Quando Molière spiava le prove di Fiorilli

Quando Molière spiava le prave di Fiorii li «Diaspora» di comici italiani tra Cinque e Seicento: convegno da lunedì al Carigriano Quando Molière spiava le prave di Fiorii li TORINO — Da lunedì a mercoledì, al teatro Carignanq, venti studiósi di otto diverse università italiane e straniere (tra gli ospiti alcuni docenti delle facoltà di Parigi e di Saint-Etienne) daranno vita ad un convegno internazionale dal tema singolare, certo affascinante: Viaggi teatrali fra Cini que e Seicento: dall'Italia a Parigi. Si tratta del primo bilancio della più eccezionale diaspora lungo l'intera storia della nostra civiltà teatrale: quella che vide peregrini in prima istanza verso la Francia, ma poi, a macchia d'olio, verso Spagna, Inghilterra, Scandinavia, Austria e Russie le più autorevoli compa¬ gnie di comici dell'arte italiani. Il nomeiàrtéi'stati indicare, eemmo^imutùire. nuovo, quello dell'attore sorto, nel nostro Paese, con l'istituzione, nella seconda metà del Cinquecento, delle prime compagnie professionali (i registri dei notai sono una preziosa fonte documentaria, in questo senso). Girovaghe per definizione, queste compagnie, formate all'origine da una decina di membri, recitavano commedie all'improvviso, non scritte cioè per intero, ma per una parte almeno reinventate sera dopo sera sulle assi della pedana, in base ad un canovaccio o scenario.' in pratica la sequenza delle scene, il succo dei dialoghi, l'elenco dei colpi di scena. Ogni attore si specializzava; allinterno^di queimfep^rtorio, in utCW6lo fisso, che portava con un continuo affinamento a livelli di notevole maturità: il vecchio, il servo, il soldato spaccone, il dottore pedante, gli innamorati per lo più in quartetto. Tra fine Cinquecento e la prima metà del Seicento i capocomici delle maggiori compagnie italiane (l Gelosi, i Fedeli, oli Uniti, gli Accesi) sono degli intellettuali: motti di loro hanno compiuto studi regolari, tutti scrivono poesie e alcuni vere e proprie commedie, di insolita complessità e raffinatezza stilistica (questo è il caso di Gio- van Battista Andrein'., di cui in anni recenti Luca Ronconi ha messo iri scen^x La cen■eatìra"FEe,;aué,cómeaia 'in comedla, b il vercellese Niccolò Barbieri il cui Inavvertito fu fonte diretta deWEtourdi di Molière). E' soprattutto di questi grandi e pittoreschi prim'attori che si parlerà al convegno, organizzato, con lodevole fusione di energie e mezzi economici, dal Centro Regionale Universitario per il Teatro, dall'assessorato alla Cultura della regione, da quelli per l'Istruzione e alla Gioventù, della città e dal nostro Teatro Stabile. Sull'eco della fama strepitosa che questi •mattatori* avanti lettera riscuotevano ovunque, parti¬ rono infatti i primi inviti dei sovrani stranieri alle rispeitive certi, ó , à*»o ! Come risulterà dal convegno', i francesi furono i'ptù solleciti ad ospitare i nostri attori: a Parigi c'era una vera e propria voga del Jeu itallen, dell'estro recitativo dei nostri connazionali: e Molière, che, prima che drammaturgo, era capocomico attentissimo alle novità della professione, non nascondeva di spiare le prove di Tiberio FioHllì, il napoletano che inventò il ruolo di Scaramuccia, un capitano addolcito, con cappelluto di feltro, chitarra e timido asinelio per cavalcatura. Guido Davico Bonino

Persone citate: Cini, Guido Davico Bonino, Luca Ronconi, Niccolò Barbieri, Tiberio Fiohllì

Luoghi citati: Austria, Francia, Inghilterra, Italia, Parigi, Spagna, Torino