ufficiale di una maggioranza di partiti che vuole 1 referendum, che escluderebbe la de. Ma, dietro, c'è una strada aperta ad Andreotti per tentar di formare ancora un governo pentapartito che va perà al referendum. E' una manovra confusa, e alla fine si capirà che era anche irrealizzabile stando alle procedure del Senato. Ma nella ioga dell'ultima battaglia riesce a raccogliere attorno' a sé, anche se per poco, una voglia diffusa di dare l'ultimo colpo a De Mita. Risalta la solitudine nelle, quale 1 democristiani lasciano il loro capogruppo Mancino, che fuori di sé va esprimendo con veemenza il suo disappunto. «Voi la Cosiiturione non la calpestate. Debbono valere le regole della democrazia, altrimenti cosi si può anche fare il colpa di Stato. Abbiamo benevolmente accondisceso a fare svolgere il dibattito perché lo voleva Cossiga, ma II governo non esiste più. A chi si dovrebbe rivolgere l'ordine del giorno?». Si interrompe il dibattito per il pranzo. Quando riprende la seduta non si parla più dell'ondine del giorno liberale, ma c'è una lettera di Malagool ai capigruppo dell'ex maggioranza per un ordine del giorno collettivo a favore del voto referendario. Mancino gli risponde subito no. Circola la voce che l'inzlr.tlva la potrebbero prendere i socialdemocratici, ma anche loro rinunziano. Alle 18,30, visto che nessuno si muove, i comunisti presentano una risoluzione per votare la sfiducia al governo. C'è ancora chi dubita che Craxi possa approfittarne per costringere la de a votargli pubblicamente contro. Ma ormai la battaglia è veramente conclusa. Craxi passa la mano. Alberto Raplsarda

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